Politica

Analisi a freddo delle elezioni amministrative

30
Giugno 2017
Di Redazione

La sconfitta del Partito Democratico alle elezioni amministrative dello scorso fine settimana ha riacceso lo scontro attorno alla leadership di Matteo Renzi, un fatto che dovrebbe far riflettere tenuto conto del breve lasso di tempo intercorso dalle ultime primarie Pd (30 aprile).

Significative in questo senso le dichiarazioni con cui i big di partito hanno preso le distanze dal segretario Dem e soprattutto dalle sue scelte strategiche in occasione del voto locale, i cui esiti hanno gettato più di un’ombra sul possibile risultato delle politiche del prossimo anno. Al cuore del dibattito c’è infatti il modo con cui il Pd si presenterà all’appuntamento elettorale del 2018: correrà da solo oppure nell’ambito di coalizioni o convergenze? Il timore, fuori e dentro il partito, è che dietro al rifiuto di Renzi di costituire un fronte unico delle forze di centrosinistra si celi l’ipotesi di un governo di coalizione con Silvio Berlusconi, frutto di un opportuno accordo parlamentare da raggiungere dopo le elezioni votate con il proporzionale.

Emblematica è la rottura consumatasi nelle ore post-voto fra Renzi e Romano Prodi: se quest’ultimo si era proposto come mediatore fra il Pd e le altre forze di sinistra, a cominciare da quelle capitanate da Giuliano Pisapia, per l’ex sindaco di Firenze sarebbe stata proprio la prospettiva di una nuova coalizione con annesse critiche alla sua leadership politica ad allontanare gli elettori e consegnare la vittoria alle forze di centrodestra. Il rifiuto di inseguire alleanze dopo il fiasco di domenica allarma per le modalità con cui è arrivata la sconfitta, giacché ai ballottaggi il centrosinistra è stato quasi ovunque battuto dalla convergenza dei voti di grillini e centrodestra.

Se Atene piange, Sparta non ride. Il riferimento in questo caso è alla competizione interna allo schieramento di centrodestra per decidere il candidato da opporre a M5s e Pd alle elezioni del prossimo anno. A patto però che Berlusconi e Salvini riescano a trovare un modello di coabitazione che permetta loro di replicare su scala nazionale il “modello Toti” alla base del successo in una roccaforte rossa come Genova.

Molto dipenderà dalla legge elettorale delle prossime elezioni, se è vero che l’attuale modello proporzionale garantisce un margine di manovra molto più ampio a un partito come Forza Italia che, conscio di non poter più puntare ai numeri del passato, non per questo rinuncerà a dire la sua nel momento in cui si tratterà di mettere in piedi una coalizione di maggioranza dopo il voto.

La tornata elettorale di domenica potrebbe non essere stata poi così dolorosa per il M5s. Il partito di Grillo ha infatti (quasi) sempre vinto nei pochi ballottaggi in cui era impegnato, anche se con i voti provenienti da destra. Inoltre, sulla magra prestazione elettorale potrebbe aver inciso – più di una flessione di consensi – il fatto che per quasi il 65% degli elettori il voto sia dipeso dalla scelta del candidato sindaco (il Movimento sconta un minor radicamento territoriale) piuttosto che dall’appartenenza di partito.

 

Alberto de Sanctis