Politica

DL Sicurezza, scontro in Aula e fiducia al Senato: passa il decreto più contestato

04
Giugno 2025
Di Ilaria Donatio

Via libera definitivo del Senato al decreto Sicurezza. Con 109 voti favorevoli, 69 contrari e un astenuto, il provvedimento viene approvato anche a Palazzo Madama con voto di fiducia, come già accaduto alla Camera il 29 maggio scorso. Il testo, già in vigore dall’11 aprile, contiene misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio e ordinamento penitenziario. Ma l’approvazione non è stata un passaggio tecnico: l’Aula si è trasformata in un ring, con toni accesi, accuse durissime e momenti di tensione che hanno sfiorato lo scontro fisico.

Durante il dibattito, il relatore Alberto Balboni (FdI) ha difeso il provvedimento parlando di «istituti a custodia attenuata» per le madri detenute, suscitando la reazione furibonda delle opposizioni. Ma la miccia è esplosa quando ha ricordato le visite in carcere a terroristi e mafiosi da parte di parlamentari della minoranza, accostando retoricamente queste pratiche alla criminalità organizzata. Carlo Calenda ha perso la pazienza: «Se vuoi fare il fascista ci vediamo a Colle Oppio. A me non puoi accostarmi alla criminalità organizzata», ha gridato, venendo fisicamente trattenuto dai commessi, a pochi metri da Balboni.

Pd, M5S e Avs avevano già contestato il testo definendolo autoritario, e accusando la maggioranza di comprimere il dibattito parlamentare. Al centro delle critiche, oltre al merito delle norme, anche il metodo: il doppio voto di fiducia e l’assenza di esame sugli emendamenti. «Il governo vuole mettere in carcere i figli delle detenute, gli studenti che manifestano, i lavoratori che scioperano» ha dichiarato Francesco Boccia, capogruppo Pd. «È una vergogna, una destra da regime».

Il decreto introduce 14 nuovi reati e una serie di aggravanti. Particolarmente contestata è la stretta sulla cannabis light: viene vietata la produzione, la lavorazione e il commercio di infiorescenze anche a basso contenuto di THC, bloccando di fatto un’intera filiera, anche quando i prodotti sono venduti come articoli tecnici o da collezione.

Ampio spazio è riservato alla tutela delle forze dell’ordine. Il testo prevede l’inasprimento delle pene per reati di lesioni, resistenza e violenza a pubblico ufficiale, con una nuova aggravante se l’agente aggredito appartiene alla polizia giudiziaria o alla pubblica sicurezza. Altra aggravante significativa riguarda gli atti violenti messi in atto per ostacolare la realizzazione di opere pubbliche, con un riferimento esplicito alle proteste No Tav o al cantiere del ponte sullo Stretto.

Inoltre, il personale potrà essere dotato di bodycam e dispositivi di videosorveglianza indossabili, anche all’interno dei luoghi di custodia. È previsto un sostegno economico fino a 10.000 euro per coprire le spese legali degli agenti coinvolti in procedimenti penali connessi al servizio.

Il decreto segna un nuovo passaggio nella strategia dell’esecutivo Meloni sulla sicurezza, ma lascia dietro di sé un Parlamento diviso, un’opposizione furente e un clima che – almeno nei toni – ha superato da tempo i confini della normale dialettica politica.