Lavoro

L’economia civile entra negli istituti penitenziari per limitare la recidiva e abbattere i costi dello Stato

27
Giugno 2025
Di Tamara Esposto

(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)

Trasformare il carcere da luogo di segregazione a spazio di rinascita. Questo l’obiettivo di “Recidiva Zero”, il progetto promosso dal CNEL con il Ministero della Giustizia e il Ministero del Lavoro per abbattere il tasso di recidiva, oggi al 70%, attraverso scuola, formazione e lavoro. Martedì scorso, durante la seconda giornata nazionale dedicata al progetto, il CNEL ha siglato un protocollo d’intesa con sedici organizzazioni datoriali per rendere il reinserimento lavorativo dei detenuti una politica strutturale, capillare nei 189 istituti penitenziari italiani.

La pena deve rieducare, recita l’articolo 27 della Costituzione. I dati lo dimostrano: la recidiva precipita al 2% per chi accede a percorsi di formazione e lavoro durante o dopo la detenzione. Eppure, su 60 mila detenuti, solo un terzo è coinvolto in attività lavorative, spesso poco qualificate e senza prospettive solide. Con un costo annuo del sistema carcerario di oltre 3 miliardi di euro, “Recidiva Zero” propone un cambio di paradigma: non solo giustizia, ma un investimento economico per ridurre i costi sociali della criminalità.

A raccogliere con forza la sfida c’è anche Assocontact, l’associazione che rappresenta le principali aziende italiane di Business Process Outsourcing (BPO). «Il progetto Recidiva Zero è concreto e visionario allo stesso tempo, capace di generare un impatto sociale reale e duraturo – ha detto il presidente Lelio Borgherese a margine dell’evento al CNEL, in cui, oltre al presidente Renato Brunetta, hanno partecipato i ministri Nordio e Calderone – il nostro settore ha le carte in regola per offrire opportunità qualificate: infrastrutture digitali consolidate, flessibilità organizzativa, processi standardizzati e formazione continua a distanza. E lo sarà ancora di più appena sarà approvata la pdl 1316, a prima firma Longi, sul riordino e rilancio del settore. Offrire lavoro significa restituire ruolo, speranza e dignità a ogni individuo, qualunque sia la condizione di partenza». Borgherese sottolinea la capacità del comparto dei contact center di creare un ponte tra carcere e società: «Il richiamo di Brunetta al contributo del BPO è forte e condivisibile. Rispondiamo con entusiasmo e responsabilità».

Il protocollo impegna le parti a monitorare i fabbisogni del mercato (il Ministro Calderone ha fatto molto opportunamente notare che “abbiamo bisogno di almeno 1,4 milioni di lavoratori in più”), creare una banca dati domanda/offerta e riattivare spazi produttivi inutilizzati nelle carceri. Tra gli strumenti, spicca il Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL), piattaforma digitale del Ministero del Lavoro e INPS, che grazie all’IA abbina curricula a offerte di lavoro ed è già in sperimentazione presso alcuni istituti di pena.

Il progetto, insomma, punta a fare del lavoro in carcere una priorità nazionale. E se un percorso professionalizzante può essere la leva opportuna per scardinare il meccanismo della recidiva, settori come quello dei contact center sembrano pronti a fare la loro parte. Con pragmatismo e senza retorica, la scommessa è trasformare il carcere da costo passivo a incubatore di capitale umano. E da luogo delle ombre a officina di futuro.