Esteri

Guerra Israele-Hamas: l’Onu non chiede una tregua, solo più aiuti; l’analisi della decisione

23
Dicembre 2023
Di Giampiero Gramaglia

Venti mila morti ammazzati, oltre mezzo milione di persone che soffrono la fame, circa due milioni di sfollati, in un territorio grande un decimo della città di Roma, con due edifici su tre distrutti o seriamente danneggiati. Ma tutto ciò non basta al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per disporre “una sospensione delle ostilità urgente”.
Dopo giorni di tira e molla per ottenere che gli Stati Uniti non s’astengano, il Consiglio di Sicurezza approva un documento annacquato, che chiede un’accelerazione degli aiuti umanitari, ma si limita ad appoggiare l’idea di una pausa nei combattimenti, senza chiederla. Attualmente, nella Striscia, quando va bene, entra un decimo dei tir abitualmente necessari al sostentamento della popolazione. Gli Stati Uniti, ma anche la Russia, per motivi diversi, si sono astenuti.
La mozione è stata approvata, ma avrà scarso impatto. Israele sottolinea che “mantiene l’autorità delle forze di sicurezza israeliane di monitorare e ispezionare gli aiuti in ingresso a Gaza”; e ringrazia gli Stati Uniti e il loro presidente Joe Biden “per la ferma posizione al nostro fianco”. L’Onu – è l’accusa che viene da Gerusalemme – “tace di fronte alle atrocità del 7 ottobre” e “guarda solo agli aiuti a Gaza”, invece di pensare alla “crisi degli ostaggi”.
A innescare il conflitto furono i raid terroristici del 7 ottobre in territorio israeliano: miliziani di Hamas e di altre sigle palestinesi fecero 1200 vittime e presero 240 ostaggi, circa 130 dei quali restano in mani palestinesi (oltre cento sono stati liberati nella settimana di tregua a fine novembre).
Il voto del Consiglio di Sicurezza è arrivato dopo una serie di rinvii causati dall’impegno a evitare, com’era accaduto due settimane or sono, il veto degli Usa, che restano solidamente vicini a Israele, nonostante i tentativi senza esito di esercitare una ‘moral suasion’ per ridurre uccisioni e sofferenze dei civili.
Il 12 dicembre, l’Assemblea generale delle Nazioni unite aveva chiesto, a larghissima maggioranza, una tregua. Ma quel voto non ha carattere vincolante, come avrebbe invece un ordine del Consiglio di Sicurezza.
Con la guerra ormai giunta sulla soglia dell’80° giorno, rapporti dell’Onu dicono che oltre un quarto della popolazione di Gaza, 570 mila persone per la precisione, soffrono “una fame devastante”, perché nella Striscia non entra cibo a sufficienza: peggio che le recenti carestie in Afghanistan e nello Yemen.
Scrive l’Ap, parafrasando i documenti dell’Onu: “In poco più di due mesi, l’offensiva israeliana ha causato più distruzioni che ad Aleppo, rasa al suolo tra il 2012 e il 2016, e a Mariupol in Ucraina… Per certi aspetti, le devastazioni sono state superiori a quelle provocate dai bombardamenti alleati sulla Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale… La campagna nella Striscia ha ucciso più civili di quella condotta per tre anni contro il sedicente Stato islamico, l’Isis…”.
L’avere costretto circa due milioni di palestinesi, praticamente tutta la popolazione della Striscia, che era di 2,2 milioni prima del conflitto, ad abbandonare le loro case, rappresenta l’esodo maggiore nella Regione dal 1948, quando venne creato lo Stato di Israele. Poche aree della Striscia sono state risparmiate da bombardamenti e combattimenti e gli ordini di evacuazione di Israele, spesso casuali e confusi, hanno costretto i rifugiati ad ammassarsi in zone sicure di dimensioni sempre più ridotte.
Il Ministero della Sanità di Gaza ha annunciato che il numero delle vittime ha superato le 20 mila, con oltre 50 mila feriti: un abitante su cento della Striscia è stato ucciso, uno su 40 è stato colpito; donne e bambini rappresentano il 60% delle perdite umane.
Le preoccupazioni internazionali per l’impatto sui civili dell’offensiva israeliana vanno crescendo, e pure il danno di immagine per Israele nelle opinioni pubbliche, senza che se ne intravveda una fine e senza che ci sia una prospettiva di soluzione politica per il futuro assetto della Striscia.
Gli appelli dell’Amministrazione Biden al Governo Netanyahu perché riduca le perdite civili sono sostanzialmente disattesi, così come gli allarmi delle organizzazioni internazionali perché fame e malattie stanno diffondendosi nella Striscia sull’orlo del collasso.

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