Politica
Roma torna al centro della scena globale. Il mondo guarda al Mediterraneo
Di Antonio Zennaro
Oggi pomeriggio inizierà il Conclave: un evento spirituale che però, in un tempo di forte ridefinizione geopolitica, ha anche un rilievo strategico. Mentre i cardinali si riuniscono nella Cappella Sistina per scegliere il nuovo Pontefice, l’attenzione internazionale torna a concentrarsi su Roma, crocevia millenario di fede, diplomazia e potere.
Una nuova competizione globale e il ritorno del Mediterraneo
Viviamo una fase segnata dalla crescente tensione tra grandi potenze: da un lato Stati Uniti e alleati, dall’altro Cina e Russia, con il resto del mondo – soprattutto il Sud globale – sempre più protagonista. In questo contesto, l’area mediterranea, troppo spesso marginalizzata negli ultimi decenni, torna ad assumere un ruolo centrale. Per rotte commerciali, infrastrutture, energia, migrazioni e diplomazia, il bacino del Mediterraneo è oggi un punto di snodo fondamentale.
L’Italia: da frontiera a piattaforma strategica
L’Italia non è più solo un confine meridionale dell’Europa: è una cerniera fra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Questa consapevolezza si sta traducendo in scelte operative, come nella diversificazione degli approvvigionamenti, riducendo la dipendenza da Mosca. L’Italia importa gas dall’Algeria, sviluppa rigassificatori, e partecipa a progetti infrastrutturali come TAP e EastMed, candidandosi a essere un hub energetico per l’intero continente.
A questo punto i porti diventano ancora più strategici. Genova, Trieste, Gioia Tauro possono giocare un ruolo in un sistema globale che cerca alternative alle rotte instabili del Mar Rosso e del Canale di Suez. E poi il Piano Mattei in Africa, un piano con cui l’Italia ambisce a diventare partner privilegiato, non solo porta del Mediterraneo. Primo strumento gli investimenti diretti nel Continente.
Il Vaticano: una potenza silenziosa in un mondo frammentato
In questo quadro il Conclave in corso non è soltanto una scelta pastorale: ha anche implicazioni globali. La Santa Sede esercita una forma unica di influenza, priva di eserciti ma fondata su relazioni, valori e credibilità morale. Il prossimo Pontefice erediterà una rete planetaria di mediazione, assistenza umanitaria, cultura e istruzione. Il Vaticano ha mostrato negli anni capacità di interlocuzione con realtà tra loro opposte – da Cuba alla Cina, dall’Ucraina alla Siria – posizionandosi come facilitatore discreto ma efficace. Inoltre le riforme sulla trasparenza promosse da Papa Francesco hanno dato maggiore solidità all’apparato finanziario della Santa Sede, ora orientato anche verso investimenti sociali e sostenibili.
Non si tratta di nostalgia imperiale, ma di realismo strategico: il Mediterraneo non è periferia, ma centro. E Roma – se saprà interpretare la sua vocazione storica – potrà trarne vantaggio.
