Esteri

Ucraina e altre crisi: l’Onu sciorina la sua impotenza; Meloni su Ucraina, migranti, Africa

21
Settembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Giorgia Meloni arriva a New York dov’è in corso al Palazzo di Vetro dell’Onu l’Assemblea generale delle Nazioni unite, 78° edizione di un solenne – e sterile – rito annuale che riunisce leader di quasi tutti i Paesi del Mondo. Ma è fumo negli occhi lasciare credere che possano uscirne progressi sui grandi mali dell’Umanità, l’insicurezza, la povertà, le diseguaglianze, le migrazioni, il cambiamento climatico: l’Assemblea non è un’occasione di negoziato, ma una successione di discorsi, incontri d’area, colloqui bilaterali; una serie di testimonianze, di dichiarazioni di principio, impegni e promesse, spesso contraddittorie l’una con l’altra.

Quest’anno, poi, le assenze prevalgono sulle presenze: dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, l’organo che all’Onu decide – i voti dell’Assemblea non sono vincolanti -, c’è un solo leader, il presidente Usa Joe Biden. Non ci sono Putin, colpito da un ordine di cattura per crimini di guerra della Corte penale internazionale, e Xi; e neppure Macron e Sunak. C’è, invece, all’esordio dal podio, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che l’anno scorso intervenne virtualmente. L’Italia è presente, appunto, con la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Meloni: migranti, lotta globale ai trafficanti; su riforma cacofonia proposte
Nel suo intervento, mercoledì pomeriggio – la notte, in Italia -, Meloni prende spunto dalla “difesa della Patria oltre l’inimmaginabile” dell’Ucraina per “respingere l’utopia di un Mondo senza nazioni e identità”. Sui migranti, la premier Meloni chiede all’Onu di “non voltarsi dall’altra parte”, ma di condurre “una lotta globale senza ipocrisie ai trafficanti”. Sull’Africa vuole “invertire la rotta” di quello che denuncia come “approccio predatorio” e dice che l’Italia “darà il buon esempio con il Piano Mattei” – ne parla anche con il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres .

Il presidente brasiliano Luis Inacio Lula da Silva, che, come vuole la tradizione, parla per primo e che s’è ritagliato un ruolo da protagonista sulla scena internazionale nelle ultime settimane, avverte che, senza dialogo, la guerra in Ucraina non troverà “soluzione duratura”. Lula vuole “contribuire” a risolvere le sfide globali e insiste sull’inadeguatezza dell’architettura della governance mondiale: le proposte di riforma sono una cacofonia; molti, anche Meloni, parlano di Consiglio di Sicurezza “più equo ed efficace”, ma le idee sono diverse e un accordo lontano.

Ucraina: Biden e Zelensky, discorsi in sintonia, incontro alla Casa Bianca
Biden, che racconta i passi fatti dalla sua Amministrazione per affrontare “le sfide più gravi”, invita a non smettere di sostenere l’Ucraina: “La Russia – dice – pensa che il mondo si stancherà e lascerà che brutalizzi l’Ucraina senza conseguenze. Ma vi chiedo: se abbandoniamo i principi fondamentali della Carta dell’Onu per placare un aggressore, quale Stato membro potrà sentirsi sicuro e protetto? Se permettiamo che l’Ucraina sia spartita, l’indipendenza di quale Nazione sarà garantita?”. Biden aggiunge: “Noi e Kiev vogliamo la pace, è la Russia a sbarrarle il cammino”.

Al presidente democratico, candidato alla propria successione a Usa 2024, la retorica pro-Ucraina vale in aula applausi e consensi: ma il discorso, oltre che al Mondo, è rivolto a Washington, perché la crescente tentazione isolazionista dei repubblicani mette a repentaglio la fermezza e la generosità del sostegno Usa. Biden si vanta d’avere ripristinato la leadership Usa compromessa da Trump.

