Innovazione

Stati generali dell’IA 2020. Macchine come partner, non come strumenti

01
Aprile 2022
Di Daniele Bernardi

«L’intelligenza artificiale è il più clamoroso fatto di cultura che noi stiamo affrontando, mi sentirei di dire, dalla scoperta della stampa a caratteri mobili di Gutenberg» sono state queste le parole pronunciate dal professor Rasetti, docente emerito di Fisica al prestigioso Politecnico di Torino, durante gli Stati Generali dell’Intelligenza artificiale 2022 a Milano. Si tratta di un evento organizzato dal gruppo editoriale ClassEditori, una tre giorni di dialoghi e dibattiti sul ruolo, sempre più attivo, che le IA stanno svolgendo e svolgeranno nella nostra vita.

Tra gli ospiti, oltre il già citato professor Mario Rasetti, sono intervenuti anche vertici della politica e dell’economia, dal ministro dello sviluppo economico Giorgetti al presidente Consob Paolo Savona, per fare il punto sullo stato dell’arte dell’Intelligenza artificiale nel nostro paese.

«Nel 2021 – fa notare Stefano Garavaglia (ricercatore presso l’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano) – il 59% delle grandi imprese ha all’attivo almeno un progetto di IA», ciò anche grazie ad una diminuzione delle barriere in termini di costi. Tra queste spiccano alcuni esempi virtuosi presentati durante gli Stati Generali, come Eni, in cui, fa sapere Giuseppe Magurno (Head of AI Technologies Solutions) «l’IA è presente ormai ovunque», dall’Intelligence Data Process, dove aiuta a migliorare le stime, alla manutenzione predittiva, che permette una maggiore efficienza del comparto produttivo, ma anche Computer Vision e, ovviamente, Cybersecurity. Ma anche TIM che, oltre ad un team interno di data scientist e engineers, si avvale anche di alcune collaborazioni con importanti providers quali Noovle, una cloud company, Intesa San Paolo e Google Cloud. «Per TIM – spiega Andrea Rossini (Chief Consumer, Small and Medium Market Officer) – uno dei principali ambiti di applicazione dell’IA riguarda la selezione di informazioni di valore dalla grande quantità di dati». 

I lettori più attenti avranno già notato quante volte è saltata fuori la parola “dati”. Effettivamente, sono stati loro i protagonisti, o forse coprotagonisti, di questo evento. Ne ha parlato il professor Rasetti nella sua lectio magistralis, raccontando come «la quantità di dati abbia superato i cento mila miliardi di gigabyte e verrà più che triplicata dall’accesso in internet dei dispositivi IoT», quando oltre alla comunicazione tra esseri umani e tra questi e le macchine (o cose, ‘things’), si aggiungerà la sola comunicazione tra macchine (peraltro già in parte presente). L’IA è, a detta del professore, «l’unica in grado di gestirli». Non solo gestirli, ma anche proteggerli, ne ha parlato Massimo Proverbio (Responsabile IT e Digital Innovation di Banca Intesa): «La privacy dei dati è fondamentale […] i nostri algoritmi si basano su tre principi: qualità dei dati, fairness ed explainability». 

Purtroppo «in Italia la cultura dei dati non è molto sviluppata», racconta al termine dell’ultima giornata il Ministro dei Trasporti Enrico Giovannini, e con essa, la cultura attorno all’intelligenza artificiale. La formazione è in effetti una questione di grande rilevanza. A livello europeo, attraverso il progetto ELLIS (European Laboratory for Learning and Intelligent System), è stata creata un’associazione tra dottorandi e giovani ricercatori, un ponte tra università ed ecosistemi locali e un coordinamento tra centri di eccellenza. L’Italia sta provando a non restare indietro, come hanno spiegato Maria Chiara Carrozza (Presidente del CNR) e Alessandro Fusacchia (Deputato e coordinatore dell’Intergruppo parlamentare sull’Intelligenza artificiale), attraverso il “Programma strategico per l’intelligenza artificiale”, da cui dovrebbe nascere un dottorato nazionale sull’IA (con circa duecento dottorandi in tutta Italia), si dovrebbe provare ad attrarre giovani talenti dall’estero e rafforzare l’apprendimento sui dati all’interno degli Istituti Tecnici superiori (ITS). 

Nella conversazione non poteva mancare ovviamente il PNRR. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, spiega il Ministro Giorgetti, avrà un ruolo chiave nel supportare le imprese nella ricerca: la Missione quattro del piano parla della gestione di un fondo, assieme a Cassa depositi e prestiti e Venture Capital, per l’innovazione, che servirà a sviluppare le filiere dell’IA, dei servizi Cloud, dell’Industra 4.0, la cybersicurezza, fintech e blockchain. Un fondo da 300 milioni di euro da accompagnare ai 73 milioni del fondo per la crescita sostenibile, che servirà a finanziare circa quindici progetti riguardanti le IA e la blockchain, e il fondo per lo sviluppo delle tecnologie per l’applicazione dell’IA, blockchain e IoT, stanziato a partire dal bilancio del 2019 e che prevede circa 15 milioni di euro all’anno a supporto del settore. 

Quando si sente parlare di intelligenze artificiali, spesso si pensa a tecnologie distopiche come Skynet del film Terminator o HAL9000 di 2001: Odissea nello spazio. A dirla tutta alcuni relatori del panel non negano che uno sviluppo di questa tecnologia potrebbe comportare dei rischi, ma non tanto per la nostra incolumità, quanto per la nostra società, i nostri valori. Citando Dyson, il professor Rasetti ci ricorda che «qualunque sistema abbastanza semplice da essere comprensibile, non sarà abbastanza complicato da comportarsi in modo intelligente, ma qualsiasi sistema abbastanza complicato da comportarsi in modo intelligente sicuramente sarà troppo complesso per essere comprensibile. Questo sarà il nostro limite, costruiremo macchine che, per quanto sofisticate, non saranno migliori di noi ma avranno un’evoluzione parallela alla nostra […] Il vero problema sarà di tipo culturale: iniziare a considerare le macchine come partner e non come strumenti».