Economia

La Bce alza ancora i tassi. Avanti fin quando l’inflazione non scende

15
Dicembre 2022
Di Giampiero Cinelli

Un’altra stretta. Stavolta di 50 punti base, un po’ meno delle attese. La Bce ha comunicato oggi i suoi interventi sui tassi di interesse interbancari. I tre di riferimento, ossia il tasso di rifinanziamento principale, il tasso di rifinanziamento marginale e il tasso sui depositi presso la Banca Centrale, arrivano rispettivamente al 2,50%, 2,75% e 2,00%.

L’Istituto di Francoforte ha fatto sapere che altri interventi sui tassi si vedranno in futuro, con l’obiettivo di tendere ad un’inflazione del 2%, che è lo standard secondo lo statuto della Banca, spiegando nel comunicato: «L’inflazione si è collocata al 10,0% a novembre (Eurostat), livello lievemente inferiore rispetto al 10,6% di ottobre. Questo calo è riconducibile principalmente all’andamento più moderato della componente energetica. L’inflazione dei beni alimentari e le pressioni di fondo sui prezzi in tutta l’economia si sono rafforzate e si protrarranno per qualche tempo. In un contesto di eccezionale incertezza, gli esperti dell’Eurosistema hanno rivisto significativamente al rialzo le proiezioni sull’inflazione, che si porterebbe in media sull’8,4% nel 2022 per poi scendere al 6,3% nel 2023». Nel 2024 invece ci si aspetta un calo al 3,4% e nel 2025 una discesa fino al 2,4%. Tutte le stime includono la composizione energetica e alimentare dell’inflazione.

La politica monetaria si riduce

Orientato alla stabilità dei prezzi e al controllo del tasso d’interesse anche l’annuncio di una riduzione dei programmi d’acquisto di titoli presso le banche. «La Bce da marzo 2023 diminuirà il suo portafoglio nell’ambito del programma PAA. L’Eurosistema reinvestirà solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza. Il ritmo di tale riduzione sarà pari in media a 15 miliardi di euro al mese sino alla fine del secondo trimestre del 2023 e verrà poi determinato nel corso del tempo».

Come si legge: «Il Consiglio direttivo intende continuare a reinvestire, integralmente, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PAA sino alla fine di febbraio 2023. Successivamente il portafoglio del PAA sarà ridotto a un ritmo misurato e prevedibile, in quanto l’Eurosistema reinvestirà solo in parte il capitale rimborsato sui titoli in scadenza». Per quanto riguarda il capitale rimborsato dei titoli del programma PEPP, ad ogni modo, i reinvestimenti continueranno fino alla fine del 2024.

Il board nella nota non ha nascosto di temere una contrazione dell’economia europea nel prossimo trimestre, e tra i rischi c’è anche la recessione, nel caso pronosticata come poco profonda e breve, dovuta appunto al caro energia, al rallentamento degli scambi a livello globale e appunto alle politiche monetarie restrittive. La moneta unica potrebbe deprezzarsi. Al momento comunque l’euro si trova a 1,06 sul dollaro. Da ricordare che anche la Fed ieri ha operato un innalzamento dei tassi di 50 punti base, portando il costo del denaro al 4,25%. Per quanto riguarda l’economia europea, la Bce ha stimato una crescita del 3,4% nel 2022, dello 0,5% nel 2023, dell’1,9% nel 2024 e dell’1,8% nel 2025.

Le future decisioni di politica monetaria verranno comunicate a febbraio.

Cosa significa per i cittadini

Alzare il costo che una banca privata sostiene nell’acquistare denaro presso la Banca Centrale, ha in generale una ricaduta anche nell’economia reale e in finanza. Nell’economia reale, influenza il tasso che una banca applicherà a chi gli chiede un prestito, che si tratti di un’impresa o di un privato cittadino. Tuttavia, il legame più evidente lo si nota sui mutui, i cui tassi tendono più facilmente ad allinearsi. Il costo del denaro è importante anche per lo Stato, che potrebbe trovarsi a offrire maggiori interessi sui titoli che emette per finanziare il suo debito pubblico, qualora gli istituti di credito stiano pagando di più il denaro che a loro serve. Ma allora perché la Banca Centrale prende tali decisioni? Precisamente per generare un effetto regressivo sul sistema economico quando l’inflazione è troppo alta e c’è il rischio che si inneschi una spirale. Tuttavia, come hanno fatto notare alcuni esperti, la salita dei prezzi non è dovuta a un’attività economica particolarmente vivace, quanto all’impennata dei costi delle fonti energetiche e agli squilibri nelle catene di approvvigionamento dopo l’uscita dalla pandemia.