Esteri
Guerra e pace: 48 ore cruciali, Trump sente gli europei, vede Zelensky e poi Netanyahu
Di Giampiero Gramaglia
C’è molta attesa, venata, però, di altrettanto scetticismo per il doppio incontro che, tra domenica e lunedì, potrebbe cambiare l’umore del Mondo dalla guerra alla pace: domani, alle 15.00 in Florida (le 21.00 in Italia), si vedranno i presidenti Usa Donald Trump e ucraino Volodymyr Zelensky – colloquio preceduto, oggi, da un consulto telefonico con i leader europei; lunedì, si incontreranno Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu.
Lo scetticismo è in gran parte funzione dell’imprevedibilità di Trump, che alterna pulsioni alla pace, sia pure ‘ingiusta’ e ‘del più forte’, ma che ha comunque il vantaggio di sospendere le ostilità, ad atti di guerra gratuiti e al di fuori di ogni legalità internazionale, come gli attacchi in Nigeria contro presunte postazioni Isis nella notte tra Natale e Santo Stefano o gli affondamenti arbitrari, al di fuori di ogni legalità internazionale, di asserite imbarcazioni di narco-trafficanti nei Caraibi e i sequestri in acque internazionali di petroliere che trasportano petrolio venezuelano.
Oggi, nel Mondo, c’è un americano che dice le cose giuste – ma nessuno le ascolta e tantomeno le mette in pratica -: è Papa Leone XIV, che predica pace e tolleranza. E ce n’è uno che dice e che fa cose profondamente sbagliate, ma tutti pendono dalle sue labbra perché lo temono: è Trump. Il Papa avverte la differenza, quando invita “a non ridicolizzare” chi “crede nella pace”.
Il sito Axios titola, in esclusiva, che Zelensky sarebbe disponibile a indire un referendum sul piano di pace di Trump, se la Russia accetta un coprifuoco di 60 giorni. Ma il piano cui il leader ucraino fa riferimento non è quello russo-americano in 29 punti, ma quello ucraino-europeo in 20 punti, già molto lontano dai desiderata di Mosca.
Kiev parla di progressi verso la pace: “Molto può essere deciso entro fine anno”. E Mosca dice che “la pace non è mai stata così vicina”, ma aggiunge che “l’Ucraina e l’Europa vogliono affossarla”. Dichiarazioni di circostanza, fatte per addossare all’antagonista la responsabilità di un fallimento. Trump attende Zelensky con lo stato d’animo di chi è convinto che l’accordo lo decide lui e che l’Ucraina non ha le carte in mano per opporsi: ‘L’incontro – dice – andrà bene, ma Zelensky non ha nulla di concreto finché non lo approvo io…”. E’ l’atteggiamento che, il 28 febbraio, innescò l’aggressione verbale al leader ucraino nello Studio Ovale.
Per evitare di finire nell’angolo, Zelensky fa concessioni: secondo il Washington Post, è ora aperto all’idea di una zona demilitarizzata nel Donbass, se il presidente russo Vladimir Putin la accetta (cosa che al momento non è affatto certa). Trump dice che sentirà anche Putin “molto presto”.
Le cronache militari delle ultime ore non lasciano supporre né tregua né tanto meno pace: combattimenti al fronte, senza movimenti di rilievo; e bombardamenti notturni.
L’incontro tra Trump e Netanyahu si annuncia, invece, meno problematico, anche se di recente Usa e Israele hanno avuto qualche screzio, per le rotture della tregua da parte dell’esercito israeliano e per i crimini dei coloni in Cisgiordania – screzi che sono, però, giochi delle parti -. I due leader devono discutere la seconda fase del piano di pace approvato ai primi di ottobre, da quando, cioè, è in vigore una fragile tregua già contrappuntata di oltre 400 vittime palestinesi nella Strscia di Gaza, senza contare le vittime dei coloni in CisGiordania e sporadici atti di terrorismo letali compiuti da ultra palestinesi.
I media Usa fanno un bilancio non positivo dell’attacco all’Isis in Nigeria: in un reportage, la Cnn scrive che “la Casa Bianca sostiene di avere colpito postazioni dello Stato islamico da cui partivano attacchi ai cristiani della Regione, ma la gente del villaggio di Jabo, nella Nigeria nord-occidentale, riferisce di non sapere della presenza dell’Isis in zona”. L’attacco avrebbe sfiorato l’unico presidio medico di tutta l’area.
Per il Washington Post, l’azione militare coinvolge gli Stati Uniti in un conflitto etnico-religioso che va avanti da molti anni: “Il presidente dice di avere agito per proteggere i cristiani, ma specialisti riferiscono che la violenza dei militanti islamici colpisce sia cristiani che musulmani”. Il che è poi quanto il presidente della Nigeria Bola Tinubu aveva spiegato a Trump che gli contestava violenze contro i cristiani ricevendolo alla Casa Bianca.





