Fill the gap
A Roma un flashmob per dire basta alla violenza digitale
Di Gaia De Scalzi
Cinque parole e un hashtag: “Non con la mia faccia – #iodenuncio”. Un appello chiaro quello lanciato dall’associazione Giornaliste Italiane questa mattina a Piazza Capranica, a Roma. In tante si sono date appuntamento per protestare contro la violenza digitale, quella che ha visto alcune di loro oggetto di deepfake: spogliate virtualmente, a loro insaputa, tramite l’intelligenza artificiale. «Immagini manipolate con il solo intento di denigrare e umiliare» – ha spiegato nei giorni scorsi Manuela Moreno, uno dei volti noti del Tg2 e vittima di queste piattaforme pornografiche insieme alla collega Paola Ferrari.
Ad aderire al flashmob molti nomi istituzionali, alcuni dei quali colpiti personalmente da questi fotomontaggi, come Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini (Noi Moderati), promotrici tra l’altro della proposta di legge contro la violenza e l’anonimato in rete. E accanto a loro numerosi esponenti della politica e del giornalismo, tra cui Lucio Malan e Marta Schifone (Fratelli d’Italia), Laura Ravetto (Lega), Maurizio Lupi e Martina Semenzato (Noi Moderati), Carlo Calenda ed Elena Bonetti (Azione), Roberto Inciocchi e Marco Carrara (Agorà), Giorgio Pacifici (Tg2).
Perché, come ha spiegato la deputata di Italia Viva Maria Elena Boschi, «questa non è una battaglia che le donne fanno per le donne, è una battaglia che facciamo insieme, in cui – per fortuna, rispetto al passato – molti più uomini si sentono coinvolti e sono al nostro fianco».
Una partecipazione trasversale, dunque, per una campagna che non ha colore politico né di genere. Una battaglia iniziata prima che questi fatti accadessero e che già può contare su una risposta legislativa consapevole dei rischi derivanti dall’uso spregiudicato dell’AI. Ma, siccome al peggio non c’è mai fine, a margine del flashmob la Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, non si tira indietro e avverte: «Eventualmente penseremo, se non basta, a un altro intervento legislativo».
In attesa di quel cambio culturale che tratti il corpo femminile con rispetto, in attesa che tutti – senza distinzione – si indignino seriamente per quel retaggio maschilista che fatica ad accettare la libertà della donna, in attesa che nessuno possa nascondersi dietro un nickname per perpetrare quello che è a tutti gli effetti uno stupro digitale, «l’unica arma possibile – ricorda Paola Ferazzoli, presidente di Giornaliste Italiane – è denunciare».
Qui alcune foto della manifestazione













