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Guerre: Israele-Hamas e Ucraina, incrinature e stanchezze nel campo occidentale

13
Dicembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite chiede a larghissima maggioranza un cessate-il-fuoco nella guerra tra Israele e Hamas. Ma il voto non è vincolante, dopo che gli Stati Uniti hanno messo il veto a un’analoga risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu – quella sì vincolante, se approvata -.

Martedì sera, l’Assemblea generale ha manifestato il suo desiderio che la guerra finisca, o almeno s’arresti, con 153 voti a favore, 10 contrari e 23 astenuti. I Paesi dell’Assemblea sono 193. A votare no, con Israele e gli Stati Uniti, solo Austria, Rep. Ceca, Paraguay, Guatemala, Liberia, Micronesia, Nauru e Papua: segno palese del crescente isolamento di Gerusalemme e Washington. L’Europa s’è disintegrata: due no, qualche astenuto, fra cui Italia e Germania, molti sì. Il documento esprime “grave preoccupazione” per “la catastrofica situazione umanitaria a Gaza”.

Ma l’appoggio degli Usa all’Onu non basta a Israele. In sortite pubbliche, il presidente Joe Biden e il premier Benjamin Netanyahu fanno emergere divergenze sulla guerra nella Striscia e, soprattutto, sul futuro di Gaza. Netanyahu non prende in considerazione la soluzione dei due Stati ed esclude che, esaurito il conflitto, l’Autorità nazionale palestinese, che ora governa la CisGiordania, gestisca la Striscia – soluzione non gradita neppure ai palestinesi -. “Gaza – dice il premier israeliano – non sarà un Hamastan e nemmeno un Fatahstan. Non permetterò che Israele ripeta l’errore di Oslo, non consentirò che resti a Gaza chi educa al terrore, chi lo sostiene, chi lo finanzia”.

Biden lo ammonisce: “Con i bombardamenti indiscriminati, stai perdendo il sostegno dell’opinione pubblica internazionale”, che è sotto shock per le immagini e i numeri della guerra; e rinnova l’invito a non ripetere gli errori fatti dagli Stati Uniti e dai loro alleati dopo l’11 Settembre 2001.

Ma, nello stesso tempo, e come i voti all’Onu dimostrano, Biden conferma “l’incrollabile sostegno” degli Usa a Israele, parlando a una celebrazione di Hanukkah alla Casa Bianca, presenti 800 invitati fra cui superstiti dell’Olocausto e leader ed esponenti della comunità ebraica degli Stati Uniti.

Per guadagnare tempo, Israele afferma che Hamas è a “un punto di rottura”. Ma, più che Hamas, sono i palestinesi sull’orlo di una crisi umanitaria. “La situazione è oltre l’immaginabile”, dice l’Organizzazione mondiale della Sanità.

Guerre: Israele e Ucraina, l’Occidente vacilla
In Occidente, incrinature nel sostegno a Israele s’accompagnano a stanchezze in quello all’Ucraina. La guerra tra Israele e Hamas sottrae attenzione ed energie, in termini di aiuti militari e umanitari e di lavorio diplomatico, per altro inefficace, all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Prova ne è il fatto che il monito a Netanyahu ‘fa titolo’ nella conferenza stampa congiunta fatta da Biden con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in visita negli Usa come esattamente un anno fa, prima di Natale.

È la terza volta di Zelensky a Washington dall’inizio dell’invasione – ci venne anche a settembre, dopo avere parlato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite -. Ma il clima dei colloqui è diverso. Zelensky fa la questua di armi e di aiuti per il suo Paese, proprio mentre l’esercito ucraino fa sapere che le truppe russe attaccano su tutto il fronte e che quelle di Kiev devono “fare quanto necessario per salvare vite e risparmiare munizioni”. Parole che esprimono una situazione al fronte difficile e una carenza di mezzi.