Zelensky, che oggi, giovedì 21 settembre, è a Washington, alla Casa Bianca e al Pentagono, lancia un duro ‘j’accuse’ contro la Russia e avverte che Mosca sta usando come armi “il cibo, l’energia e persino i bambini” e che quando accaduto all’Ucraina può accadere ad altri Paesi, se dovesse ora venire meno il sostegno alla lotta contro l’invasione.

Fra calorosi applausi, il presidente ucraino dice che la controffensiva ucraina “sta avendo successo, soprattutto nell’Est nelle ultime due settimane. Andiamo avanti lentamente, ma andiamo avanti”: indicazioni cautamente confermate dalle intelligence occidentali, finora scettiche.

Poi, un annuncio a sorpresa: l’Ucraina sta preparando “un vertice mondiale della pace” cui invitare tutti i leader mondiali contrari all’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia: “A Hiroshima, Copenaghen e Gedda, ci sono state importanti discussioni sull’attuazione di un piano di pace… Noi stiamo preparando un vertice mondiale… Invito tutti coloro che non tollerano aggressioni a lavorare insieme per questo vertice”.

Il progetto è suggestivo, ma ancora vago e in fondo incoerente: la pace si fa coi nemici; fra gli amici c’è già. Chi continua a tessere la tela del negoziato è Papa Francesco, che torna a sollevare l’allarme sul “Mondo nella morsa di una terza guerra mondiale combattuta poco alla volta e, nel tragico caso del conflitto in Ucraina, non senza la minaccia di ricorrere alle armi nucleari”.

Zelensky prosegue il ‘j’accuse’ inscenato martedì in Assemblea generale partecipando, mercoledì, ai lavori del Consiglio di Sicurezza: chiede che la Russia sia privata del diritto di veto ed afferma che l’Onu non può frenare i conflitti con le regole attuali. Il presidente ucraino illustra il suo piano in dieci punti per superare la guerra, ma né la sua riforma dell’Onu né la sua pace paiono realisti. Zelensky, in un’intervista alla Cnn, chiama in causa il candidato alla nomination repubblicana Donald Trump e lo sprona a svelare il piano che spesso evoca per fare finire il conflitto “in 24 ore”.

Intrecci diplomatici e retroscena dal fronte
Gli intrecci diplomatici proseguono, anche lontano dal Palazzo di Vetro. Si è appreso che a ottobre Putin sarà a Pechino per consultazioni con Xi, che è stato a Mosca in marzo. In Cina è appena stato l’inviato di Papa Francesco, il cardinale Matteo Zuppi, cercando sostegno al tentativo di indurre Mosca al dialogo con Kiev (e viceversa).

Al fronte, la guerra conosce sviluppi di speranza (ma anche d’angoscia) e rivela lati oscuri. Martedì 19, una nave che trasporta grano ha lasciato il porto ucraino di Chornomorsk sul Mar Nero: non era più successo, dopo la sospensione della ‘pace del grano’ decisa da Mosca il 17 luglio. Il viaggio del cargo è periglioso; si svolge lungo un “corridoio umanitario” nel Mar Nero disegnato dall’Ucraina, ma non garantito dalla Russia.

E, intanto, un’inchiesta del New York Times corrobora l’ipotesi che il missile caduto il 6 settembre sul mercato di Kostiantynivka, nella regione del Donetsk, che causò almeno 16 morti, non sia stato lanciato dai russi – comìera stato detto -, ma sia stato un errore dell’esercito ucraino. Il giornale lo scrive avendo potuto i suoi inviati esaminare “frammenti di missili, immagini satellitari, resoconti di testimoni e post sui social media”.

La notte precedente – raccontano i reporter del NYT – le forze russe avevano bombardato la località dove infuriava una battaglia con attacchi incrociati. Il quotidiano sottolinea che le autorità ucraine impedirono ai giornalisti di “accedere all’area dell’impatto nelle fasi immediatamente successive all’attacco”; ma i suoi inviati sono riusciti a recarsi nell’area e a raccogliere resti dell’ordigno.