Innovazione

L’impresa italiana 2.0, l’ultimo rapporto Istat sull’innovazione nelle nostre aziende

11
Maggio 2022
Di Daniele Bernardi

Lo scorso 5 maggio, l’ISTAT ha rilasciato il report “L’innovazione nelle imprese” riferito al triennio 2018-2020. Le rilevazioni sono frutto del Community Innovation Survey, una serie di sondaggi statistici eseguiti da uffici ed enti nazionali in tutta l’Ue, a cui si aggiungono la Norvegia e l’Islanda.

I dati sono riferiti ad un campione di quasi 24 mila aziende con almeno 10 dipendenti, che sono poi state catalogate per macrosettore, settore (secondo il codice ATECO) e dimensione.  

In generale, il bilancio non è positivo: solo il 50,9% delle imprese italiane ha svolto attività innovative, ben 5 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente. Un dato che si differenzia a seconda del settore: nell’Industria la percentuale sale al 58,5%, mentre per i Servizi scende al 47,2% e per il settore delle Costruzioni addirittura al 38,2%.

Statistiche però che traggono in inganno se non comparate col trimestre antecedente: è infatti sempre l’Industria a registrare il più forte calo: oltre 7 punti percentuali, più contenuto per i Servizi con solo 3,9 punti percentuali in meno, mentre il settore delle Costruzioni registra perfino un aumento di 3,3 punti rispetto al periodo precedente. Altra considerazione è la dimensione dell’azienda: più le imprese sono grandi più hanno svolto innovazione.  

Non tutte le imprese che hanno svolto attività innovative nel trimestre considerato hanno però mantenuto ed interiorizzato con successo questa specifica: così facendo, la percentuale di imprese italiane, infatti, scende a 45,9%. Restano simili le differenze tra settori e dimensioni.

Tra queste virtuose aziende, alcune hanno introdotto nuovi prodotti e altre nuovi processi: le seconde sono molte più delle prime (il 43,6% contro solo il 26,8%). La percentuale più bassa spetta al settore delle Costruzioni, anche se è l’unico a registrare un aumento di poco meno di 3 punti percentuali.

Tra le imprese ad osare maggiormente, sempre quelle con oltre 250 addetti: ben il 49,5%. Di queste, il 75% ha sviluppato nuovi prodotti interamente in casa, circa il 60% in collaborazione con altri soggetti, mentre meno del 20% ha adattato o modificato i prodotti di altre imprese. In generale, le collaborazioni con soggetti esterni per lo sviluppo di nuovi prodotti o processi risultano una pratica ancora poco diffusa.

Quantificando monetariamente questi crolli nell’innovazione aziendale: si è passati dai 9.000 € per addetto del 2018 ai 6.900 € del 2020, una riduzione che interessa tutti i settori, rimanendo alta solo nei campi della fabbricazione dei mezzi di trasporto, dell’elettronica, della farmaceutica e, ovviamente, della Ricerca&Sviluppo.

Si conferma anche una bassa percentuale delle imprese che hanno ricevuto finanziamenti pubblici per l’innovazione: solo il 16,6%, con risultati più incoraggianti tra le grandi (23,7%), in particolare dell’Industria (29,2%). I finanziamenti pubblici provengono in larghissima misura dalle amministrazioni territoriali o centrali, solo l’1,5% o meno ha ottenuto un sostegno da parte dell’UE (per lo più dal piano Horizon 2020).

Ma perché le imprese stanno smettendo di innovare? Stando alle risposte date dagli intervistati, nel settore delle Costruzioni è il costo troppo elevato per innovare il principale ostacolo, mentre per l’Industria risulta l’incertezza della domanda di mercato. Cause minori rilevate: la mancanza di partner con cui collaborare e la difficoltà di accesso alla conoscenza esterna. A tutto ciò, si aggiunge l’emergenza sanitaria del 2020 che ha colpito oltre il 64% delle aziende con attività innovative, soprattutto le piccole e quelle del settore industriale.

Un ruolo chiave è svolto dall’ambiente: la sensibilità ambientale è uno dei principali driver che spinge le imprese ad investire nel settore dell’innovazione e della ricerca, in primis per diminuire il consumo di energia e ridurre le emissioni prodotte, ma anche per utilizzare prodotti meno inquinanti o pericolosi e riciclare quanto più possibile acqua e materiali.

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