Economia

Made in Italy, oggi una salvezza che non deve finire

10
Aprile 2024
Di Giampiero Cinelli

Il 15 aprile sarà la giornata del Made in Italy, come voluto dal governo Meloni, che punterà le luci su questo tema fino al 21 aprile con iniziative ad hoc. Sul Made in Italy, appunto, non devono spegnersi i riflettori, perché è ancora, e senza ombra di dubbio, la forza trainante del Paese in questa fase storica più incerta, nuova e competitiva. L’export italiano è cresciuto del 48% nell’ultimo decennio e ora il Pil è composto per il 40% da export. Nel 2012 era il 24%.

Un Made in Italy che però, forse, deve difendersi anche da “se stesso”, visti i problemi legati al calo demografico che affliggono l’Italia e che via via determinano grande difficoltà nel reperire manodopera in età da lavoro. Anche tra i giovani che negli ultimi tempi scelgono sempre più lavori non manuali. Abbiamo perso un quinto di under 35 negli ultimi 20 anni, un trend che preoccupa anche Maurizio Marinella, Ceo della sartoria di lusso napoletana E. Marinella, il quale a Largo Chigi, il talk di The Watcher Post, ha ricordato di aver proposto negli anni passati alla politica di creare un’università degli antichi mestieri, che sarebbe stata utile alla formazione dei giovani e alla tutela del Made in Italy. Oggi l’azienda Marinella offre talvolta corsi organizzati da lei, ma nota una insufficiente attività esterna volta a salvaguardare il know-how italiano. L’interesse alla formazione infatti arriva molto dai Paesi extra-europei, tuttavia la preoccupazione del Ceo è di tenere viva una certa passione nei ragazzi di cultura italiana.

Ha parlato a Largo Chigi Tullio Patassini, consigliere del Presidente della Commissione Attività Produttive alla Camera, concentrandosi sull’indagine conoscitiva che ha condotto alla legge sul Made in Italy. Emerse nell’indagine che il Made in Italy è uno dei tre marchi più conosciuti al mondo, non solo per il fashion e il food ma anche ad esempio per la chimica o la meccanica di precisione. Su questa scia la legge sul Made in italy, ha sottolineato Patassini, istituisce il fondo nazionale di tutela del marchio, di tutela delle filiere e degli antichi mestieri mettendo risorse sulla formazione.

Va ricordato che l’Italia è sostanzialmente la seconda manifattura d’Europa dopo la Germania, anche grazie alle sue micro-imprese fino a 20 dipendenti, che sono 349.000 per un volume di addetti di 1.350 milioni. Ma come ha affermato a Largo Chigi il senatore del M5S Luigi Nave, nel segmento delle Pmi (30.000 imprese), il valore dell’Italia supera quello della Germania in vari ambiti, si pensi peraltro al comparto delle cartiere. Questo secondo Nave grazie agli investimenti fatti negli anni in modernizzazione, riassunta nell’espressione Industria 4.0. Oggi però quella spinta potrebbe rallentare, avverte Nave, a causa della macchinosità nel mettere a frutto i soldi del Pnrr, di cui ad oggi sono stati spesi solo 42 miliardi, quindi ancora meno relativamente ai progetti delle produzioni Made in Italy.

Difficoltà nel trovare personale, meno nascite, investimenti insufficienti. Eppure secondo molti il nucleo che può assicurare lunga vinta nel futuro al marchio Italia è la riscoperta della passione per gli antichi mestieri; studi avevano mostrato un ritorno al lavoro con le mani, ma purtroppo ciò accade in prevalenza nelle piccole città, ha fatto notare Davide Vecchi, direttore editoriale dell’Agenzia Dire, a Largo Chigi, ricordando in trasmissione l’incontro proprio con la realtà Marinella a Napoli, nella boutique dove si può anche sorseggiare un caffè e farsi fare una cravatta al momento. Un’esperienza emozionale, di scoperta di antichi saperi e tradizioni, che Maurizio Marinella fa ancora vivere ai tanti stranieri che arrivano nel negozio, descrivendone a Largo Chigi la sorpresa e coinvolgimento. «Dall’intelligenza artificiale all’intelligenza artigianale», il motto proposto dal Ceo, che nell’unicità italiana desidera continuare a credere.