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FOCUS INNOVAZIONE TECNOLOGICA #3. Fantinati: «Favorire le piccole imprese»

21
Settembre 2022
Di Andrea Sivo

Sono quattro i giorni che ci separano dalle elezioni e The Watcher Post continua la rubrica dedicata all’innovazione tecnologica, tema tanto importante ma trattato in maniera marginale dai partiti. Dopo aver approfondito l’argomento con Luca Carabetta (M5S) e Giulia Pastorella (Azione), l’intervista con Mattia Fantinati di Impegno Civico, impegnato da tempo nel mettere in campo percorsi e obiettivi coordinati e comuni sul digitale per gli enti territoriali.

Mattia Fantinati

Lo sviluppo delle infrastrutture digitali fisse e mobili rappresenta uno dei grandi obiettivi del PNRR italiano. Negli ultimi anni sono state messe in campo diverse misure di semplificazione volte ad accelerare la diffusione delle reti ultraveloci che però hanno avuto finora un impatto limitato, anche a causa dei numerosi vincoli ancora presenti a livello locale. Ritiene che il prossimo Governo debba “cambiare passo” sulla questione, prevedendo, ad esempio, invece di interventi normativi estemporanei, una “Legge Obiettivo” o una “Legge Annuale sulla Transizione Digitale” che consenta di definire a livello normativo, finanziario ed operativo la realizzazione delle infrastrutture, in particolare sul 5G?
«È indispensabile approfittare del PNRR, che rappresenta un’occasione storica per il nostro Paese. Da lì possono finalmente provenire i fondi per rilanciare la modernità nel tessuto economico e produttivo del nostro Paese. Il tema è soprattutto la digitalizzazione ovvero lo strumento essenziale per agganciarsi all’innovazione tecnologica che sta caratterizzando gli altri Paesi europei. Parlando degli strumenti normativi, chiedersi se serva una legge obiettivo o una legge annuale è pertinente, ma a monte va sottolineato che ogni governo che si insedia impiega un anno per creare il proprio piano triennale della digitalizzazione. È importante, perchè stabilisce un indirizzo, ma non ci si deve accontentare sempre e solo dei piani. Bisogna metterli a terra e renderli operativi. Un sistema di leggi sulla transazione digitale, ben venga, ma il problema non è tanto il ruolo centrale del governo ma le regionalità, i territori che hanno ampia indipendenza per autogenerarsi e in questo senso raramente si riesce ad avere una uniformità di direzione. Per questo, dobbiamo far sì che Comuni, Province, Regioni e Stato abbiano percorsi e obiettivi coordinati e comuni».

Altra priorità per completare la transizione digitale dell’Italia è senza dubbio la piena e integrata digitalizzazione dei servizi pubblici. Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale che tutte le PA, sia a livello nazionale sia a livello locale, si dotino di soluzioni ICT in grado di facilitare e velocizzare il rapporto con cittadini e imprese. Ritiene sia possibile prevedere, all’interno della riforma del Codice degli Appalti, oggi inclusa nei programmi di molti dei principali partiti politici, dei meccanismi finalizzati a premiare le imprese (in particolare quelle del settore dell’ICT) impegnate a sviluppare soluzioni innovative per le Pubbliche Amministrazioni italiane garantendo contemporaneamente elevati standard di sicurezza e affidabilità?
«Il tema della Pubblica Amministrazione è centrale per il rinnovamento del Paese. Già da decenni se ne parla in ogni campagna elettorale, ma poi viene dimenticata, lasciando che finisca per appesantire non solo i conti pubblici, ma tutto il sistema imprenditoriale e sociale. Io credo che tutte le imprese che sviluppano soluzioni per la pubblica amministrazione vadano aiutate ad ammodernarsi, in modo da garantire tutti gli standard di sicurezza e affidabilità. Riguardo il codice degli appalti va detta una cosa: spesso le gare e i bandi, soprattutto nell’information technology, vengono vinti sempre da grandi imprese. A suo tempo presentai una legge per far sì che quanto meno una quota fissa – come accade per gli Stati Uniti e in altri Paesi – dei bandi e delle gare sia dedicata solo alle piccole imprese. Spesso le grandi imprese vincitrici poi subappaltano alle piccole. Motivo per cui vanno favorite affinchè possano svolgere il loro ruolo in prima persona. Sulla digitalizzazione l’Italia sconta un gap a livello europeo che va colmato in fretta, anche se l’indice DESI, ci dice una cosa molto chiara: la formazione è dove siamo effettivamente carenti. Gli strumenti ci sono, le nostre imprese sono pronte, ma manca la cultura digitale, manca la formazione, mancano le competenze. Questo è molto grave se si pensa che le nostre figure professionali più formate finiscono per dover trovare lavoro all’estero».

