Politica

Autonomia differenziata: il governo approva il disegno di legge

02
Febbraio 2023
Di Simone Zivillica

Il Consiglio dei ministri appena terminato ha approvato all’unanimità il disegno di legge sull’autonomia differenziata, tra le rimostranze delle opposizioni e i festeggiamenti, più o meno caldi, dei partiti di maggioranza, soprattutto della Lega. Non è, infatti, un mistero che Fratelli d’Italia e Forza Italia abbiano voluto introdurre significativi cambiamenti sul testo presentato originariamente dal ministro per i Rapporti con le regioni Roberto Calderoli. Tra questi, ci sono le materie su cui, effettivamente, le singole regioni potranno chiedere piena autonomia, l’iter di approvazione ma anche la definizione dei Livelli essenziali di prestazione (Lep).

Rispetto al primo punto, le materie più interessate saranno, tra le altre, l’istruzione, sanità, la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, il commercio con l’estero, la gestione di porti e aeroporti, le reti di trasporti.

IL PUNTO DOLENTE: LA RICHIESTA DELLE REGIONI
La proattività delle regioni per la richiesta dell’autonomia differenziata è uno dei terreni di scontro politico. Gli oppositori alla riforma, infatti, contestano l’eventuale ostruzionismo che a livello nazionale potrebbe essere esercitato in caso di non corrispondenza tra il colore politico della giunta regionale e quello della maggioranza.

Proprio un presidente di regione come Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna) ha lanciato l’allarme, affermando che l’autonomia differenziata «è sbagliata: non se ne farà nulla, ma se vogliono andare avanti faremo mobilitazione con tanta gente nel paese». Gli risponde a distanza, dal Veneto, il governatore Zaia secondo cui l’approvazione del ddl «è una bellissima notizia, perché inizia finalmente un percorso verso l’autonomia e verso il federalismo, che è una scelta di modernità e di responsabilità».

ITER DI APPROVAZIONE
Per quanto riguarda l’iter di approvazione, però, passerà ancora molto tempo. Prima che una regione possa presentare domanda di autonomia su una materia individuata come fondamentale, infatti, il governo dovrà definire i Livelli essenziali di prestazione (Lep). Il governo Meloni ha già istituito una cabina di regia che entro fine 2023 deve individuarli sulla base delle ipotesi della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Una volta eseguito questo step, le Camere avranno 45 giorni per dare il loro parere, prima che il Dpcm possa essere adottato.

Oltre a questo, una volta presentata la domanda di autonomia, Mef e ministri competenti hanno 30 giorni per valutare la richiesta della regione, dopo cui si apre un negoziato che porterà a un’intesa preliminare da far approvare dal Cdm e da trasmettere alla Conferenza unificata. Anche questa ha quindi 30 giorni per il parere. Si passa poi alle Camere che hanno 60 giorni per l’esame nelle commissioni, e quindi al premier, o al ministro per gli Affari regionali che ne fa le veci, per predisporre l’intesa definitiva. A questo punto, la regione approva e in 30 giorni ci dev’essere la delibera in Cdm per arrivare al disegno di legge che sarà trasmesso alle Camere per la votazione a maggioranza assoluta. Secondo un calcolo del Sole24Ore, l’iter dei ddl del governo in media nell’ultima legislatura è durato 81 giorni al Senato e 69 alla Camera, cosicché l’intero procedimento non durerà meno di cinque mesi.

Proprio sui tempi si fonda una delle critiche arrivate all’alba dell’approvazione del ddl. Carlo Calenda, infatti, fa notare sul suo profilo Twitter che i tempi reali perché questo testo arrivi in Parlamento sono di almeno sei mesi. Secondo il leader di Azione e del Terzo Polo, “l’approvazione del Ddl Autonomia in Cdm è l’ennesima presa in giro elettorale di una politica che fa propaganda sull’assetto istituzionale dello Stato. Questa roba arriva in parlamento fra 6 mesi. Ma lo approvano di corsa e male la settimana prima delle elezioni regionali”.

LE PREOCCUPAZIONI DEL SUD

Le regioni del Sud, invece, hanno cominciato a presentare i loro dubbi e preoccupazioni sul testo appena approvato. In prima linea il governatore della Campania Vincenzo De Luca che, commentando il provvedimento sull’autonomia regionale differenziata, ha sottolineato come «l’ipotesi di autonomia proposta è inaccettabile, è una proposta propagandistica che spacca l’Italia. […] Vedremo quali assumerà il Consiglio dei ministri. I segnali che arrivano non sono rassicuranti. Valuteremo nel merito. Non consentiremo lo smantellamento della sanità pubblica e della scuola pubblica statale. Non consentiremo, in nessuna forma, la spaccatura dell’Italia» – ha concluso De Luca. Gli fa eco il governatore della Puglia Michele Emiliano intervenuto a SkyTg24: «ci indigna profondamente l’autonomia differenziata prima delle elezioni in Lombardia per evitare di far fare brutta figura alla Lega». Secondo Emiliano, insomma, l’accelerata del governo sull’attuazione dell’autonomia sarebbe solo un piacere politico – ed elettorale – agli alleati di governo della Lega.

IL PARERE DELL’ESPERTO

A intervenire, a livello giuridico, sul dibattito dell’opportunità della realizzazione dell’autonomia differenziata, è anche il giurista Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre. In un’intervista all’Huffington Post, ha chiarito la sua posizione sul merito meramente giuridico della questione. Sull’autonomia differenziata, infatti, ha detto che «può essere un’opportunità, ma la sua realizzazione è molto complicata perché presuppone unitarietà di prestazione e di diritti, e non è un caso che in vent’anni non si sia mai raggiunta». Il dubbio più sostanziale del professore sono, però, proprio i Lep: «con che atto si indentificano i Lep, un dpcm o un atto legislativo? [la volontà della Meloni sembrerebbe quella di procedere con la prima formula, che farebbe sorgere ulteriori recriminazioni di legittimità operativa sui metodi di attuazione di questa riforma, ndr]. Qual è il criterio minimo per ognuno di loro? Faccio un esempio: quanti asili nido ci devono essere, con che tipo di accessibilità, con quali finanziamenti? Si prenda ognuno di questi temi e poi bisogna rispondere: quanto costano? E chi mette i soldi? E come non creare difformità e sperequazioni sul territorio nazionale? È un lavoro molto complicato».

Infine, un altro grande ostacolo individuato dal professor Celotto risiede negli ulteriori, non pochi, passi che il progetto dell’autonomia differenziata deve ancora compiere. Nel merito, ha spiegato che per la sua attuazione «serve unitarietà dei diritti e delle prestazioni, e su questo è sempre mancata la cornice. Boccia e Gelmini hanno provato a fare una legge che definisse un metodo, e con Calderoli stiamo parlando della stessa cosa, definire un percorso. Non è che da domani avremo l’autonomia» – ha riferito sempre all’Huffington Post.

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