Sorrisi, baci sulle guance e quattro ore serrate di colloqui: ieri, martedì 3 giugno, Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron si sono ritrovati a Palazzo Chigi per voltare pagina. Non più schermaglie a distanza o diplomazie parallele, ma un’intesa ritrovata – almeno nei toni – che ambisce a costruire un’alleanza tra pari, capace di incidere sulle prossime scelte strategiche dell’Unione.
Dalla difesa comune al sostegno all’Ucraina, i due leader hanno ribadito un impegno condiviso per un’Europa «più sovrana e più forte». L’obiettivo è un salto di scala, sia negli investimenti che nella produzione, per rilanciare l’industria continentale della difesa e rendere l’Unione meno dipendente da attori esterni.
Forte la convergenza anche sui temi economici: semplificazione normativa, attrazione di capitali pubblici e privati, competitività dell’industria automobilistica e siderurgica. Spazio anche ai dossier più innovativi – come intelligenza artificiale, energie rinnovabili e spazio – nel segno della neutralità tecnologica.
Sul fronte migratorio, Italia e Francia si dicono pronte a rafforzare la collaborazione per una gestione più equa e condivisa a livello europeo. Quanto ai rapporti con gli Stati Uniti, entrambi auspicano un rilancio del patto transatlantico, ma su basi più bilanciate, con una voce europea meno subordinata.
Il prossimo vertice bilaterale si terrà in Francia all’inizio del 2026 e sarà l’occasione per aggiornare il programma comune del Trattato del Quirinale, entrato in vigore nel 2023. Intanto, tra diplomazia di facciata e convergenze reali, l’asse Meloni-Macron prende forma: più che un’alleanza, una scommessa a due velocità sulla leadership europea.
