Politica

​Il giorno più lungo di Lega e M5s

19
Luglio 2019
Di Redazione

 

Gli alleati di governo sembrano essersi lasciati alle spalle il giorno più lungo dal giuramento dello scorso 1° giugno 2018. Soprattutto nell’ultima settimana la tensione nella maggioranza aveva raggiunto livelli di guardia preoccupanti, complice il susseguirsi di frizioni via via sempre più aspre che non facevano presagire alcunché di buono per il futuro della compagine guidata da Giuseppe Conte. L’avvitamento nei rapporti fra Lega e M5s è cominciato con l’esplosione del c.d. Russiagate e l’indagine sui presunti finanziamenti illeciti dal Cremlino al Carroccio tramite l’intermediazione del colosso energetico nazionale Eni. A determinare la prima crisi nei rapporti gialloverdi è stata la mancata difesa del leader leghista da parte dell’alleato pentastellato e del capo del Governo, mostratisi al contrario favorevoli ad avallare la richiesta del Partito Democratico per un’informativa immediata in Parlamento. La contromossa di Salvini è passata per il tavolo di confronto con sindacati e associazioni di categoria convocato lunedì al Viminale in vista della prossima legge di Bilancio. Se l’incontro ha avuto il merito di allontanare almeno in parte l’attenzione mediatica e politica generale dal presunto scandalo sui fondi russi, al tempo stesso ha aperto un nuovo fronte di scontro nella maggioranza e in particolare con il tenutario di Palazzo Chigi. Per il premier Conte l’iniziativa ha infatti costituito un’indebita invasione di campo, con buona pace delle rassicurazioni leghiste circa la sua natura di incontro di partito, volto a illustrare le proposte economiche di via Bellerio, o il riconoscimento della primazia del primo ministro.

La temperatura è salita ulteriormente già nella serata di martedì, con l’elezione della signora Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, complice il sostegno determinante della compagine grillina a Strasburgo. In questo modo, virando all’ultimo sull’ex ministro della Difesa di Berlino, i 5Stelle hanno reso plastica l’entità della spaccatura nel governo italiano, relegando la Lega fra gli avversari del nuovo presidente e rovinando il progetto salviniano di esprimere il commissario europeo dell’Italia in ragione del largo successo elettorale conseguito a fine maggio. A tale proposito, Palazzo Chigi aveva trattato l’incarico di vicepresidente e di commissario alla Concorrenza. La bufera che ne è seguita ha portato il governo letteralmente a un passo dalla crisi nella giornata di giovedì, fra accuse incrociate e attacchi violenti come nemmeno nei momenti più caldi della campagna elettorale per le europee. Tanto più dopo che fra gli addetti ai lavori è trapelato che ci sarebbe in corso un dialogo, invero molto sotterraneo, volto a determinare l’esistenza di numeri al Senato per allestire una maggioranza alternativa fra 5Stelle e Pd. A ricondurre i litiganti a più miti consigli è stato probabilmente il clima di profonda incertezza che si è diffuso non appena evocato lo scenario delle elezioni anticipate. Nessuno fra Lega e M5s intende assumersi la responsabilità di far cadere il governo. E se per Di Maio il pericolo è di doversi fare da parte per lasciare a Giuseppe Conte la conduzione della campagna elettorale grillina in autunno, nemmeno Salvini ha la certezza di indovinare le mosse del Colle: elezioni anticipate o Conte-bis?

 

Alberto De Sanctis

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