Politica

Intervista a Roberta Pinotti: “Auspicabile legge pluriennale investimenti in Difesa”

04
Novembre 2020
Di Redazione

Il viaggio di The Watcher Post tra i Presidenti delle Commissioni parlamentari non si ferma. Roberta Pinotti è Presidentessa della Commissione Difesa del Senato. Oltre al Covid che ha rallentato lo svolgimento delle attività parlamentari, la Pinotti risponde su: implementazione della tecnologia di base, fondi da investire per il futuro del dipartimento della Difesa e delle Forze Armate, legge sugli investimenti pluriennali e questioni Medio Oriente e Nord Africa.

 

Madre e moglie con la passione per il running, Roberta Pinotti non ha mai smesso di correre neanche in politica: parlamentare di lungo corso, prima sottosegretario con il governo Letta e poi alla guida del Ministero della Difesa con i governi Renzi e Gentiloni, da poco eletta Presidente della Commissione Difesa del Senato. Presidente, come imposterà l'agenda della Commissione e quali saranno le priorità?

Il primo punto di riferimento del lavoro della commissione difesa deve essere lo stato del nostro sistema di difesa e sicurezza in rapporto alle minacce del contesto di oggi, che come vediamo sono molteplici e estremamente diversificate. Questo vuol dire, in primo luogo, operare, nell'ambito delle sue prerogative e in accordo con il Governo, per l'efficienza e l'operatività del nostro strumento militare. Credo sia evidente come le funzioni svolte dalle nostro Forze armate siano aumentate costantemente negli anni, per numero e complessità; ai tradizionali compiti svolti all'estero nei diversi teatri di crisi, al concorso alle attività della protezione civile, abbiamo via via aggiunto altri compiti, come le operazioni di concorso al controllo del territorio e ora anche il contrasto alla pandemia. La tutela delle nostre Forze armate equivale quindi a tutelare il nostro Paese. Questo deve portare ad alcune riflessioni: innanzitutto, questa capacità operativa non può essere data per scontata, ma richiede un'adeguata  programmazione e adeguate risorse, verificando anche, ad esempio, i processi in corso di revisione degli organici. Oltre a questa, che si può definire la mission primaria, il Parlamento deve poi riuscire ad avere una visione di sistema, lavorando anche per l'evoluzione del nostro strumento militare in termini di diritti; in questi giorni la commissione sta esaminando il disegno di legge che apre anche alle Forze armate, in seguito alle indicazioni della Corte costituzionale, l'esercizio della libertà sindacale; è un passo che oggi è dovuto nei confronti dei militari e che deve avere l'obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro e di vita del personale militare e raggiungere la massima armonia e cooperazione possibile a livello interforze.

 

Le risorse del Recovery and resilience facility non potranno essere impiegate direttamente per l'acquisizione di tecnologia militare, ma comunque serviranno allo sviluppo delle tecnologie di base. Quali dovranno essere le "partite tecnologiche" che l'Italia dovrà necessariamente giocare?

Le linee guida dell'Unione europea per l'impiego dei fondi Recovery prevedono dei vincoli di destinazione piuttosto serrati; è però effettivamente allo studio – e altamente auspicabile –  l'ipotesi di utilizzo del Recovery a favore del settore aerospazio/difesa, anche in base alla complementarietà con le iniziative già lanciate in UE in ambito Edf. Ritengo sia essenziale, in merito alla pianificazione Recovery e Edf, definire con una certa celerità un indirizzo di politica industriale adeguato per il presidio delle nostre tecnologie aerospaziali, di difesa e sicurezza. E' un tema che riveste una rilevanza assoluta: oggi stiamo definendo, insieme all'Unione europea, un piano di investimenti globale che non ha e non avrà eguali; è quindi un'opportunità che l'Italia non può permettersi di perdere, considerando che l'importanza strutturale e strategica del settore dell'alta tecnologia –  che già oggi rappresenta uno degli assets più importanti dei Paesi industriali avanzati –  crescerà ancora esponenzialmente. 

 

Prima che scoppiasse l'emergenza Covid, era presumibile pensare ad una tendenza al rialzo per gli investimenti della Difesa, considerando l'esigenza di rinnovamento degli armamenti dell'Esercito e per la necessità di portare a termine alcuni programmi, uno su tutti quello degli F35. Si tratta di investimenti che riguardano direttamente il futuro dell'industria della Difesa italiana che dovranno concentrarsi almeno per i prossimi anni sulla produzione militare, stante la crisi del settore civile. Altrimenti, il rischio sarà di una maggiore vulnerabilità di sistema del comparto industriale Aerospazio – Difesa – Sicurezza. Pensa che la prossima legge di bilancio confermerà le attese pre-Covid?

Tenendo conto dell'essenzialità delle funzioni svolte dalle nostre Forze armate, abbiamo il dovere di evitare che la difesa sia anch'essa una vittima della pandemia. Un deficit di capacità della nostra difesa è un vulnus che semplicemente non possiamo permetterci. Credo ci sia un rischio; che nella fase del dopo emergenza – che mi auguro inizi il più presto possibile – nella percezione dell'opinione pubblica, le spese per la difesa vengano giudicate non necessarie: e che questa percezione condizioni anche parte della politica. Sarebbe un errore gravissimo: oggi l'epidemia da Covid-19, domina – per motivi evidenti – nei media e nella sensibilità dei cittadini. Ma il decisore pubblico, deve essere grado di guardare oltre e tenere sempre ben presente funzioni, finalità e rilevanza complessiva del nostro sistema di difesa e sicurezza.

