Esteri

Missili e navi cinesi nelle acque di Taipei. Si tenta la mediazione ma c’è già l’asse Pechino-Mosca

05
Agosto 2022
Di Giampiero Cinelli

Non si placa la tensione tra Cina e Taiwan. Pechino va avanti con l’esercitazione militare e si apprende che stamane aerei e navi da guerra cinesi hanno attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan, nel secondo giorno di mobilitazioni su vasta scala, dopo la visita a Taipei della presidente della Camera dei rappresentanti Usa Nancy Pelosi. Taipei fa sapere che sono stati inviati aerei e navi e che sono stati attivati i sistemi di difesa missilistica. «Il nostro governo e le nostre forze armate stanno monitorando. Siamo pronti a rispondere se necessario», ha detto la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen.

Ieri il primo scossone che ha messo tutti in apprensione. Con manovre e lanci di missili. Vengono lanciati nelle acque territoriali taiwanesi, in sei aree contigue, sette secondo Taiwan. Due distano meno di venti chilometri dalla costa, una meno di dieci e un’altra una cinquantina di chilometri dalla capitale. Operazioni militari mirate, come le chiama Pechino. E ci va di mezzo anche il Giappone, perché cinque missili lanciati dalla Cina sono finiti nella zona economica esclusiva nipponica. Lo ha denunciato il ministro della Difesa di Tokyo Nobuo Kishi, che ha protestato per l’azione di Pechino. Queste sono le situazioni geopoliticamente rilevanti, in cui le altre grandi potenze devono prendere una posizione. Non c’erano dubbi che si sarebbe rivisto l’asse Cina-Russia. Infatti il Cremlino ha dichiarato: «Le esercitazioni militari cinesi vicino a Taiwan sono un diritto sovrano della Cina – parole del portavoce di Putin, Peskov – La tensione nella regione intorno a Taiwan è stata provocata artificialmente e l’ha provocata la visita di Nancy Pelosi. Una visita del tutto inutile e una provocazione non necessaria». Idee che certamente possono sembrare forzate, anche se, tuttavia, va detto che secondo Pechino dovrebbe naturalmente far parte della sua giurisdizione e ha già annunciato di volerla riprendere in futuro. Del resto, molti Stati Onu, tra cui l’Italia, non riconoscono formalmente l’indipendenza di Taiwan, denominata ufficialmente Repubblica di Cina, sebbene intrattengano fitti rapporti commerciali e diplomatici.

Rapporti che non potrebbero non esserci vista l’importanza di Taipei a livello economico e tecnologico. Rappresenta il 64% del fatturato della produzione mondiale di chip. Nei microprocessori più avanzati la quota Taiwanese è il 92%. Per questo si è detto che un’invasione di Taiwan da parte della Cina è meno probabile. Ma dopo quello che è successo in Ucraina, e viste le analogie del contesto, non si può dare niente per scontato. Un primo segnale di dialogo, non bilaterale, c’è stato ieri, alla riunione dei ministri degli esteri dell’Asean, a cui hanno preso parte l’americano Blinken, il cinese Wang e anche il ministro degli esteri russo Lavrov. Inoltre, l’esercitazione cinese è iniziata dopo la ripartenza di Pelosi e forse ciò può voler dire che non siamo ancora al punto di rottura. Vero è che dopo il Coronavirus l’ordine mondiale sempre molto meno ordinato.