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Il centrodestra si avvia a cambiare la Costituzione?

31
Agosto 2022
Di Giampiero Cinelli

Il centrodestra vola nei sondaggi e com’è normale aspettarsi in un contesto di forte polarizzazione, che può essere confermato di fatto dai numeri elettorali, il Paese si sta dividendo in entusiasti e apocalittici. Chi è in fermento, lo è non solo per le classiche proposte liberali dello schieramento destrorso, ma anche per la prospettiva riformatrice delle istituzioni. Chi invece è preoccupato, lo è appunto perché vede nelle riforme dell’assetto repubblicano un pericolo. Molti infatti già sapranno che la coalizione guidata da Meloni, Salvini e Berlusconi sta parlando in questa campagna elettorale di riforme costituzionali. Oltre alle già condivise modifiche sul funzionamento degli enti territoriali, ossia l’autonomia delle regioni e il federalismo fiscale, adesso irrompe l’idea di introdurre il presidenzialismo o il semipresidenzialismo, con l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, che avrebbe maggiore influenza sull’indirizzo politico.

A dire il vero di questa potenziale riforma si sa molto poco. Gli esponenti non l’hanno ancora sviscerata e sul documento dell’accordo di programma del centrodestra appare soltanto una riga al paragrafo 3 con riferimento all’elezione diretta del Capo dello Stato. Tuttavia temi come questi hanno sempre fomentato l’elettorato e la classe dirigente. Sviluppando l’area culturale dei fautori e dei detrattori. Lo stravolgimento del dettato costituzionale è infatti argomento annoso. Già dagli anni ’80 comincia a diffondersi trovando, tra i suoi primi sostenitori, niente meno che Bettino Craxi, il quale anch’egli era a favore del presidenzialismo e che lo propugna negli anni del suo governo, discutendo anche il contributo di Giovanni Spadolini, suo ministro. Nella seconda Repubblica invece è Berlusconi a trainare, ma nella memoria storica c’è innanzi tutto la Commissione Bicamerale per le riforme costituzionali del 1997, quando il premier era D’Alema. Ad ogni modo, colui che impresse davvero il cambio di passo rispetto all’adeguamento della Carta fu il governo Amato, che varò la prima grande riforma in ambito amministrativo, quella del Titolo V della Costituzione del 2001. Gli effetti e l’onda lunga di mutamenti che ciò ha generato ancora si dipanano oggi e in merito ci sono opinioni e analisi contrastanti con non poche critiche. Una cosa forse si può affermare: in epoca contemporanea, nel panorama politico, a difendere la natura originaria del dettato costituzionale è la sinistra, mentre a propagandare la sua “modernizzazione” è la destra. Da qui una facile obiezione, inerente al progetto naufragato di Matteo Renzi nel 2016, ma non va ignorato che molta opinione pubblica di sinistra era contraria, mentre probabilmente chi tra i votanti si collocava a destra,si espresse contrariamente più per colpire Renzi.

E arriviamo ai giorni nostri, con Silvio Berlusconi nuovamente deciso a cambiare la prassi. Sarà che è intenzionato a diventare Presidente della Repubblica? Facile dire che siano solo voci. Il gossip dovrebbe allora spiegare perché il leader di Forza Italia avesse puntato a farsi eleggere al Quirinale. Matteo Salvini è pronto ad appoggiare le riforme. Giovanni Toti, della lista di centro Noi Moderati, alleata al centrodestra, è d’accordo, avendo dichiarato recentemente di volere un “semipresidenzialismo alla francese”. Anche Giorgia Meloni in linea. Lei, che con il suo partito aveva già presentato una proposta di legge sull’elezione diretta del Presidente della Repubblica, con un requisito d’età minore. Quarant’anni anziché cinquanta. Inoltre, guiderebbe l’esecutivo stando in carica per cinque anni e non sette, potendo essere rieletto una volta sola. Molto ambizioso. Ce la farebbero? Posto che poi, una volta al governo questa idea rimanga in cima agli obiettivi, ci sarebbero i numeri? I numeri per influenzare il processo certamente sì, anche se senza la maggioranza qualificata dei due terzi del Parlamento è obbligatorio poi il referendum popolare. Ma secondo alcuni sondaggi il centrodestra potrebbe addirittura sbancare, ottenendo quella maggioranza qualificata che permetterebbe di riscrivere la Costituzione con unicamente i voti delle Camere. Staremo a vedere.

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