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La storia bussa alla porta, ma politica e media italiani, con rare eccezioni, guardano altrove
Di Daniele Capezzone
Fa una certa impressione il gran silenzio della politica italiana, o il solito canestro di parole vaghe e ambigue, sull’eliminazione della belva sanguinaria Nasrallah, insieme ai suoi accoliti della cupola di Hezbollah. Molto imbarazzo, qualche nota dai contenuti già sentiti mille volte, e poi stop.
E da un certo punto di vista, quel silenzio e quei balbettii sono quasi migliori rispetto alla prova offerta dalla gran parte dei media: un racconto trasfigurato della parabola di quel fanatico criminale. Con un’equiparazione costante “tra i contendenti”, come se uno stato democratico, Israele, potesse essere messo sullo stesso piano di gruppi terroristi che hanno seminato sempre e solo sangue, dolore, miseria, a danno dei loro stessi popoli, non solo dei propri nemici.
Pesa l’ostilità ideologica di troppi, alle nostre latitudini, contro Gerusalemme. Ma pesa anche un’attitudine alla discussione condominiale, alla piccola lite da ballatoio, alla polemicuccia interna. La grande storia bussa, e però da queste parti si resta incapaci di cogliere il senso profondo delle cose, il legame tra i princìpi e la nostra vita quotidiana, il rapporto che c’è – nemmeno a lungo termine – tra gli eventi della politica estera e le inevitabili ricadute anche sul piano interno.
È come se qualcuno – qui da noi – si sentisse sempre dentro una ricreazione fuori dal tempo e dallo spazio, in una “pausa” dilatabile a piacere, in una dimensione “safe” non intaccabile dai mali del mondo e dalle sfide del nostro tempo.
Non è così, come i più saggi sanno fin troppo bene. Ci pensino a sinistra, dove a guidare – su questo terreno – sono gli amici delle tendenze peggiori. E ci pensino anche a destra, dove l’orientamento del governo è in genere ottimo (non solo buono), ma le parole sono a volte meno chiare, meno nitide, forse per timori sul piano del consenso, o forse per altre ragioni che talora sfuggono. Ma la scelta di campo occidentale è oggi non solo necessaria: di più, essa è qualificante, distintiva, imprescindibile. E allora, oltre a fare la cosa giusta, vale anche la pena di dirla e scandirla ad alta voce. I princìpi – nella politica come nella vita – sono il bene più prezioso: chi li ha non abbia paura di difenderli.