Economia

Superbonus, è allarme. Dubbi sulla capienza fiscale delle banche

21
Settembre 2022
Di Giampiero Cinelli

Il Superbonus non trova pace. Nonostante l’emendamento approvato nel Decreto Aiuti Bis, in cui si esclude la colpa in solido del cessionario o del contraente, se non in casi di colpa grave o dolo, fatto per cercare di riattivare la circolazione dei crediti, preoccupa molto la relazione conclusiva della Commissione Parlamentare sul sistema bancario e finanziario, datata 13 settembre 2022, in cui si afferma che la «capienza fiscale delle banche è sostanzialmente interamente esaurita».

Per capienza fiscale, intendiamo la grandezza massima di versamenti tributari/contributivi che la banca può compensare con i crediti. Dal questionario che la Commissione ha sottoposto a undici banche tra le più importanti, è emerso che questa cifra annualmente ammonta a 16.231.582.747 euro. Moltiplicato per cinque anni arriviamo a 81.157.913.737 euro. In dieci anni 162.315.827.474 euro. Il problema ora risiede nel numero complessivo di crediti impegnati, che determinerebbe appunto la fine della possibilità per le banche di far proseguire il meccanismo dei crediti. Si legge infatti nella relazione che: «Passando, invece, all’analisi dei crediti fiscali acquistati (crediti erogati) e potenzialmente acquistabili (pratiche in lavorazione o deliberate) da parte delle banche emerge che, nel biennio 2020-2022, le stesse banche hanno assunto impegni per crediti fiscali pari complessivamente a 76.989.096.317 euro».

Nell’ipotesi quindi che le pratiche in lavorazione o deliberate giungano a buon fine, lo spazio fiscale delle banche è quasi terminato. Diverso il discorso se consideriamo i crediti su un arco di dieci anni. Ma, secondo varie stime, la maggior parte delle operazioni di cessione del credito riguardano il Superbonus 110%, che ha un arco di vita di cinque anni. Un bel guaio, insomma, per chi non ha ancora ottenuto l’avvio della sua pratica o per chi, in futuro, programmava di cedere il suo credito in banca. Cioè per la maggior parte le imprese edili. Un rimedio potrebbe essere quello di estendere la durata del Superbonus a 10 anni, con il rischio però di vedere aumentare il tasso di sconto applicato dalla banca al cessionario. Oppure liberare spazio fiscale sbloccando il numero di cessioni, che attualmente può arrivare anche a quattro, nel caso in cui gli istituti di credito cedano il credito a soggetti professionali (partite Iva) che abbiano un conto corrente presso la banca. Nonostante le ultime modifiche legislative lo consentano, la grande incertezza e complessità del tema ha, di fatto, fin ora, incentivato solo due cessioni.

Sarà bene quindi che il prossimo governo intervenga nuovamente, cercando di districare il groviglio che pesa sulla questione dei bonus da parecchio tempo e mitigando rischi e disagi per i privati. Come, per esempio, il limite del 30 settembre, per le unità unifamiliari, affinché si possa dimostrare di aver concluso almeno il 30% dei lavori e ottenere quindi la proroga del beneficio fino al 31 dicembre. I tecnici avranno molto da fare, se questa misura vorrà essere salvata e protratta. L’esecutivo di Mario Draghi non l’ha mai amata e non lo ha nascosto. Tuttavia, evitare di risolvere gli aspetti più macchinosi espone migliaia di aziende al rischio chiusura e i cittadini a serio stress.

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