Fill the gap

Istat: l’Italia migliora su molti fronti dello sviluppo sostenibile, ma la spinta resta debole. Mezzogiorno ancora in affanno

10
Luglio 2025
Di Giuliana Mastri

Nel 2025, l’Istat pubblica un nuovo rapporto sull’andamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, aggiornando il quadro nazionale e regionale con dati e indicatori più affinati. La revisione, spinta da un aggiornamento del framework delle Nazioni Unite, ha portato a una profonda ristrutturazione del sistema informativo: eliminate 76 misure ormai superate, ne sono state introdotte 36 nuove, molte delle quali offrono una copertura più puntuale degli indicatori globali. In totale, sono state aggiornate ben 221 misure rispetto alla diffusione del luglio 2024.

L’analisi condotta su 240 indicatori con serie storiche consolidate racconta una storia a due velocità. Più della metà delle misure è in miglioramento rispetto all’anno precedente, e oltre il 60% segna progressi rispetto a dieci anni fa. Tuttavia, un quinto delle misure resta in una fase di stallo, mentre peggiorano oltre il 25% delle rilevazioni nel breve termine e il 15% nel lungo periodo. Segnali, questi, che secondo Istat indicano «l’esigenza di un’accelerazione» per centrare gli obiettivi entro il 2030.

I risultati più deludenti arrivano dai Goal legati alla tutela ambientale, alla giustizia e all’equità di genere. Il Goal 15 (“Vita sulla Terra”) è fermo o in regressione nell’89% delle misure, seguito dal Goal 16 (“Pace e istituzioni solide”, 80%) e dal Goal 6 (“Acqua pulita e servizi igienico-sanitari”). Anche il Goal 5 (“Parità di genere“) fatica a registrare miglioramenti. Peggioramenti significativi si registrano nel Goal 3 (“Salute”) e ancora nel 16, rispettivamente con il 40% e 60% delle misure in calo.

All’opposto, brillano i dati relativi al Goal 17 (“Partnership per gli obiettivi”), all’occupazione e alla crescita (Goal 8) e all’energia pulita (Goal 7), tutti con oltre il 75% degli indicatori in miglioramento. Buoni risultati anche per istruzione, consumi responsabili e sviluppo urbano sostenibile.

La lettura territoriale mostra ancora forti divari tra Nord e Sud. Più della metà delle misure nelle regioni settentrionali è al di sopra della media nazionale, contro il 52% delle misure nel Mezzogiorno che si collocano sotto. A penalizzare il Sud sono soprattutto povertà, disoccupazione, istruzione e disuguaglianze. Il Goal 8 (“Lavoro”), il 10 (“Disuguaglianze”), il 1 (“Povertà”) e il 4 (“Istruzione”) sono quelli che più incidono negativamente sul posizionamento meridionale.

Le regioni con i migliori risultati nel Nord sono Valle d’Aosta, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, trainate in particolare dagli indicatori legati al lavoro e alla lotta alla povertà. In coda la Liguria, penalizzata da scarsi risultati su parità di genere, cambiamenti climatici e istituzioni. Al Centro, le Marche si distinguono con performance migliori anche rispetto al Nord, seguite dalla Toscana. In fondo alla classifica, il Lazio, soprattutto per via delle debolezze legate al Goal 16.

Nel Mezzogiorno spiccano Abruzzo, Molise e Basilicata, che mostrano segnali incoraggianti soprattutto sugli obiettivi ambientali. Campania e Sicilia restano invece in forte difficoltà: tra le criticità principali, l’abbandono scolastico giovanile e l’alta incidenza di povertà lavorativa e deprivazione materiale.

Guardando all’andamento nel tempo, emerge un altro aspetto interessante: alcune delle regioni tradizionalmente più virtuose – come le Province autonome di Trento e Bolzano – registrano oggi un numero elevato di misure in peggioramento e meno miglioramenti rispetto alla media. All’opposto, Abruzzo, Sicilia, Liguria e Basilicata hanno fatto segnare progressi più rapidi nell’ultimo anno.

Nel lungo periodo, a distinguersi in positivo sono Emilia-Romagna, Umbria, Marche e Puglia, che mostrano la più alta percentuale di indicatori in crescita e la più bassa quota di misure in calo (con la sola eccezione delle Marche, che restano penalizzate sul fronte dei peggioramenti).