Cultura

Podcast, il mercato in crescita

22
Marzo 2023
Di Daniele Bernardi

Quando Facebook ha ceduto il passo ad Instagram, si diceva che avremo assistito alla supremazia dell’immagine sulla scrittura. Quando è emerso TikTok ed ha iniziato ad erodere il pubblico di Instagram, si è parlato del passaggio dall’immagine al video. Oggi potremmo dire che il futuro – forse già il presente – è invece sempre più audio. Secondo l’Ipsos Digital Audio Survey, nel 2022 sono stati circa 11,1 milioni gli utenti tra i 16 e i 60 anni – 1,8 milioni in più rispetto al 2021 – che hanno ascoltato un podcast. Un mercato in crescita e un’opportunità crescente per l’economia italiana. Ma di cosa si tratta?

Innanzitutto, è bene circoscrivere il pubblico a cui si rivolge il format: giovani (il 43% ha meno di 35 anni), professionisti e ben istruiti (i laureati sono il 30% del pubblico totale). Tra i dispositivi, lo smartphone è il più utilizzato per ascoltare podcast (72%), anche se aumentano le quote di computer e tablet. Dove si ascoltano i podcast? Principalmente a casa (il 73% degli intervistati) anche se in misura decrescente, a fronte di un aumento dell’ascolto in strada: soprattutto in auto, seguita dai mezzi di trasporto e dagli spostamenti a piedi.

Un dato interessante riguarda la motivazione che spinge gli ascoltatori a scegliere un prodotto. A primeggiare nella scelta del podcast sarebbe l’argomento, il 57% degli intervistati contro il 28% di chi dice di lasciarsi guidare più dallo speaker. Forse è anche per questo che oltre la metà degli utenti dichiara di ascoltare l’intera puntata del podcast e il 79% perfino l’intera serie.

«I podcast continuano a rappresentare un’opportunità preziosa per il mondo editoriale e dell’intrattenimento poiché offrono un’esperienza di fruizione attenta, coinvolta, immersiva, protetta. Consentono di valorizzare le produzioni di qualità, forniscono un contesto safe per le comunicazioni di brand, permettono lo sviluppo di audience investite che, se adeguatamente stimolate e soddisfatte, possono credibilmente diventare oggetto di proposte a pagamento», racconta Claudia d’Ippolito, Ricercatrice Senior di Ipsos.

Ma come si mantengono i podcast? Principalmente tramite la pubblicità, la presenza di advertising nel corso delle puntate resta un elemento centrale, in particolare gli annunci promossi direttamente dagli speaker. Al di là della banalità dello strumento, degna di nota è la forte capacità dei podcast di spingere gli ascoltatori all’acquisto del prodotto: il 71% ricorda la pubblicità e dichiara di aver compiuto un’azione successivamente, il 15% di aver perfino messo in atto un comportamento d’acquisto.

Un mercato in crescita che sta dando non poco filo da torcere ad altre piattaforme, in particolare quelle deputate allo streaming video online. Pare infatti che YouTube abbia in serbo un’offerta da 300 mila dollari ad alcuni podcaster per filmare le proprie registrazioni e Rumble – società canadese – abbia proposto un contratto a Joe Rogan, il podcaster più seguito al mondo, per lasciare Spotify.

Non si tratta solo di creator economy, i podcast sono sempre più una cassa di risonanza anche per le aziende, che utilizzano il microfono per raccontarsi e lanciare nuovi prodotti. Da The Sauce di McDonald’s a Open for Business di eBay. Anche in Italia sono molte le imprese che hanno iniziato a produrre podcast, come Euronics, che con Will registra ogni mese Connessi – la tecnologia al servizio dell’uomo per approfondire i diversi aspetti della rivoluzione tecnologica, dalle IA alla sostenibilità.

«Per i brand rappresentano una grandissima opportunità. Non c’è una concentrazione come avviene con altri strumenti di comunicazione. Anzi, emerge come molti settori che più difficilmente riescono ad avvicinare le proprie audience, grazie ai podcast possono farlo in maniera efficace e coinvolgente. La molteplicità di formati e di tematiche li rendono uno strumento molto trasversale» spiega Anna Vitiello, Direttore scientifico di OBE, che poi precisa: «Bisogna però ricordarsi che si parla a community anche piccole e che condividono una passione e alle quali interessa approfondire temi specifici. È una conversazione spesso intima e profonda. Sono aspetti che non vanno dimenticati quando si decide di inserire i podcast nel proprio piano di comunicazione».

Secondo una ricerca di OBE e BVA Doxa, la maggior parte dei contenuti rientra nella sfera dell’intrattenimento, anche se è in crescita la quota di quelli formativi.

La classifica dei podcast su Spotify – al momento in cui scrivo – vede in prima posizione The Essential condotta dalla giornalista Mia Ceran: una rassegna quotidiana in cinque minuti delle notizie più importanti dall’Italia e dal mondo. Al secondo posto c’è Elisa True Crime di OnePodcast: Elisa De Marco è una creator che conta oltre 750 mila iscritti su YouTube, piattaforma in cui racconta di crimini efferati e casi irrisolti – dal 2022 anche in formato podcast. Infine, medaglia di bronzo per Brodo, video-podcast del gruppo comico The Pills, prodotto con Spotify, in cui i tre host dibattono con gli ospiti di temi intimi e irriverenti.

Sebbene sia il più utilizzato, non tutti i podcaster scelgono di stare su Spotify. Sono molte infatti le piattaforme: da Audible – meglio nota per gli audio libri e per singoli prodotti a pagamento – a Spreaker – forse la prima vera piattaforma concepita per questo media. Alcuni possono permettersi anche di limitare i propri prodotti ai soli abbonati, una soluzione che permette di sopperire alla necessità di inserire pubblicità nella puntata. È il caso de Il Post: la testata giornalistica, grazie anche alla fama di alcuni dei suoi giornalisti e podcaster come Francesco Costa e Matteo Bordone, limita la fruizione dei propri contenuti solo agli abbonati al giornale. Una strategia che gli è valsa un aumento negli abbonamenti e un forte posizionamento sul mercato del podcasting.