Politica

La dura vita della legge di bilancio

31
Dicembre 2018
Di Redazione

 

Dopo le polemiche, i gilet azzurri, i testi lanciati in Aula ai rappresentanti del Governo, i voti di fiducia e le conferenze stampa, è finalmente terminata la maratona per l’approvazione della Legge di Bilancio, la prima del Governo giallo-verde. Sulla carta, anche quest’anno sembra che sia andato tutto come sempre: 3 letture (due per apportare modifiche e la terza per l’approvazione finale), maxiemendamenti, bagarre delle opposizioni. Eppure, qualcosa di diverso c’è stato. Basta soffermarsi sulla data di approvazione definitiva per comprendere il percorso tortuoso (il “tour de France” citando il Sottosegretario Giorgetti) che il provvedimento ha vissuto: 30 dicembre e non il consueto 23 o 24 dicembre per il via libera finale.

Ma, volendo procedere con ordine, è bene ricordare che tutte le tappe che hanno portato all’approvazione del testo hanno caratteristiche differenti rispetto al passato, a partire dal momento della discussione preliminare della manovra, a fine settembre 2018, quando si è consumato il primo momento di frizione tra i due Vicepremier e il Ministro dell’Economia sulla definizione del deficit per il 2019. Nel caldo autunno romano riescono ad avere la meglio i due leader di Governo che, con uno sforamento del deficit al 2,4%, mettono al sicuro – almeno mediaticamente – le rispettive promesse elettorali: reddito di cittadinanza e quota 100. A seguito di tale accordo, i rappresentanti pentastellati del Governo decidono di esultare pubblicamente sul balcone di Palazzo Chigi che, come ricordato dall’ex premier Renzi, non veniva aperto dal 1982. Da quella sera, però, è cambiato non poco sia del testo della manovra, sia dello sforamento del deficit, sia dei rapporti all’interno della maggioranza.

Infatti, nelle settimane che hanno preceduto il 22 dicembre, i contenuti della legge di bilancio sono stati prima modificati dalla Camera (primo voto di fiducia l’8 dicembre) e poi sono stati oggetto di trattiva con la Commissione europea, che di quel 2,4% non ne ha voluto proprio sentir parlare. Il Primo Ministro Conte e il Ministro dell’Economia, nei continui viaggi a Bruxelles, hanno provato a trovare un accordo, a distendere i toni (accesissimi a inizio dicembre) e a salvaguardare da un lato la credibilità del nostro Paese in Europa e, dall’altro, le misure caratterizzanti la manovra del popolo. Nel frattempo proseguiva l’esame parlamentare della manovra, che il 10 dicembre è arrivata in Senato ma in un momento di totale stallo visto che erano ancora in corso le trattative con Bruxelles. Da qui l’impossibilità della Commissione Bilancio di poter procedere con le votazioni dei circa 3.500 emendamenti presentati.

Pochi giorni più tardi, con una tensione politica sempre più alta, è arrivato il maxiemendamento del Governo che ha riscritto quasi completamente il testo approdato in Senato, prevedendo misure come il cd. “saldo e stralcio”, le nuove clausole di salvaguardia, reddito di cittadinanza, quota 100, una nuova versione della web tax, aumento del prelievo erariale per i giochi, una versione ridotta del “milleproroghe”. Il testo governativo, che poco prima della presentazione ufficiale ha subito varie modifiche formali, è passato prima per un velocissimo esame in Commissione Bilancio e poi è arrivato in Aula, dove il Governo ha posto la seconda questione di fiducia. Intanto, fuori dagli aeroporti di Roma e Milano, i tassisti protestavano per la cancellazione in extremis dal testo della manovra della norma che avrebbe regolato i loro concorrenti, gli autisti di Ncc. E così, dopo aver incassato la fiducia, un Consiglio dei Ministri notturno svoltosi in Senato, ha approvato un decreto legge ad hoc sul settore.

Trascorse le festività natalizie, la manovra è tornata alla Camera dove le opposizioni, nonostante la lettura finale, hanno proseguito con gli attacchi al Governo relativamente al metodo di approvazione della legge di bilancio. Tensione che è cresciuta a dismisura con le audizioni in Commissione Bilancio di Giuseppe Pisauro, Presidente dell’ufficio Parlamentare di Bilancio e del Ministro dell’Economia, Giovanni Tria.

 

Fabiana Nacci