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Il significato del vertice di Mar-a-Lago

28
Dicembre 2025
Di Alessandro Caruso

Il vertice tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky si svolge a Mar-a-Lago e non è un dettaglio logistico secondario, perché colloca l’incontro fuori dai rituali istituzionali di Washington e dentro lo spazio politico e simbolico del trumpismo. La scelta arriva al termine di giorni segnati da un’accelerazione diplomatica che ha riportato l’Ucraina al centro del dibattito internazionale, dopo mesi in cui il dossier era rimasto sospeso tra stallo militare e incertezze politiche americane. Il ritorno di Trump alla guida degli Stati Uniti ha riaperto una partita che molti consideravano congelata: l’idea di imprimere una svolta rapida al conflitto, riducendone i costi per Washington e spingendo verso una soluzione negoziale, è tornata a circolare con forza, alimentata da dichiarazioni, contatti riservati e messaggi ambigui lanciati negli ultimi giorni sia alla Russia sia agli alleati europei. In questo contesto, Zelensky arriva a Mar-a-Lago con l’obiettivo di evitare che il cambio di approccio americano si traduca in una pressione unilaterale su Kiev, cercando invece di mantenere il conflitto dentro una cornice multilaterale e di sicurezza condivisa.

Alla vigilia del vertice, l’amministrazione americana ha lasciato filtrare l’intenzione di rivedere strumenti e modalità del sostegno all’Ucraina, spostando l’enfasi dalla quantità degli aiuti militari alla loro efficacia politica. Un segnale che ha avuto immediate ricadute sulle capitali europee, impegnate a rafforzare le proprie linee di credito e i meccanismi di supporto industriale per compensare un possibile riequilibrio del ruolo statunitense. Kiev, parallelamente, ha intensificato il dialogo con Bruxelles e con i principali partner europei, consapevole che l’incontro di Mar-a-Lago non sarà solo un passaggio bilaterale ma un momento di chiarimento sulla postura futura degli Stati Uniti. Sul piano interno ucraino, Zelensky ha ribadito che qualsiasi ipotesi negoziale dovrà escludere il riconoscimento delle occupazioni territoriali russe, una posizione che risponde tanto alla pressione dell’opinione pubblica quanto alla necessità di presentarsi al tavolo con Trump senza ambiguità.

Il vertice si inserisce in una fase in cui la dimensione economica della guerra pesa quanto quella militare. I costi del conflitto e le stime sulla ricostruzione continuano a crescere, mentre l’incertezza geopolitica alimenta volatilità sui mercati energetici e industriali. Negli ultimi giorni Kiev ha rilanciato con forza il tema della ricostruzione come opportunità di investimento, puntando su garanzie internazionali e partenariati pubblico-privati per attrarre capitali occidentali. Trump guarda allo stesso dossier con una logica marcatamente transazionale: riduzione dell’esposizione diretta americana, maggiore coinvolgimento europeo e ritorni economici tangibili per l’industria statunitense. Mar-a-Lago diventa così il luogo in cui sicurezza e affari rischiano di intrecciarsi in modo esplicito, spostando l’asse del confronto dal solo sostegno militare alla sostenibilità economica di lungo periodo.

L’incontro tra Trump e Zelensky, proprio perché avviene a Mar-a-Lago, parla a più pubblici contemporaneamente: a Mosca, che osserva con attenzione ogni segnale di possibile frattura occidentale; all’Europa, chiamata a ridefinire il proprio ruolo strategico; e ai mercati, che leggono nel vertice indicazioni sulla durata e sull’intensità del conflitto. Difficilmente ne uscirà una svolta immediata, ma è realistico attendersi una ridefinizione dei toni e delle priorità. Se prevarrà la spinta verso una rapida de-escalation o una strategia di pressione negoziale più strutturata dipenderà dall’equilibrio che emergerà tra interessi nazionali, credibilità internazionale e sostenibilità economica di una guerra che continua a ridisegnare gli assetti globali.