Economia

DEF: ecco cosa è emerso nelle audizione in Parlamento

18
Aprile 2019
Di Redazione

 

Tra lunedì 15 e la mattinata di mercoledì 17 aprile si sono svolte in Parlamento le consuete audizioni per l’esame dei contenuti del Documento di Economia e Finanze (DEF). I soggetti auditi sono tanti: Confapi, Alleanza cooperative italiane; Confagricoltura; CIA, Coldiretti, Copagri, Svimez, CGIL, CISL, UIL, UGL, Confindustria, Rete Imprese Italia, ANCI, UPI, Conferenza Regioni e Province autonome, Sbilanciamoci!, CNEL, ISTAT, Banca d’Italia, Ufficio Parlamentare di bilancio, Corte dei Conti e il Ministro dell’Economia.

Vediamo di seguito cosa hanno detto alcuni degli auditi. Il Presidente dell’ISTA, Carlo Blangiardo, ascoltato nella giornata di ieri ha toccato varie tematiche, partendo dalla questione IVA. In particolare ha dichiarato che “la stima contenuta nel quadro appare compatibile con uno scenario di non pieno passaggio dell'aumento dell'Iva sui prezzi” e che “l'incremento dei prezzi dovuto all'aumento dell'Iva porterebbe a un effetto depressivo sui consumi che nel quadro delineato potrebbe essere nell'ordine di 0,2 punti percentuali”. Inoltre ha fatto riferimento, tra le altre cose, anche al tema del prelievo fiscale sulle imprese, al commercio estero e al debito, affermando che: “i provvedimenti simulati riferiti al ripristino dei super-ammortamenti e alle modifiche della mini-Ires sono attesi generare una riduzione del prelievo fiscale per le imprese pari a 2,2 punti percentuali (…)Per quanto riguarda la mini-Ires si stima un impatto maggiore sulle grandi imprese, soprattutto su quelle che appartengono a un gruppo fiscale o sulle imprese multinazionali. Il risparmio fiscale complessivo attribuito alla misura risulterebbe pari all'1,7%.”; in tema di commercio estero ha dichiarato: “Per i prossimi mesi, l’indicatore anticipatore evidenzia il proseguimento di una fase di debolezza dei livelli di attività economica, seppure con qualche segnale di attenuazione della tendenza negativa dei mesi precedenti. I dati sul commercio estero segnalano alcuni elementi di vivacità. A gennaio le esportazioni sono aumentate (…) Nel complesso, tra novembre e gennaio sono stati i beni di consumo durevoli e non durevoli a trainare il miglioramento delle vendite sui mercati esteri, mentre i beni intermedi e quelli strumentali hanno registrato un calo.”. Parlando di debito, il Presidente dell’ISTAT ha ipotizzato un miglioramento della situazione affermando che: “Per il 2019 è previsto un ulteriore aumento di 0,4 punti percentuali raggiungendo così il 132,6% del Pil. Nel triennio successivo si registra un’inversione di tendenza con una continua diminuzione che porterebbe, nel 2022, a un debito pari al 128,9% del Pil.”

Passando alle dichiarazioni del Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio Giuseppe Pisauro (tendenzialmente non positivo nei confronti delle misure messe in campo dal Governo), anche in questo caso le tematiche trattate sono moltissime. In tema di debito pubblico, il Presidente Pisauro non è stato così positivo come Blangiardo. Infatti ha dichiarato inizialmente che: “il Def prende atto dello sforamento del deficit rispetto al livello atteso per il 2018 e della traiettoria meno favorevole dei conti pubblici tendenziali, a seguito del peggioramento congiunturale dell’economia. In assenza di interventi, il deficit pubblico aumenterebbe al 2,4% del Pil nel 2019, per scendere al 2% nel 2020 e all’1,8 a all’1,9% nei due anni successivi.” Ma poi ha precisato che: “Dallo stesso Def si desume peraltro che il disavanzo a politiche invariate ed escludendo l’aumento dell’Iva previsto con le clausole di salvaguardia, salirebbe in percentuale del Pil dal 2,4% nel 2019 al 3,4% nel 2020, al 3,6% nel 2021 e al 3,8% nel 2022. In questo scenario, ed escludendo inoltre i proventi attesi dalle privatizzazioni (di difficile realizzazione), il debito pubblico in rapporto al Pil continuerebbe a salire anche dopo il 2019 per arrivare sopra il 135% nel 2022 dal 132,2% del 2018”.

Insomma, il Presidente Pisauro stima un andamento negativo complessivo per i prossimi anni del rapporto debito pubblico/PIL e il tutto si inserisce in uno scenario economico di medio termine condizionato da rischi che, secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio sono “imputabili a ulteriori peggioramenti del contesto internazionale; connessi a squilibri finanziari, tali da indurre un rapido aumento dei rendimenti richiesti dagli investitori internazionali che penalizzerebbero le economie, come quella italiana, con emittenti pubblici e privati con basso rating sul merito di credito; indotti dall’incertezza sulle politiche economiche, che incide sulle scelte di consumo e di investimento di famiglie e imprese”.

Infine, ieri mattina, il Ministro Tria ha completato il ciclo di audizioni e, tra i vari punti toccati, rilevano le sue dichiarazioni sul possibile aumento dell’IVA. Il Ministro in particolare ha dichiarato che “L’aumento dell’Iva è nella legislazione vigente e questo Def non corregge o non cambia questa legislazione. Ciò lascia aperto in quello che verrà deciso in seguito, nel dibattito politico e nell’analisi di compatibilità che si stanno portando avanti, un intervento per delle misure che ho chiamato misure alternative. Inutile pensare che si possano definire oggi. (…) Su particolari proposte di flat tax o particolari rimodulazioni dell'Iva circolano stime fatte anche un anno fa. Si possono fare stime di ogni tipo di vari disegni possibili di modifiche delle aliquote Irpef più o meno avanzate secondo una certa progressione, è ovvio che al Mef le stime su possibili misure sono fatte in continuità. Alcune cose uscite sulla stampa riguardano stime fatte circa un anno fa, nel luglio scorso. È legittimo che nel Paese si discuta di possibili riforme in una direzione o nell'altra”.

Per concludere, in tema di occupazione, il Ministro ha lanciato un messaggio positivo per il medio termine, dichiarando: “Il 2019 sarà influenzata dalla debole fase ciclica e da un atteso aumento della produttività oraria del lavoro, con il risultato di una riduzione delle unità di lavoro pari allo 0,1 %.. La crescita degli occupati proseguirà nel corso del triennio portando a un nuovo massimo del 60% nel 2022.” 

 

Fabiana Nacci