In Parlamento

Tutta questione di fiducia

27
Ottobre 2022
Di Pietro Cristoferi

In queste ultime 48h Giorgia Meloni si è presentata in Parlamento per ottenere la fiducia: istituto cardine della nostra democrazia parlamentare. Causa di gioie, come in questo caso quando il suo voto fa nascere il Governo, e di dolori quando invece gli esecutivi cadono a colpi di soglie di maggioranza mai raggiunte.

Si tratta pur sempre di una questione di numeri, ma all’esordio di questo esecutivo le polemiche delle scorse settimane e gli scontri interni alla maggioranza sembrano passati e in maniera assolutamente blindata il Presidente del consiglio raccoglie 235 voti favorevoli alla Camera e 115 al Senato.

Tali numeri corrispondono precisamente alla maggioranza di centrodestra nei due emicicli di Montecitorio e Palazzo Madama: nessuna incertezza quindi e del resto non si poteva mostrare il fianco alle opposizioni facendo mancare qualche voto. 

In ogni caso il rischio dei franchi tiratori è molto più basso per quanto riguarda il voto di fiducia anche perché in questo caso, a differenza dei voti sulle presidenze del Parlamento, il voto è palese per appello nominale. Il deputato e il senatore infatti vengono chiamati seguendo l’elenco e dichiarano il proprio Sì o il proprio No alla mozione di fiducia sul governo sotto il banco della presidenza.

Questa modalità di voto rappresenta una conferma pubblica della propria volontà a sostenere l’esecutivo che sta nascendo  (il famoso rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento), pertanto eventuali franchi tiratori non si potrebbero celare dietro il voto segreto.

In replica agli interventi alla Camera qualche siparietto, anche stravolgendo l’etichetta istituzionale, ce l’ha donato Giorgia Meloni in aula: «qui famo le 3» ha accennato prima all’orecchio a Matteo Salvini e poi anche ai colleghi che si dilungavano negli applausi, un’espressione che ha il sapore delle vignette a cui Osho ci ha abituato negli ultimi anni.

Altro piano la querelle Serracchiani-Meloni sul ruolo della donna: la capogruppo del Pd scivola nell’affermare che Meloni chiede alle donne di stare un passo dietro agli uomini; di tutta replica la premier risponde replicando «le sembra che io stia dietro agli uomini!» rammentando come sia la prima donna a ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio.

Comunque dai banchi delle opposizioni rimedia Lia Quartapelle (Pd), da sempre impegnata sui temi di genere con l’intergruppo deputate per i diritti delle donne e adesso sul conflitto russo-ucraino con l’intergruppo “United for Ukraine – Italia”, tocca le problematiche nevralgiche dei temi esteri e ricorda la necessità dell’impegno italiano per fare verità sul caso Giulio Regeni.

Quanto ai leader, tra le repliche al discorso di Giorgia Meloni prima del voto di fiducia, Conte all’esordio alla Camera denuncia che l’esecutivo nascente è «continuità con il Governo Draghi», Meloni sorride; se questa attribuzione sia un pregio o un difetto non lo si capisce dalle parole di Conte, fatto sta che il leader pentastellato afferma ciò con al suo fianco Alessandra Todde, già viceministro al Mise con il governo Draghi.

Letta rilancia ricordando i fatti di Sarzana del luglio 1921, dove il capitano dei carabinieri, Guido Jurgens e il sindaco Pietro Terz bloccarono un tentativo di marcia sulla città da parte dei fascisti. Il segretario dem alla loro memoria consacra l’opposizione del Pd al nascente governo.

Al Senato con il suo intervento Matteo Renzi dà forse più colpi alle opposizioni, affermando come sia un autogol attaccare la Meloni sulla questione femminile, che al nascente governo.

In ballo sembra esserci la partita della Commissione d’inchiesta per il Covid avanzata dalla Meloni e da sempre nelle mire del senatore fiorentino. Ma è anche il ritorno di Silvio Berlusconi, assente da nove anni dagli scranni di palazzo Madama, al nuovo esordio ringrazia e raccoglie applausi per esser diventato nonno per la 17° volta.

Il leader azzurro aveva fatto molto discutere nelle scorse settimane per il mancato voto dei forzisti a Ignazio La Russa come Presidente del Senato e per le sue richieste sul governo. Acqua passata, alla fine il Cavaliere rilancia battezzando questo governo come un sua creatura e come un Re Sole sembra dire “il centrodestra c’est moi”.

Giorgia Meloni, che sullo slogan “Pronti” ci ha costruito la campagna elettorale, ora, pronta, dovrà esserlo davvero: la fiducia del Parlamento consegna piene funzioni, oneri e onori ai nascenti esecutivi e la strada è tutta da costruire.

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