Esteri

Ucraina: Mar Nero nuova prima linea, fermenti diplomatici, Meloni da Biden

27
Luglio 2023
Di Giampiero Gramaglia

Il Mar Nero è la nuova prima linea della guerra russo-ucraina, dopo la fine della ‘pace del grano’ decisa dalla Russia, che lamentava la parziale attuazione dell’accordo firmato il 22 luglio 2022. E Odessa, il principale scalo portuario ucraino, è la nuova città martire di questo conflitto. Mosca considera obiettivi militari le navi cargo che, dirette verso i porti ucraini, attraversano specchi d’acqua da lei controllati; e attacca, notte dopo notte, i depositi di cereali, colpendo obiettivi civili ed edifici storico-artistici, come la Cattedrale della Trasfigurazione, la cui devastazione suscita commozione – l’Italia s’è subito offerta di finanziare la ricostruzione -.

La guerra apre nuovi scenari, mentre fonti militari degli Stati Uniti dicono al New York Times che la controffensiva ucraina ha raggiunto la massima intensità, con combattimenti d’artiglieria in atto nell’area di Zaporizhzhia e “migliaia di rinforzi, molti dei quali addestrati ed equipaggiati dall’Occidente”, impegnati in prima linea.

Intorno alla guerra in Ucraina, c’è un grande fermento diplomatico, di cui l’Italia è protagonista perché si svolge a Roma il Vertice sull’alimentazione della Fao e perché la premier Giorgia Meloni, giunta nella notte a Washington, sarà oggi ricevuta alla Casa Bianca dal presidente Usa Joe Biden. Dopo avere avuto incontri al Congresso. E’ scontata la comune riaffermazione della linea atlantica di sostegno all’Ucraina, ma si parlerà pure di Cina e di Africa, anche il vista del torno di presidenza italiano del G7 l’anno prossimo.

Proprio la Cina è al centro dell’attenzione in queste ore, dopo il brusco licenziamento del ministro degli Esteri Qin Gang, sparito da settimane dalla scena pubblica e sostituito dal suo predecessore e capo della diplomazia del partito comunista, Wang Ji. A Pechino, dovrebbe arrivare – non si sa ancora quando –  l’emissario di pace di Papa Francesco, il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Ed è appena stato in visita l’ex segretario di Stato Usa, artefice della ‘diplomazia del ping-pong’ e della ripresa delle relazioni tra Washington e Pechino, l’ultra-centenario Henry Kissinger, ricevuto al presidente Xi Jinping, proprio mentre hacker cinesi attaccavano l’ambasciata Usa.

Mistero sulla rimozione di Qin a parte, sulla Cina c’è tutto un intreccio di notizie contraddittorie. Politico afferma che Pechino ha già fornito alla Russia materiale più che sufficiente “a equipaggiare un esercito”: non strumenti letali, ma mezzi pesanti a doppio uso, civile e militare, i cui traffici “evidenziano falle” nel sistema di sanzioni dell’Occidente alla Russia. E mentre tornano a essere intensi i contatti tra Usa e Cina – Kissinger a parte, sono stati a Pechino il segretario di Stato Antony Blinken, la segretaria al Tesoro Janet Yellen e l’inviato per il clima John Kerry -, ci sono pure gesti e dichiarazioni non concilianti. Sulla lotta al cambiamento climatico, Pechino riconferma la propria autonomia di giudizio e di azione, mentre un sottomarino Usa con armamenti nucleari fa scalo, per la prima volta da decenni, in un porto della Corea del Sud.

Tentativi infruttuosi per ripristinare la ‘pace del grano’
I tentativi di ripristinare la ‘pace del grano’ non sono stati finora fruttuosi. In apertura del Vertice della Fao sull’alimentazione, lunedì a Roma, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres sollecitava la Russia a rivedere la sua decisione, avvertendo che la fine dell’accordo avrà un impatto sui prezzi degli alimentari nel Mondo “ben al di là dell’Ucraina”.

L’intesa, in vigore fino al 18 luglio, permetteva alle navi cariche di cereali di transitare sul Mar Nero lungo corridoi sicuri. Mosca insiste per la reciproca libertà d’esportare i suoi cereali e i suoi fosfati, colpiti dalle sanzioni occidentali. Per Oleh Kiper, governatore della regione di Odessa, la Russia sta cercando di “far morire di fame il mondo”. Kiev ha presentato all’Organizzazione marittima internazionale (IMO) un progetto per creare rotte temporanee a sud-ovest di Odessa.

Mosca nega l’imminenza di un incontro tra i presidenti russo Vladimir Putin e turco Recep Tayyip Erdogan per discutere di come riattivare l’intesa. Per il Financial Times, il Cremlino studia come fare giungere i suoi prodotti ai Paesi africani. Il viceministro degli Esteri Sergej Vershinin afferma: “Per le rotte, è in gran parte una questione tecnico-logistica in fase di elaborazione”.

Alla ricerca di sbocchi per i suoi prodotti e di alleati, la Russia si accinge a organizzare un Vertice con Paesi africani: si parlerà di forniture alimentari, ma anche del ruolo dei mercenari del Wagner nella Regione. Mosca cerca di trasformare una mossa impopolare – la fine della ‘pace del grano’ – nell’opportunità di procurarsi alleati. Con 1,3 miliardi di abitanti e 54 Paesi, l’Africa fa ‘minoranza di blocco’ nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Su AffarInternazionali.it, l’ammiraglio Fabio Caffio spiega che “la Russia mantiene la superiorità, sul piano del conflitto in mare, ma l’Ucraina, con gli attacchi al ponte di Kerch, fa vedere come anche una potente Marina può poco contro piccoli mezzi insidiosi quali i droni navali”.

