Esteri

Un nero e un latino: chi sono i magistrati del rinvio a giudizio e del processo a Donald Trump

04
Aprile 2023
Di Giampiero Gramaglia

Se non fosse che passa il tempo a insultarli e ad accusarli delle peggiori nefandezze, Donald Trump potrebbe considerare i magistrati che si stanno occupando di lui come dei ‘vecchi amici’ o, almeno, delle ‘vecchie conoscenze’. Alvin Bragg, il procuratore generale di New York, un democratico, che un anno fa pareva avere affossato l’inchiesta, l’ha fatta rinascere, dedicandole un sacco di energie e individuando l’anello più debole delle tante pratiche, discutibili, ma non perseguibili, del magnate, il pagamento in nero a una pornostar.

E, nell’aula del rinvio a giudizio, l’ex presidente troverà il giudice Juan Manuel Merchan, che ha già presieduto il processo a due società della Trump Organization e al loro responsabile finanziario, Allen Weisselberg – condannato -; e sta ora supervisionando il procedimento per frode e riciclaggio contro Steve Bannon, l’ex guru di Trump.

Precedenti e pregiudizi alimentano la propaganda ‘trumpiana’. “È un tribunale fantoccio – mette le mani avanti l’ex presidente -… Le accuse di uno psicopatico – Bragg, ndr – possono portare morte e distruzione… È una persecuzione politica e una interferenza nelle elezioni mai vista prima… E poi il giudice – Merchan, ndr – mi odia!… Questo non è un sistema legale, è Gestapo…”. Il processo diventa circo, con l’ex presidente che scrive “voglio le manette”, mentre i suoi avvocati negoziano, con successo, per evitarle. Ma il confine tra la farsa e la tragedia è sottile, se i suoi sostenitori dovessero interpretare alla lettera il riferimento a “morte e distruzione”.

Per il partito repubblicano, lo speaker della Camera Kevin McCarthy, un ‘ercolino sempre-in-piedi’ della nomenklatura di partito, denuncia “l’abuso di potere” di Bragg, che farebbe “il lavoro sporco per Joe Biden” – parole di Trump -, e vuole mettere il magistrato sotto inchiesta.

Chi sono, dunque, i magistrati chiave di questa vicenda? Che, oggi pomeriggio a New York, la sera per noi, avrà un passaggio cruciale, con il rinvio a giudizio formale dell’ex presidente, con arresto ‘pro forma’, impronte digitali e foto segnaletica; e, c’è da immaginare, manifestazioni pro e contro il magnate. Tutto già concordato e tutto destinato a risolversi in poche ore, visto che Trump ha dato appuntamento ai suoi sostenitori per un discorso in Florida, a Mar-a-Lago, alle 20.15 locali, le 02.15 di domani da noi.

Laureato a Harvard, Bragg, 50 anni, è il primo afroamericano procuratore generale di Manhattan. Eletto nel 2021, è nato a Harlem ed è cresciuto nella Grande Mela. Nella sua carriera, ha gestito diversi casi di primo piano. Nel 2014 ha rappresentato la madre di Eric Garner, un afro-americano ucciso dalla polizia, contro il New York Police Department. Ed è stato il supervisore dell’indagine su Harvey Weinstein, l’ex re dei produttori di Hollywood travolto dalle accuse di molestie, la cui vicenda è all’origine del movimento #Metoo.

Alla guida della procura di Manhattan, Bragg ha preso il posto di Cyrus Vance, aspramente criticato per non aver avuto successo nel perseguire Trump, tema su cui Bragg si è personalmente impegnato da quando è stato eletto. Al ruolo di procuratore è stato eletto dopo una campagna elettorale giocata sulla necessità di rendere le forze di polizia più responsabili delle loro azioni. Una battaglia per lui personale, visto che – lo ha raccontato più volte -, quando aveva solo 15 anni, un agente gli puntò una pistola alla testa. Un episodio che ha condizionato tutte le sue scelte, spingendolo a studiare legge e a divenire un legale per la difesa dei diritti civili.

Da procuratore di Manhattan, ha creato, come c’è nella serie tv Law&Order, una ‘Special Victims Division’ dedicata ai reati sessuali e alla violenza domestica e ha rafforzato la ‘Hate Crimes Unit’, puntando a restituire alla gente fiducia nelle forze dell’ordine e nella giustizia.

Stamane, il New York Times racconta come Bragg abbia rivitalizzato l’inchiesta su Trump, che pareva giunta a un punto morto: due inquirenti che se ne occupavano s’erano dimessi, in polemica con lui che non riteneva ci fossero gli estremi per incriminare il magnate. Bragg ne riprese le fila, puntando sulla vicenda del pagamento in nero di Stormy Daniels, alias Stephanie Clifford.

Merchan, 60 anni, è un giudice della Corte Suprema dello Stato di New York: nato in Colombia, ultimo di sei fratelli – il padre era un militare di carriera – ed emigrato negli Stati Uniti quando aveva sei anni, è cresciuto nel Queens, uno dei quartieri di New York, a Jackson Heigts.

E’ stato il primo della sua famiglia a fare studi universitari. Una laurea in B&A nel 1990 al Baruch College di Manhattan e una laurea in legge nel 1994 alla Hofstra University di Long Island gli permisero di intraprendere l’attività legale. Entrò in magistratura nel 2016.

L’anno scorso, il processo da lui presieduto sulla Trump Organization si concluse con una condanna per 17 capi di imputazione. Weisselberg, uomo di fiducia del magnate, si dichiarò colpevole (e ottenne così una pena ridotta): riconobbe di avere gestito per 15 anni uno schema finanziario studiato per eludere le tasse.