Economia

La “tempesta perfetta” sull’economia globale

06
Luglio 2022
Di Jacopo Bernardini

Il Noreaster è un ciclone di particolare intensità che si sviluppa generalmente lungo la costa orientale degli USA tra la fine dell’autunno e l’inizio della primavera. Nel periodo di Halloween del 1991, un consistente afflusso di aria calda dal Sud e di aria fredda dal Nord, insieme all’umidità proveniente dalle perturbazioni della corrente del Golfo, si scontrarono dando origine a una tempesta di eccezionale potenza, che si meritò l’appellativo di “tempesta perfetta”. Il ciclone imperversò nell’oceano Atlantico per giorni, causando diversi morti e centinaia di milioni di dollari di danni.

Con una dinamica simile, nelle ultime settimane, un mix di elementi potenzialmente nefasti si sta addensando sui cieli dell’economia globale.

L’indice S&P 500 di Wall Street, che segue l’andamento di un paniere formato dalle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione, a fine giugno ha registrato la peggior perdita semestrale dagli anni ’70. L’Fmi, il Fondo Monetario Internazionale, ha rivisto al ribasso le stime di crescita degli Usa (dal 3,7% al 2,9% per il 2022).

Per quanto riguarda il nostro Paese, la Banca d’Italia ha ritoccato le previsioni di crescita, che si fermano al 2,6% per il 2022 (dal 3,8% di gennaio) e che scendono all’1,6% nel 2023 e all’1,8% nel 2024. Nello scenario avverso di uno choc energetico la crescita sarebbe zero quest’anno e negativa (-1%) il prossimo.

Nelle stime relative all’inflazione si prevede un +6,2% nel 2022 nello scenario base e +8% in caso di escalation della guerra russo-ucraina (2,7% nel 2023 e 2% nel 2024).

Ma come siamo arrivati a questo punto? Ci sono diversi motivi.

Innanzitutto, l’enorme creazione di denaro (e quindi di debito) negli ultimi anni da parte delle Banche Centrali, Fed e BCE in primis, ha fatto aumentare i prezzi. La Fed, dall’inizio della pandemia, ha aumentato la base monetaria di 4 trilioni di dollari, un ammontare sbalorditivo. Ora le Banche Centrali cercano di calmare l’inflazione aumentando i tassi di interessi, sottraendo quindi denaro e credito alle persone e alle imprese, anche se questo, a sua volta, indebolisce l’economia, minacciando crescita e occupazione.

L’inflazione è stata alimentata anche da altri principali fattori, tra cui la pandemia (con la concomitante fine del cosiddetto “sconto cinese”), la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni. Un fenomeno dunque strutturale per cui, secondo gli analisti, ci saranno pressioni inflazionistiche come minimo per il prossimo anno o due, con la reale possibilità di una contrazione economica in Europa e nel mondo.

Un altro elemento che influisce nell’equazione suona quasi come un paradosso: è il fenomeno delle “grandi dimissioni”. Molti lavoratori hanno abbandonato mansioni pesanti e non abbastanza remunerate, e così il costo del lavoro ha cominciato a salire, altra causa d’inflazione.

Questo cambiamento epocale – dall’era del denaro facile alla paura della recessione – avrà a sua volta diversi effetti.

Innanzitutto, ogni bene considerato rischioso dagli investitori sarà sotto attacco ogni volta che i mercati scendono. È per questo che la bolla delle criptovalute si sta sgonfiando, e per gli stessi motivi è forte la pressione anche sui titoli iper-valutati negli ultimi anni, come le big tech Apple, Amazon e Google. Lo stesso vale per i Paesi che appaiono deboli per via dell’alto debito pubblico. A prescindere dall’annunciato “scudo anti-spread” della Bce, l’Italia sarà uno dei bersagli.

Un’altra delle principali conseguenze è che le banche centrali, avendo sottovalutato l’avanzata dell’inflazione, hanno perso credibilità di fronte ai mercati, e molti le stanno già mettendo sul banco degli imputati. Ciò significa che le loro parole e quelle dei loro governatori, a meno che non siano supportate da azioni forti e concrete, potrebbero contare molto meno che in passato.

Non a caso Bridgewater Associates, uno dei più importanti hedge fund al mondo con circa 220 miliardi di dollari di asset in gestione, ha costruito una posizione short, di vendita allo scoperto, sulle società europee (da Totalenergies a Sanofi, passando per Allianz e Santander), per 10,5 miliardi di dollari.

Proprio Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, in una recente intervista a Repubblica, ha indicato alcune soluzioni, sostenendo che nonostante tutto, nel mondo, ci sia molta ricchezza, e che gli standard di vita, in media, siano più elevati che nel passato. “La capacità dell’uomo di inventare strumenti che migliorano la nostra vita non è mai stata così grande. Dobbiamo solo aumentare le dimensioni della torta e dividerla in maniera intelligente”. Anche se la storia, ha aggiunto, “suggerisce che non è probabile”.

Il timore italiano è che si ripetano le dinamiche una decina d’anni fa: un aumento degli spread che terrorizza cittadini e imprese, paralizza gli investimenti interni con un effetto domino sui grandi investitori esteri interessanti ai progetti infrastrutturali, e congela i consumi interni. Una spirale perversa di eventi che spezzerebbe la crescita che si era innescata.

Un mix di elementi pronti a deflagrare, un po’ come successe con “La tempesta perfetta” del 1991, dalle cui vicende nel 2000 venne tratto un film. Protagonista George Clooney, capitano di un peschereccio che, ingolosito da un’ottima battuta di pesca “sfida” la tempesta perfetta. Con scarso successo.

La speranza è che, coloro che sono tenuti a prendere decisioni sul futuro economico del pianeta, si dimostrino capitani più lungimiranti.

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