Esteri

Fast Fashion, la Francia vicina alla prima legge che lo limita

18
Marzo 2024
Di Giampiero Cinelli

La Francia si appresta ad essere la prima nazione a legiferare sulla moda. O meglio sul mercato dell’abbigliamento. La Camera Bassa (equivalente della nostra Camera) ha infatti approvato una proposta di legge che tassa i capi a bassissimo costo e ne vieta la pubblicità, in quanto ritenuti altamente inquinanti, essendo prodotti in massa e con procedure di scarsa qualità, finendo nella spazzatura con una frequenza molto più alta di altri vestiti. Si tratta, insomma, del fenomeno del “fast fashion”, già evidenziato e condannato in documentari molto noti.

Una volta entrata in vigore la legge, i produttori saranno obbligati a informare i consumatori sull’impatto ambientale della loro produzione. Dal prossimo anno è previsto un sovrapprezzo legato all’impronta ecologica di 5 euro a capo, che salirà a 10 euro entro il 2030. Il sovrapprezzo non potrà comunque superare il 50% del prezzo di un articolo. Il “bonus-malus” dovrà essere ridistribuito nell’industria dell’abbigliamento, in particolare a favore dei produttori di abbigliamento sostenibile.

La misura è anche pensata alla luce delle difficoltà che i marchi nazionali incontrano negli ultimi anni, registrando molte chiusure si crede anche a causa della concorrenza di distributori online stranieri improntati al fast fashion come Shein.

Parigi sceglie la guerra aperta a quell’e-commerce in grado di sfornare in media 7.000 offerte al giorno, incrementando un mercato conveniente che però produce 5,2 milioni di tonnellate di rifiuti in abbigliamento e calzature all’anno, dodici chili a cittadino, oltre a impegnare quasi 100 miliardi di metri cubi d’acqua. Per porre un freno la proposta francese dispone la fine della pubblicità mirata su Internet e delle collaborazioni a scopo pubblicitario, in particolare quelle che coinvolgono gli influencer. I rivenditori saranno inoltre obbligati a pubblicare messaggi che incoraggino il riutilizzo e la riparazione dei prodotti venduti online, sensibilizzando i consumatori sul loro impatto ambientale.

Il rivenditore digitale Shein ha detto di essere disposto a mettere un’informativa sul proprio sito, a patto che lo facciano anche gli altri venditori di moda. Il gruppo di destra gollista ‘Les Republicains’ ha votato a favore criticando l’articolo riguardante la pubblicità, temendo che possa svantaggiare il settore in generale.