Del resto, le fonti ucraine riconoscono il fallimento della controffensiva, che mirava a riconquistare ampie aree del territorio occupato dalla Russia e a raggiungere il Mar d’Azov – obiettivi non raggiunti -. Per il New York Times, Washington e Kiev “cercano una nuova strategia da attuare all’inizio del 2024 per risollevare le sorti della guerra e il sostegno in calo”.

Oltre a Biden, Zelensky incontra i leader del Congresso: lì ci sono riluttanze ad aiutare ancora l’Ucraina. A Zelensky, leader repubblicani ‘trumpiani’ dicono che la sicurezza degli Usa non dipende dall’Ucraina, ma si gioca ai confini con il Messico, sul fronte dei migranti. E c’è chi dà esplicitamente per perduti i territori occupati dalla Russia. Ma il presidente dice di avere ricevuto “segnali positivi”.

I negoziati sugli aiuti tra Congresso e Casa Bianca sono in stallo, così come la linea al fronte, dove le notizie dei bombardamenti notturni russi sulle città ucraine sono ormai diventate routine. Mentre Zelensky perora la causa a Washington, il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, parlando a Politico, chiede agli europei di non star ad aspettare le decisioni americane: “Il prossimo Paese che la Russia attaccherà sarà un Paese europeo”.

Ma c’è poco da attendersi dal Vertice europeo del 14 e 15 dicembre: Ungheria, Austria e Slovacchia sono contro un’adesione dell’Ucraina all’Ue a tappe serrate: i ministri degli Esteri dei 27 lasciano ai capi di Stato e/o di governo la definizione di una posizione comune. Le sanzioni alla Russia fanno acqua: Usa e Ue denunciano le forniture cinesi, ma le componenti più delicate dell’arsenale russo sono prodotte da aziende occidentali.

Guerre: Israele – Hamas, a Gaza si percepisce la morte come imminente, l’Onu lancia allarmi
Nella Striscia di Gaza, dove oltre due milioni di persone sono intrappolate, la morte – riferiscono fonti delle organizzazioni umanitarie – è percepita come imminente dalla popolazione civile. Dopo una tregua durata una settimana a fine novembre, i combattimenti sono ripresi e i bombardamenti sono incessanti. Cibo e acqua scarseggiano, E non c’è nessun posto dove sentirsi sicuri: “I civili vivono l’inferno in terra”, dice una fonte dell’Onu.

Mentre l’esercito israeliano allarga il raggio d’azione nella Striscia, la situazione umanitaria continua a deteriorarsi. Il World Food Program, un’agenzia dell’Onu con sede a Roma, calcola che il 97% dei nuclei familiari a Nord e l’83% a Sud non abbiano cibo a sufficienza.

E l’agenzia dell’Onu per i rifugiati sostiene che Israele vuole espellere da Gaza tutti i palestinesi: nella Striscia, che prima del conflitto aveva oltre due milioni di abitanti, ci sono ora 1,8 milioni di sfollati. Le vittime civili, secondo le fonti palestinesi, sono circa 18.500, i feriti oltre 46 mila. L’esercito israeliano dichiara 112 caduti e 1.600 feriti.

Israele nega di avere piani del genere, ma risponde alle crescenti pressioni per un cessate-il-fuoco intensificando i combattimenti. Ogni giorno, sono centinaia gli obiettivi di Hamas colpiti: dopo avere ordinato l’evacuazione del Nord della Striscia, adesso l’esercito israeliano chiede ai residenti della principale città del Sud, Khan Younis, di andarsene. Non è però chiaro quanto i palestinesi siano al corrente degli inviti loro fatti, perché le comunicazioni sono difficili nella Striscia.

La decisione di Washington di porre il veto sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza ha attirato molte critiche internazionali sugli Stati Uniti. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres non cessa di chiedere un cessate-il-fuoco, ma teme che l’ordine pubblico nella Striscia collassi a breve.

Il veto è stato giustificato dal vice-rappresentante degli Usa all’Onu Robert A. Wood con il fatto che la mozione era “frettolosa” e avrebbe lasciato Hamas “sul territorio, capace di riorganizzarsi e di ripetere quel che ha fatto il 7 ottobre”, quando migliaia di miliziani di Hamas e di altre sigle terroristiche si sono introdotti in territorio israeliano, hanno ucciso oltre 1200 israeliani e preso centinaia di ostaggi – 137 restano nelle loro mani, ma si teme che alcuni siano morti sotto le bombe e nei combattimenti -.

