In Parlamento / Politica

Salario minimo, scontro alla Camera. Resta la delega al governo

06
Dicembre 2023
Di Giampiero Cinelli

Sul salario minimo maggioranza e opposizione si spaccano profondamente. Nella discussione a Montecitorio danno vita sostanzialmente a un nulla di fatto anche se, ufficialmente, un testo di legge c’è. Non è più il testo originario, quello sostenuto dalle opposizioni, promosso da Conte e Schlein, in cui si introduceva un salario minimo di 9 euro lordi l’ora, anche al di fuori (ma incentivando) la contrattazione collettiva nazionale. In sostanza la proposta è stata messa fuori gioco da un emendamento soppressivo votato in Commissione Lavoro della Camera, successivamente la questione è stata rinquadrata all’interno di una Legge Delega al governo formata da due articoli, in cui non è indicata una retribuzione oraria ma in cui si persegue una «retribuzione equa e sufficiente», la promozione della contrattazione collettiva e il contrasto ai contratti pirata. Secondo i partiti di sinistra è una via ingannevole, che apre a dinamiche inefficaci, favorisce indirettamente la contrattazione aziendale e non impatta sulle situazioni dei contratti scaduti o incongrui.

Le motivazioni del centrodestra

Le opposizioni dunque provano a ristabilire il vecchio testo con un emendamento bocciato, annunciando in seguito di ritirare la firma dal nuovo documento. Giuseppe Conte in Aula lo straccia. Tommaso Foti, deputato di Fratelli D’Italia, sottolinea che ritirare la firma è solo un atto politico con nessun effetto sul regolamento, «utile ad andare al Tg», mentre Maurizio Lupi, dai banchi della maggioranza, difende l’operato: «È inaccettabile, per la dignità di questo Parlamento, che nel momento in cui esercitiamo la nostra responsabilità veniamo accusati di arroganza, pirateria parlamentare e di umiliare le opposizioni. Voi ritenete che il salario minimo sia la risposta adeguata, noi riteniamo che la risposta sia la contrattazione collettiva».

Opposizioni perplesse

Ma chi è lontano dal governo non si fida e teme che si tratti di una tattica per sotterrare l’iniziativa, siccome il tempo di attuazione della delega è di sei mesi dall’approvazione del testo, tramite i decreti attuativi, e in totale passerà un anno. Un anno e mezzo è la stima che fa Matteo Richetti di Azione, il quale teme che la legge si fermerà al Senato, visto anche il ritardo che si sta accumulando sull’attuazione delle altre leggi delega.

Lo schema della maggioranza

Insomma, l’opposizione voleva quantomeno mostrare mediaticamente il no esplicito della maggioranza sul provvedimento con l’assunzione di responsabilità del governo. Il diniego però non sarà così identificabile, visto che comunque uno schema legislativo è ancora posto. È quello che ritiene giusto il centrodestra, attraverso cui venga tenuto conto dei «trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati». Sui contratti scaduti, si legge nel testo, «per ciascun contratto scaduto e non rinnovato entro i termini previsti dalle parti sociali o comunque entro congrui termini e per i settori nei quali manca una contrattazione di riferimento, si prevede l’intervento diretto del Ministero del Lavoro per adottare le misure necessarie a valere sui soli trattamenti economici minimi complessivi», considerando anche «i trattamenti economici minimi previsti da settori affini».

Contrattazione di secondo livello

Il provvedimento contempla poi lo sviluppo di un sistema di partecipazione agli utili delle aziende da parte dei lavoratori, oltre allo «sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello per fare fronte alle diversificate necessità correlate all’incremento del costo della vita e alle differenze dei costi su base territoriale».

Contratti pirata

Sui contratti pirata, la seconda delega mira a «incrementare la trasparenza nelle dinamiche contrattuali nonché conseguire obiettivi di effettivo contrasto al dumping contrattuale, a fenomeni di concorrenza sleale, alla evasione fiscale e contributiva ed al ricorso a forme di lavoro nero o irregolare in danno dei lavoratori e delle lavoratrici».

Quasi impossibile tuttavia ricucire, visto che l’evoluzione dell’iter, che ha portato da una legge dell’opposizione a una delega al governo, è stata recepita come una scorrettezza a svantaggio delle facoltà del Parlamento. Luigi Marattin di Italia Viva replica infatti a Lupi dicendo che una modifica è diversa da una soppressione.

Giuseppe Conte non usa mezzi termini: «Dopo balletti e teatrini e rinvii, il governo e Meloni hanno gettato la maschera, votando no al salario minimo legale hanno voltato le spalle a 3,6 milioni di lavoratori».

Elly Schlein rimarca: «Oggi con questa scelta affossate il salario minimo su cui abbiamo raccolto oltre 500.000 firme, ve ne siete fregati, gli avete tolto pure il nome. Puntate a cancellarlo dalla memoria collettiva, a rimuoverlo dal dibattito pubblico, a degradarlo a un capriccio delle opposizioni. Avete scritto una delega dove non ce ne è traccia. Aiutatemi a spiegarlo agli italiani: voi oggi votate contro una legge che dice che sotto i 9 euro non è lavoro».

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