Politica

Di Maio lancia Impegno Civico. Inizia il rebus delle alleanze

01
Agosto 2022
Di Giuliana Mastri

Un tondo in parte arancione e in parte azzurro, con un’ape raffigurata sopra. Che rappresenta l’operosità. Quella che Luigi Di Maio dice di sentire come il suo codice prevalente, chiedendo agli italiani fiducia mentre presenta il nuovo partito, Impegno Civico. La formazione è in fusione con quella di Bruno Tabacci, Centro Democratico, che conserva il simbolo in alto all’interno del nuovo logo. Per Di Maio è la rinascita dopo la fase preliminare di “Insieme per il Futuro”. Ma qualcuno scherza sui social dicendo che quell’ape impegnata è l’Ape Maia – riferendosi appunto a Di Maio – la quale salta di fiore in fiore. E infatti Carlo Calenda lo definisce il politico «più trasformista», chiedendo a Enrico Letta di non avere a che fare con l’attuale ministro degli Esteri uscente.

Come è evidente il panorama politico è in subbuglio, in vista delle elezioni, in un groviglio di sigle, dichiarazioni e sponde, a volte parallele a volte meno. E sì perché il centro, a cui tanto si guarda in queste fasi di sviluppo, fatica a essere leggibile, ora che Beppe Sala ha detto che non sarà più nell’alleanza con Di Maio ma darà un appoggio esterno, senza negare però il dialogo col centrosinistra. Un centro che già deve ricentrarsi dopo che, oltre a Sala, anche Federico Pizzarotti si è sfilato facendo capire che cerca la quadra con Letta, ma ha fatto adottare il simbolo da Italia Viva di Matteo Renzi (per non raccogliere le firme) dando vita a un nome che sembra più una tautologia, o un esercizio di autocoscienza: “Italia Viva-Italia c’è”. Rispetto a Renzi, Enrico (Letta) è tornato sereno, perché corteggiato un po’ da tutti e ora anche da Davide Crippa e Federico D’Incà, i fuoriusciti dei Cinque Stelle dopo la caduta di Draghi, rispettivamente ex capogruppo alla Camera del Movimento ed ex ministro per i rapporti con il parlamento. I due hanno fondato un’associazione, “Ambiente 2050”, e dovrebbero essere inseriti nelle liste del Pd. Con cui, riferiscono, ultimamente c’è stato molto confronto sui temi.

Matteo Renzi, Pizzarotti o meno, non ha dubbi. Si può correre anche da soli e se qualcuno viene con noi tanto meglio. Un po’ lo pensa anche Carlo Calenda di Azione/+Europa, il quale non vuole le accozzaglie e preferirebbe un’interlocuzione privilegiata con il Pd, avendo chiesto il parere specifico non solo sul rigassificatore di Piombino, da fare secondo lui anche a costo di militarizzare il porto, ma anche sul termovalorizzatore di Roma, su cui è favorevole e che rappresenta (assieme a Piombino) l’agenda Draghi, da conservare secondo l’ex manager come il sacro Graal. Meno entusiasta su entrambi gli ultimi punti Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, lui che tra l’altro ha votato la sfiducia a Draghi. Infatti Calenda avverte Letta: non candidarlo negli uninominali. Inadatti a figure divisive. Ecco perché lui ha annunciato che non candiderà negli uninominali Gelmini e Carfagna. Insomma bisogna essere più oculati dove è necessario stare uniti su un unico simbolo. Basta che poi – punzecchia il nipote di Comencini – si trovino dei punti di programma comune. Se la risposta di Letta non arriverà, o se non si troverà una mediazione, rimarca Calenda – rivolgendosi al segretario Pd – «la responsabilità sarà unicamente tua. Noi comunque andremo e combatteremo per fermare l’avanzata della Meloni». Ma non è escluso neanche che il leader di Azione trovi la giusta compagnia in Matteo Renzi, che conosce bene. Meglio in pochi che male accompagnati, perché altrimenti «ci facciamo ridere dietro», dice chiaramente l’ex ministro dello Sviluppo Economico

La sostanza è che quasi tutti preferirebbero quasi candidarsi da soli pur di presentarsi in alleanze poco credibili, in un momento storico in cui i cittadini hanno il fiuto molto più sviluppato per le frittate. O comunque per frittate riuscite male. Tanto poi con il Rosatellum le alleanze si devono fare per forza e si troveranno dopo il voto. Com’è già successo. Il Rosatellum, più in generale il resuscitato sistema proporzionale, ha tuttavia favorito la creazione di tre governi diversi in una sola legislatura. Questo sembrano non augurarselo né i politici né gli elettori. Ma cosa può fugare tutti i dubbi su future incomprensioni? Forse solo l’agenda Draghi. E c’è chi fa a gara a chi è più draghiano. Di Maio vuole vincerla. E per questo è piaciuto a Tabacci.