L’atteggiamento dell’Onu irrita Israele, ma, nel contempo, il presidente turco Racep Tayyip Erdogan definisce il Consiglio di Sicurezza “il Consiglio di Protezione” israeliano.

Guerre: Israele – Hamas, la situazione nella Striscia, in CisGiordania, altrove
Mentre Dipartimento di Stato e Pentagono cercano escamotage per rifornire d’armi Israele, ci sono polemiche per l’uso, da parte di Israele, nel Sud del Libano, di munizioni al fosforo bianco fornite dagli Stati Uniti: difensori dei diritti umani chiedono un’indagine, denunciano un crimine di guerra. Le convenzioni internazionali prevedono usi legittimi delle munizioni al fosforo bianco, ma fissano limiti. Le munizioni fanno parte degli aiuti militari che ogni anno gli Usa forniscono a Israele: valgono miliardi di dollari.

Il Governo Netanyahu accusa i fondamentalisti di usare zone umanitarie, come scuole e ospedali, per lanciare razzi verso Israele: ordigni sarebbero stati sparati da dove si ammassano gli sfollati, nell’area di Muwasi, vicino Rafah. E l’esercito israeliano mostra immagini di armi e ordigni nascosti dentro pupazzi e tra giochi per bambini

L’ambasciatore Francesco Bascone constata: “Mentre Usa e Ue stanno a guardare, le prospettive d’una pace tra Israele e Palestina diventano sempre più complicate…”. Gli Stati Uniti assecondano il rifiuto israeliano di una tregua, limitandosi ad auspicare pause umanitarie. Gli europei – giova ripeterlo senza mezzi termini – non hanno voce in capitolo. Israele lascia loro al massimo il compito di sostenere l’onere finanziario degli aiuti umanitari e della ricostruzione (riservandosi di tornare a demolire o bombardare, se del caso, quelle case e scuole ricostruite)”.

Restano aperti anche gli altri fronti: il confine col Libano, la Cisgiordania, le incursioni sulla Siria per distruggere i depositi di armi di Hezbollah, la milizia filo-iraniana. E c’è fermento anche lato politica interna: a due mesi dall’inizio della guerra, sette israeliani su dieci ritengono che il premier dovrebbe rassegnare le dimissioni, secondo un sondaggio di Canale 13; il 31% vuole che se ne vada subito; il 41% a fine conflitto. Netanyahu, però, ha ancora l’appoggio dei sostenitori del suo partito, il Likud: il 70% vuole che resti in carica.

Altrove nel Golfo, una nave cisterna con bandiera norvegese, la Strinda, è stata colpita, al largo dello Yemen, nel Mar Rosso, da un missile forse sparato dagli Huthi, uno gruppo sciita appoggiato da Teheran, che non ha però rivendicato l’azione. E in Iraq il contingente militare americano ancora di stanza nel Paese subisce attacchi da milizie filo-iraniane.

Guerre: Ucraina, Putin non vince il conflitto, ma si attrezza per vincere le elezioni
Riducendo l’attenzione dell’Occidente per l’Ucraina, la guerra tra Israele e Hamas ha rivitalizzato l’attività internazionale del presidente russo Vladimir Putin, che viaggia nella penisola araba, vede esponenti iraniani e prende di petto, in una telefonata, il premier Netanyahu, che gli contesta l’appoggio alla causa palestinese.

Nei giorni scorsi, Putin ha ufficializzato la sua candidatura alle prossime elezioni presidenziali russe, fissate al 17 marzo. Pochi dubbi che le vincerà. E Biden, parlando accanto a Zelensky, avverte che le esitazioni dell’Occidente nel fornire aiuti all’Ucraina rafforzano il leader russo e incoraggiano altri potenziali aggressori.

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