Politica

La Repubblica Italiana. Prima, seconda, terza.

20
Gennaio 2021
Di Redazione

di Sergio Pizzolante

 

Abbiamo visto, in questi giorni, all’opera, alla Camera e al Senato, la terza repubblica. In Francia si è dato un numero identificativo alle repubbliche a seguito di formali cambi di sistemi istituzionali e/o di significative mutazioni delle regole elettorali.

In Italia la seconda repubblica nasce con Tangentopoli e la fine dei partiti. E nelle procure. E nelle piazze televisive. Poi il Parlamento, ratificò. Cambiando la Costituzione in un punto essenziale. L’immunità parlamentare. Che i padri costituenti avevano voluto per equilibrare la scelta di istituire il principio della totale autonomia ed indipendenza della Magistratura. All’autonomia della Magistratura doveva corrispondere la piena autonomia del Parlamento. Equilibrio di Montesquieu. La seconda repubblica nasce con la rottura di questo equilibrio. E con la fine dei partiti. E la criminalizzazione di un sistema politico. Da quel momento, il potere giudiziario è diventato sempre più forte, il potere legislativo sempre più debole. I partiti trasformati in liste personali o in confederazioni di correnti personali.

In questi giorni è andato in scena il Parlamento nipote di quegli eventi. E di quelle scelte. Di quella rottura.

Perché nipote? Perché la seconda repubblica è figlia della fine dei partiti e dell’equilibrio costituzionale. Poi nasce la terza, quella dei populismi, quella di Rousseau, che, attenzione, ha proliferato, nella storia, a destra e a sinistra. Populismi di destra e populismi di sinistra. Un capo e il suo popolo. Democrazia diretta. Senza Parlamento, senza partiti, senza corpi intermedi. Repubblica nipote.

Quel che si è visto in questi giorni in Parlamento non è avvenuto in Parlamento. È una illusione ottica. Il Parlamento, come istituzione, come Potere Pubblico, non c’è più. Quelle riunioni, con scambio di figurine, si potevano fare in un qualsiasi palazzo dei congressi. Per comodità si sono svolte li dove, una volta, c’era il Parlamento.

Abbiamo un capo, Conte, che ha il suo popolo, lo dicono i sondaggi. È il più amato dagli italiani. Lo dice anche D’Alema. Basta così.

Abbiamo gli eletti, capi che hanno un proprio popolo, lo dice Facebook, un like per favore.

Basta questo. E vado dove voglio. Con chi voglio. In nome del mio popolo. Un like prego.

Ecco. La seconda e la terza repubblica.

La prima? Quella dalla quale i signori della seconda e della terza tanto si vergognano?

Nella prima ci potevano essere le scissioni. Al massimo. Cose nobili, il più delle volte. Quella di Saragat dal Psi impedì la vittoria del Fronte Popolare. La Destra Nazionale dall’Msi.

Ci sono state anche dopo, nella seconda repubblica. Il sottoscritto è stato protagonista di una di queste. Giusta o sbagliata. Ma una scissione. Con un progetto politico.

Nella terza repubblica la scissione è da se stessi. Da ogni idea politica. Da ogni pensiero politico. Un like per favore.

Non è un j’accuse il mio. Davvero. Nessun moralismo. Nulla di personale. Solo una, seppur personale,  ricostruzione degli eventi.

Sbagliato cercare “colpe” personali. Dei singoli deputati.

Perché sono tutti figli, siamo tutti figli, di quegli eventi. È la storia di questi anni che ci ha portato qui. E nessuno è privo di responsabilità. L’informazione meno di tanti altri. Se siamo qui è anche per il come abbiamo raccontato gli eventi. La criminalizzazione dei padri non può far nascere buoni figli e nipoti.

Bisogna invertire questa rotta. Ricostruire la politica, i partiti, il pensiero politico, la democrazia rappresentativa, il Parlamento.

Sarà durissima. Ma questa è la direzione. E ci riguarda. Tutti.

 

 

Photo Credits: The Vision