Crescono le tensioni tra Polonia e Bielorussia
Se le notizie dal fronte sono frammentarie e talora contraddittorie, crescono le tensioni tra Polonia e Bielorussia, dove si sono raggruppati i mercenari della Wagner. Secondo i dati del gruppo di ricerca Gayun, la cui attendibilità è impossibile verificare, i miliziani sistemati nel campo di addestramento di Brestski, a soli 50 chilometri dal confine con la Polonia, sono tra 3.450 e 3.650. Quelli schierati in Ucraina erano circa 25 mila. Si ignora quanti abbiano accettato d’arruolarsi nell’esercito russo.

Andriy Demchenko, portavoce delle guardie di frontiera di Minsk, nega che la Bielorussia ospiti manovre militari che compromettano la sicurezza della Polonia. L’asse tra Aleksander Lukashenko, presidente bielorusso, e Putin preoccupa, però, i Paesi sul confine orientale, specie ora che migliaia di Wagner sono stazionati in Bielorussia.

Domenica 23 luglio, Putin e Lukashenko si sono incontrati al Cremlino, ufficialmente per discutere “questioni di attualità”, come l’ulteriore sviluppo delle relazioni bilaterali, del partenariato strategico e della cooperazione fra i due Paesi. Putin, parlando al Consiglio di Sicurezza russo, rassicurava l’alleato: “Scatenare un’aggressione contro la Bielorussia significa scatenare un’aggressione contro la Federazione russa”.

La Polonia e altri Paesi Nato fanno mosse precauzionali. Il ministero della Difesa di Varsavia rafforza il confine orientale: “L’addestramento e le esercitazioni congiunte dell’esercito bielorusso e del gruppo Wagner sono una provocazione”, afferma Zbigniew Hoffmann, segretario del Comitato per la Sicurezza polacco. La Germania è a fianco della Polonia: “Dove i partner polacchi avranno bisogno di sostegno, lo otterranno”, afferma il ministro della Difesa Boris Pistorius. La Rep. Ceca prende contromisure: è interessata ad acquistare 77 carri armati Leopard di ultima generazione.

A rallentare la controffensiva ucraina, oltre alle posizioni russe fortificate, sono le mine disseminate davanti alle linee difensive russe. Preoccupano in particolare quelle nell’area della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la cui presenza è denunciata dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica, l’Aiea, un ente dell’Onu.

Gli esperti dell’Aiea “hanno visto mine piazzate in una zona cuscinetto tra le barriere esterne e interne del sito”, ha detto il direttore Rafael Grossi. Le mine si trovano “in aree ristrette” e, secondo la valutazione dei tecnici, la loro esplosione “non dovrebbe investire i sistemi di sicurezza nucleare del sito”. Ma Grossi nota che collocare esplosivi presso la centrale “non è coerente con gli standard di sicurezza dell’Aiea e con le linee guida sulla sicurezza nucleare”. Per Mosca, è una contro-mossa agli attacchi condotti dalle forze ucraine contro l’impianto atomico, occupato dai russi all’inizio dell’invasione.

Da Usa e Ue, aiuti a Kiev e sanzioni a Mosca
Anticipata da Politico, la proposta dell’Ue di allestire un fondo da 20 miliardi di euro per mantenere le scorte militari ucraine per i prossimi quattro anni s’è meglio precisata negli ultimi giorni: se l’idea va avanti, l’Ue non comprerà direttamente le armi all’Ucraina, ma aiuterà i Paesi membri a coprire i propri costi di acquisto e donazione a Kiev di munizioni, missili, carri armati e quant’altro. Il piano prevedere anche aiuti per pagare l’addestramento dei soldati ucraini.

E mentre gli Stati Uniti impongono alla Russia nuove sanzioni, l’Unione europea rinnova le proprie fino al 31 gennaio 2024: segno che la guerra non dovrebbe finire prima, almeno nelle previsioni delle diplomazie occidentali. La vasta gamma di misure comprende limitazioni commerciali, finanziarie, tecnologiche, energetiche in vari settori e la messa al bando delle ‘fabbriche della disinformazione’ della propaganda russa.

Il tema della ricostruzione dell’Ucraina, emerso sin dallo scoppio della guerra, continua a essere discusso, ma è complesso e ha molteplici sfaccettature. Su AffarInternazionali.it, Silvia Samorè spiega che la corruzione nel post-conflitto potrebbe essere uno degli ostacoli principali agli investimenti privati per la ricostruzione dell’Ucraina. “Nonostante gli enormi sforzi del governo del presidente Volodymyr Zelensky, e il tentativo di implementare meccanismi di controllo da parte dei partner internazionali, infatti, non si può escludere che parte degli ingenti finanziamenti possa finire nelle tasche di pochi privati: l’esperienza dell’Afghanistan dimostra come questo possa compromettere seriamente la riuscita di un processo di ricostruzione post-conflitto”.

Donatori internazionali hanno promesso oltre 220 milioni di euro per assistere Kiev nel lavoro di sminamento che, dopo la guerra, sarà necessario. I fondi già stanziati verranno da Italia, Usa, Giappone, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia, Lituania, Svizzera, Austria, Canada, Corea del Sud, Ue e dalla Fondazione Howard Buffett.