È ormai sotto gli occhi di tutti che se da un lato la diffusione delle nuove tecnologie consentirà di raggiungere la piena e integrata digitalizzazione di imprese, PA e cittadini, dall’altro questa renderà inevitabilmente tutti sempre più vulnerabili a nuove forme di cyber-attacchi. Di conseguenza, e anche alla luce dell’attuale contesto geopolitico, gli investimenti nella cybersecurity rivestono un ruolo sempre più importante per lo sviluppo del Paese. In particolare, quali ritiene che possano essere le misure principali da mettere in campo per sostenere le imprese che decidono di investire per rafforzare i propri sistemi di cybersecurity?
«La cybersecurity è sicuramente un tema centrale in questi ultimi anni, per il maggior utilizzo delle nuove tecnologie, anche durante la pandemia. Il lockdown ha dimostrato che internet è una risorsa essenziale, e nessun paese sarebbe sopravvissuto senza. Con l’aumento massiccio dell’utilizzo sono però aumentati del 30% anche gli attacchi informatici, non solo a livello industriale, ma anche per quanto riguarda account pubblici e sistemi informatici statali. È evidente un problema di sicurezza nazionale, soprattutto facendo riferimento alla casistica più attuale: è noto che nella guerra tra Russia e Ucraina le prime avvisaglie siano state sul piano informatico. Ci sono poi questioni molto concrete che riguardano le tecnologie di uso comune, quotidiano, come l’utilizzo delle auto elettriche le cui colonnine di ricarica che vengono gestite da complessi sistemi informatici: è chiaro che un attacco a quei sistemi potrebbe paralizzare un intero Paese. Come rafforzare la cybersecurity? A guidarci sono le Nazioni Unite e l’Europa attraverso dei piani che si chiamano “Cyber Act”, nei quali viene previsto lo scambio sempre maggiore di best practice attraverso meccanismi di cooperazione internazionale».

Per contrastare la crisi derivante dall’aumento dei prezzi dell’energia, una delle ipotesi sul tavolo è che venga allargata la platea delle aziende cd. energivore (e che quindi abbiano benefici fiscali), ad esempio le aziende delle telecomunicazioni, uno dei settori industriali a maggior consumo energetico. Che cosa ne pensa?
«Il tema della disponibilità e dei costi dell’energia riguarda da vicino anche le tecnologie di telefonia mobile. Lo standard 5G sul quale si fonderanno innovazioni epocali che riguarderanno la vita collettiva, la produttività e perfino la sanità, ha la caratteristica di assorbire dalla rete elettrica fino al quadruplo rispetto alle tecnologie precedenti. Sicuramente sono processi energivori, e dunque le aziende che operano nella tecnologia legata a questo settore vanno sostenute in modo particolare».

La filiera delle Telecomunicazioni riveste un ruolo strategico per il Sistema-Paese. Si pensi, in particolare, agli ingenti investimenti in infrastrutture messi in atto dalle imprese per la digitalizzazione del Paese. Tuttavia, da anni gli Operatori registrano forti difficoltà in termini di sostenibilità economico-finanziaria, a causa di un mercato ipercompetitivo e di calo strutturale dei margini e dei ricavi. Alla luce del quadro sopra indicato, quali misure strutturali ritiene siano prioritarie per arginare tali difficoltà e permettere alle aziende di continuare ad investire per completare la diffusione delle reti e dei servizi di connettività su tutto il territorio nazionale e raggiungere gli obiettivi di digitalizzazione previsti dal PNRR?
«Nell’intero progetto di modernizzazione, il ruolo del pubblico è fondamentale. Il sistema paese deve garantire alle imprese che si occupano di information technology, soprattutto quelle che fanno investimenti in infrastrutture digitali, che questi investimenti siano strategici. Sono necessari piani di sostegno. Un Paese deve accompagnare lo sviluppo imprenditoriale in questo settore. È vero che c’è una forte competitività e un calo di margini, ma si tratta di una condizione quasi inevitabile. Il Governo deve gestire la situazione e far sì che la connettività sia strutturale in tutto il Paese. Tutto ciò deve riguardare, con un’attenzione specifica, le piccole imprese che spesso sono quelle a più alto tasso di innovazione, ma che accusano difficoltà nel muoversi all’interno del mercato». 

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