Cultura

Università italiane, promosse o bocciate?

28
Aprile 2022
Di Daniele Bernardi

Dopo il QS World Ranking University, la classifica delle università del mondo uscita alcune settimane fa e che ha visto gli atenei italiani scalare diverse posizioni (incoronando La Sapienza come eccellenza mondiale negli studi classici), è da poco uscito il un nuovo report del Center for World University Rankings (CWUR).

La metodologia applicata dal CWUR per stilare la classifica è basata su quattro indicatori: per un 25% dalla qualità dell’istruzione, calcolata sulla base del prestigio accademico degli aulmni, rapportato alle dimensioni effettive dell’università (il prestigio accademico è inteso come il riconoscimento di premi o semplicemente per essersi distinti nel proprio settore); un altro 25% è dato dall’employability, calcolata attraverso il numero di alunni che ricoprono ruoli manageriali in importanti aziende legate al proprio campo di studi; per il 10% viene presa in considerazione la qualità dell’ateneo, in particolare del suo copro docenti, analizzando sempre il loro prestigio accademico; infine, più importante, la performance in termini di ricerca (misurata sia come puro output, numero di ricerche pubblicate su riviste scientifiche, sia per influenza e numero di citazioni) che incide per ben il 40% sulla valutazione complessiva dell’ateneo.

Le prime tre posizioni della classifica mondiale sono occupate (e ormai non sorprende) da tre università statunitensi: Harvard, in prima posizione, seguita dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) e da Stanford. Al quarto posto c’è la prima università europea, seppur non più appartenente all’Unione, la Cambridge University dell’omonima città del Regno Unito, seguita in quinta posizione dalla connazionale Oxford.

D’altronde però, si sa, le università angloamericane, soprattutto quelle di prima fascia, sono sempre state ai vertici dell’istruzione superiore mondiale. Infatti, delle prime 20 al mondo, ben sedici sono solo statunitensi. Bisogna attendere la dodicesima posizione per trovare un ateneo non di lingua inglese, l’Università di Tokyo, e la diciannovesima per trovarne uno di un paese Ue: la PSL University di Parigi, premiata soprattutto per la qualità dell’istruzione.

Venendo all’Italia, la prima università del nostro paese è La Sapienza, purtroppo 113esima al mondo, seguita dall’Università di Padova (170esima al mondo), l’Università di Milano (179esima) e quella di Bologna (181esima). Stupisce il dato per cui la prima università privata italiana si trovi solo in 17esima posizione nella classifica nazionale: la Cattolica.

I risultati fin qui descritti cambiano radicalmente però se si passa ad analizzare la classifica per materie (purtroppo meno aggiornata di quelle generale). Questa è basata sul numero di ricerche pubblicate sulle principali riviste scientifiche inerenti.

Un primo importante cambiamento è che, alla superpotenza americana, si contrappone l’altra superpotenza, la Cina, i cui atenei competono e in diversi casi primeggiano in svariati settori: come l’ingegneria agricola o l’agricoltura, la chimica analitica e quella applicata, l’ingegneria ambientale, meccanica o l’energia. Al Dragone cinese si aggiungono poi altri paesi asiatici, la Corea del Sud, Taiwan e il Giappone, le cui università spiccano nelle materie STEM.

Va meglio anche per le italiane. La materia per eccellenza in cui ci distinguiamo è la chimica farmaceutica: con Firenze prima nel mondo, seguita dalla Federico II di Napoli al quarto posto e La Sapienza di Roma all’ottavo. L’Università di Bari è quarta, a pari merito con l’Università della Louisiana (USA), nel settore dell’istruzione, quarta anche l’Università di Milano, questa volta nella fisica delle particelle, il Politecnico di Torino è ottavo al mondo per i materiali compositi e l’Università di Padova nona nella metallurgia. L’ateneo presente più volte nelle prime dieci posizioni per materia è però La Sapienza: oltre alla già citata chimica farmaceutica, l’università romana è settima per la matematica applicata, battendo Shanghai, e ottava nella fisica matematica, subito dopo Harvard, quinta in quella nucleare (dove l’Università di Bologna raggiunge la nona posizione), quarta nella fisica delle particelle (sopra l’MIT) e settima nella spettroscopia.

Insomma, anche se non possiamo vantare grandi risultati nella classifica generale, le nostre realtà accademiche mostrano il loro potenziale in alcuni settori. Ancora una volta l’istruzione italiana si distingue nel mondo e consola sapere che le materie in cui andiamo forte sono proprio quelle tecnico-scientifiche di cui spesso sentiamo la mancanza.