Fill the gap
Congedo di paternità, la chiave per rilanciare natalità e occupazione femminile
Di Paolo Bozzacchi
(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
Se entrambi i genitori condividono la cura del bambino appena nato ne giovano tutti. In primis l’infante e i genitori. Ma poi a seguire le aziende o gli uffici pubblici dove questi lavorano, l’occupazione femminile (strategica) e di conseguenza lo sviluppo sociale ed economico del Paese. L’Italia continua a fare i conti con una crisi demografica senza soluzione di continuità. Secondo i dati provvisori del Bilancio demografico mensile dell’Istat, pubblicati a ottobre e relativi ai primi sette mesi del 2025, la popolazione residente in Italia è scesa a quasi 59 milioni, con un calo di circa 7 mila persone rispetto a inizio anno. Le nascite sono appena 198 mila tra gennaio e luglio, in flessione del 6,2% rispetto allo stesso periodo del 2024.
Numeri che confermano una tendenza strutturale: l’Italia non è di fronte a un fenomeno passeggero, ma ad un vero e proprio declino demografico. Le cause sono molteplici e complesse ma la sfida resta sistemica. Ripercussioni profonde impattano sull’economia, sulla sostenibilità del welfare e sulla tenuta sociale nazionale. Perciò non basta continuare a misurare il trend negativo della popolazione. Meglio intercettare i bisogni della società in rapida evoluzione. La legge di bilancio 2026 prova a dare qualche risposta. Tra le misure, l’integrazione del reddito per le lavoratrici madri con due o più figli, la promozione dell’occupazione femminile, e il rafforzamento della disciplina in materia di congedi parentali e di congedo di malattia per i figli minori. Basteranno a invertire la tendenza? I numeri raccontano un’altra storia. Secondo il Rapporto INPS 2025, le madri usufruiscono in media di 126 giorni di congedo parentale, i padri appena 36. Oltre un terzo delle madri non lo usa affatto, mentre i padri restano ai margini. Le cause? Bassa retribuzione, rigidità organizzative e culturali, accessibilità limitata. Il congedo parentale così com’è oggi continua a pesare soprattutto sulle donne, senza promuovere una reale condivisione dei compiti di cura. La vera svolta per la parità di genere e per sostenere la natalità non può arrivare solamente dal congedo parentale. L’idea è introdurre il congedo di paternità obbligatorio. La proposta – sostenuta da associazioni come Valore D – prevede di portare i giorni di congedo per i padri dagli attuali 10 a un mese lavorativo, con 15 giorni da fruire immediatamente dopo il parto e l’obbligo di comunicazione preventiva e certificazione della nascita. Perché è così importante? Studi scientifici dimostrano che il coinvolgimento attivo dei padri nei primi mille giorni di vita dei figli ha effetti straordinari: favorisce la salute materna, sostiene lo sviluppo cognitivo e relazionale dei bambini, riduce lo stress familiare e promuove una distribuzione equa dei carichi di cura. Inoltre permette alle donne di restare nel mercato del lavoro, riduce le dimissioni post-maternità e contribuisce alla crescita demografica del Paese. Anche le imprese ne beneficiano: crescono retention, produttività e reputazione sociale. Il congedo di paternità obbligatorio non è solo un vantaggio per i padri: è uno strumento concreto per l’empowerment femminile, per la parità di genere e per la natalità.
La Legge di Bilancio 2026, che presto fa un passo nella giusta direzione, ma la vera svolta passa dalla responsabilità condivisa tra madri e padri. Perché una famiglia equilibrata non è solo una questione di diritti, ma di scelte quotidiane: padri che prendono il loro posto accanto ai figli, madri che possono continuare a coltivare il proprio lavoro e le proprie aspirazioni. È così che possiamo immaginare un’Italia in cui la cura dei figli è davvero condivisa, la natalità riprende a crescere e ogni bambino cresce in una famiglia che sostiene tutti i suoi membri.