 

Il Covid sta complicando sensibilmente la normale attività parlamentare e rischia di bloccare anche alcuni programmi di ammodernamento militare già finanziati e in attesa di parere da parte della sua commissione. Parliamo di investimenti cruciali per il futuro delle nostre Forze Armate, che inoltre potrebbero aiutare il tessuto produttivo nazionale a superare questo momento di grave depressione economica. Qual è la sua opinione a riguardo?

Non c'è dubbio che la pandemia – e le conseguenziali misure di prevenzione come il distanziamento – abbiano reso ancora più complesse le pur necessarie procedure parlamentari. I lavori della commissione difesa però, ad oggi, non hanno accusato alcun rallentamento o ritardo e l'iter degli atti governo ricevuti e dei disegni di legge calendarizzati si sta svolgendo con assoluta tempestività. Per quanto riguarda la pianificazione dell'ammodernamento delle Forze armate, anche il Documento Programmatico Pluriennale 2020‐2022, appare in linea con le aspettative.

 

Tra i suoi lasciti di maggior rilievo da Ministro della Difesa sicuramente c'è stato il "Libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa". In quel documento, si sostenevano già con forza diverse scelte: la necessità di un approccio G2G alla fornitura di equipaggiamenti militari e la preferenza di sviluppare una legge sessennale per gli investimenti della Difesa. Sul G2G ci siamo quasi, ma manca ancora il regolamento attuativo, sulla legge per gli investimenti pluriennali la strada è ancora molto lunga. A che punto siamo?

Gli accordi G2G sono uno strumento fondamentale; un anno fa, nel decreto fiscale è stata introdotta una modifica dell'attuale normativa che agevola le nostre imprese e incrementa il ruolo di garanzia del governo: è una norma utile, ma che è necessario garantire nella sua piena attuazione; è senz'altro opportuna un'iniziativa in tal senso. Con riferimento alla seconda questione, non c'è dubbio che una legge pluriennale per gli investimenti della Difesa, consentirebbe di dare maggiore stabilità e certezza alla programmazione della difesa e quindi sia alle nostre Forze armate che alle realtà industriali coinvolte, mantenendo saldo il controllo del Parlamento; è una proposta sensata,  su cui mi adopererò; va anche tenuto conto dell'opportunità di creare un fondo dedicato ai progetti da implementare in sede Edf, e quindi potenzialmente oggetto di cooperazione comune, al fine di evitare che l'intermittenza degli stanziamenti comprometta priorità acquisite.

 

Nel suo recente passato ha anche presieduto l'Associazione Italia – Emirati Arabi Uniti, sicuramente un osservatorio privilegiato per comprendere le dinamiche in atto in Medio Oriente e in Nord Africa. Ritiene che gli accordi di Abramo siano davvero l'alba di un nuovo Medio Oriente come proclamato dal Presidente Trump? E soprattutto, che riflessi potranno esserci sugli interessi italiani, Libia in primis?

L'avvio, su iniziativa degli Stati Uniti, di un processo di normalizzazione dei rapporti tra Paesi Arabi e Israele è un fatto altamente positivo che rappresenta senza alcun dubbio un contributo alla pace e alla stabilità in Medio Oriente. Va però tenuto conto che si tratta più di singole intese che non di un vero accordo di pace, e che una soluzione più ampia richiederebbe un approccio maggiormente inclusivo a livello regionale; che non lasci insoluta la questione relativa allo stato palestinese. E' comunque un passo che concretamente cambia lo scenario del Medio oriente, anche in relazione a possibili ulteriori accordi e un dialogo con entrambe le parti.

 

Ha sostenuto la linea del segretario del PD Zingaretti sullalleanza di governo con il Movimento 5 Stelle sin dal principio, così come ha fortemente creduto nella candidatura giallo-rossa di Sansa in Liguria. Crede davvero possibile ad un’alleanza organica con i grillini?

Ritengo naturale, anzi auspicabile, che due forze che governano insieme a livello nazionale cerchino accordi a livello locale; ho dato conseguentemente la massima apertura all'avvio di un percorso comune che portasse all'individuazione di un candidato condiviso tra centro – sinistra e Movimento 5 Stelle anche per la Regione Liguria. Non credo si tratti di dare aggettivi all'alleanza – lascerei quindi da parte i termini di "strategica" o "organica" – ma non c'è dubbio che governando per anni insieme un Paese, un progetto sullo stesso devi cominciare a pensarlo in comune. D'altronde l'esperienza di questo Governo ci dimostra che sui singoli temi, con il confronto si possono creare nuove intese e sensibilità comuni: penso, ad esempio, come le posizioni del Movimento 5 stelle siano cambiate, dopo il varo del governo Conte II, nei confronti dell'Unione europea. Al momento la priorità assoluta è il contrasto alla pandemia e come avviare una ripresa socio-economica: ed è su questi temi che abbiamo il dovere e la responsabilità di trovare un accordo. Faccio presente, che in Germania Spd e Cdu governano insieme da oltre 15 anni e nessuno pensa ad una alleanza organica (e tanto meno nessuno propone Angela Merkel come leader per la Spd).

 

 

 

Paolo Bozzacchi

 

 

Photo Credits: Biografieonline