Politica

Pd a Napoli contro l’Autonomia, Schlein: «L’Italia è una e indivisibile»

14
Luglio 2023
Di Giampiero Cinelli

Così in un messaggio sul web la segretaria del Pd: «Vi aspettiamo a Napoli per dire insieme no alla riforma dell’autonomia differenziata di Calderoli e del governo di Giorgia Meloni. No a una riforma che vuole spaccare ulteriormente il nostro Paese, che invece ha bisogno di essere ricucito, no a una riforma che vuole aumentare le disuguaglianze, perché si tratta dell’accesso alla sanità, alla scuola, al trasporto pubblico locale». Elly Schlein presenta la due giorni organizzata alla Fondazione Foqus, nel cuore dei quartieri spagnoli. «In una parola – continua Schlein – si tratta di diritti fondamentali. Noi non ci stiamo a una riforma che non mette un euro in più per sanare divari territoriali e che non ha una visione, un progetto per il rilancio del Sud. Il Pd è convinto che non ci sia riscatto per l’Italia senza il riscatto del Sud, delle donne e dei giovani che hanno più pagato i divari territoriali. A Napoli insieme a noi ci saranno costituzionalisti, esperti, scrittrici, lavoratori, rappresentanti dei sindacati e delle imprese. Vi aspettiamo perché l’Italia è una e indivisibile».

Domani i lavori riprenderanno alle 9:30 con gli interventi di esponenti del Partito democratico, sindaci e parlamentari, tra cui quelli dei capigruppo di Camera e Senato Chiara Braga e Francesco Boccia, e del presidente dell’Assemblea del Pd Stefano Bonaccini. Le conclusioni saranno affidate a Elly Schlein e saranno trasmesse in diretta streaming sui canali YouTube e Facebook del Pd.

I punti contestati, la grande questione dei Lep

Una ricca iniziativa che fa da corollario all’approccio che il Pd sta già seguendo nelle commissioni parlamentari, in cui il ddl Calderoli è all’esame. Il principale partito di opposizione non vorrebbe in realtà opporsi nettamente alla riforma, perché le autonomie sono previste in Costituzione, ma incanalare il progetto verso una logica «federativa e partecipativa» che, secondo i Dem, sarebbe più aderente ai valori costituzionali. Se così non fosse, come appare anche dalle dichiarazioni, il giudizio non potrà che essere di chiusura. Più di un emendamento al disegno di legge a firma Pd verte sull’articolo 4, quello concernente i livelli essenziali di prestazione (Lep). Chiaro infatti che, dal momento che importanti competenze venissero trasferite alle regioni, è fondamentale che vi siano i presupposti normativi, amministrativi ed economici affinché ciò sia fatto assicurando la stessa qualità dei servizi da erogare. Il Partito Democratico chiede che il trasferimento avvenga sempre con atto legislativo (legge o decreti), non soltanto amministrativo e solo dopo aver attuato i Lep.

Il Comitato e Cassese

Ma di inquadrare i Lep si sta occupando un apposito Comitato costituito da esperti e presieduto dal noto costituzionalista Sabino Cassese e non si è ancora arrivati a un paradigma certo. Proprio il Pd sta aspettando di audire Cassese in Commissione Affari Costituzionali del Senato, ma il giurista ha detto che per il momento preferisce non intervenire. I senatori, consci della delicatezza di questi passaggi preparatori, hanno sottolineato che prima di operare i trasferimenti venga disposta «un’adeguata istruttoria, per materia e funzione, al fine di accertare l’efficienza economica del trasferimento, la sostenibilità organizzativa della funzione e la corrispondenza delle funzioni trasferite alla dimensione dell’interesse coinvolto».

Le risorse da destinare

Con il discorso tecnico riguardante il livello dei servizi si lega appunto quello sui denari da impiegare. In merito si è posto l’accento su un’adeguata definizione del quantum anche in sede di accordo tra Stato e Regioni, stando attenti a non generare disparità e operazioni disomogenee, viste le esistenti differenze tra nord e sud, e quindi se necessario anche determinando risorse aggiuntive ai costi standard definiti dal Comitato per i Lep. In questo senso il Pd teme che seguire il criterio della “spesa storica” (cioè assegnare le risorse basandosi sui livelli di spesa medi che una data regione ha avuto nel corso di anni) sia deleterio per i territori meridionali.

La scuola rimanga allo Stato centrale

Inoltre, sarà proprio la compagine di Schlein a chiedere che non venga compresa tra le materie trasferibili dallo Stato alle regioni quella dell’istruzione.

In ultimo, i dem cercheranno di far passare un emendamento secondo cui i trasferimenti di funzione non determinino la creazione di nuove agenzie regionali, aziende o enti deputati all’esercizio delle funzioni stesse, qualora queste possano essere svolte dagli enti locali, evitando così un «nuovo centralismo regionale».