Cultura

Guerra ucraina, siamo tutti coinvolti

28
Febbraio 2022
Di Vanessa Gloria

Siamo tutti coinvolti, lo eravamo sin dalle prime battute, quando durante la tregua dettata dai giochi olimpici ci convincevamo che comunque tutto sarebbe andato per il meglio, il che rimanda al brutale “spirito di negazione” delle nostre coscienze, quel non voler accettare di essere su un confine pericoloso. 

Siamo tutti coinvolti in quanto una guerra alle porte dell’Europa corrompe le certezze a cui siamo fermamente avvinghiati e uccide le verità assolute a cui siamo abituati. Anche perché pur consapevoli che la democrazia è un lavoro di tutti, spesso noi cullati dalla pace, la consideriamo un diritto naturale. 

Siamo tutti coinvolti, non solo perché Putin nel corso della giornata di ieri ha risvegliato le nostre più profonde paure, ordinando alle forze russe di deterrenza nucleare di mettersi in allerta, ma poiché l’Est Europa porta con sé un bagaglio di culture, etnie e valori diversi dalla Mitteleuropa, spesso letti in chiave così mediterranea da generare un tale effetto opposto in questi anni da far risvegliare il baluardo di Visegrad. In soldoni, “Divide et impera” dicevano i latini e questo Putin l’ha capito bene già da diversi anni, fino a quella presunta e non presunta interferenza nelle elezioni di Donald Trump e nella cyberguerra alle cancellerie europee.

Siamo tutti coinvolti, non perché si tratta della prima guerra combattuta sul continente europeo – notizia tanto ribadita quanto falsa ripensando alla strage di Srebrenica e all’annessione della Crimea, sulla quale il mondo ha socchiuso gli occhi – ma perché per la prima volta l’Unione Europea si dice pronta a sostenere un Paese, fornendo armi e attrezzature per combattere l’invasore. E questo alimenta il dubbio se alla fine non sussista una certa sicurezza sul raggiungimento di un accordo oppure se non si tratti di primo passo verso il processo di militarizzazione delle nostre democrazie.

E dunque oggi, dopo notti di assedio, si puntano i riflettori sul tavolo istituzionale che va oltre le barricate, nella regione Gomel in Biellorussia. Al centro un orologio immaginario che ci riporta alle fasi che seguirono il Patto di Varsavia, per interrogarci su quello che abbiamo fatto e quello che avremmo potuto fare. Poiché chi conosce l’Est Europa sa bene che Zelensky, nonostante tutto, non sarebbe mai fuggito dal suo Paese sulla scorta di un orgoglio identitario di quei popoli, che a noi forse più non appartiene e che infondo, ci fa sentire impreparati.

È arrivato il momento per la politica, quella democratica, di mostrarsi all’altezza della contemporaneità, poiché siamo di fronte alla storia e dalla storia verremo giudicati. 

Assistiamo a un confronto cruciale per le sorti dell’Ucraina, ma anche del “blocco occidentale e Orientale” e Putin lo sa bene, consapevole che ogni passo falso potrebbe essergli economicamente e politicamente letale. Ecco perché è pronto a rischiare il tutto per tutto, senza sconto alcuno. Uno scontro tra forza finanziaria e forza militare. 

Ma è anche il giorno in cui il consesso internazionale dell’Onu viene messo alla prova, dopo il veto russo presso il Consiglio di Sicurezza, con l’apertura di una rara sessione speciale di emergenza dell’Assemblea Generale, mossa avvenuta solo sette volte nella storia –  l’ultima nel 1982 – con l’obiettivo di spingere i 193 membri delle Nazioni Unite a prendere posizione sul conflitto e sulla violazione della Carta Onu da parte della Russia, oltre a condannare in maniera formale il conflitto, attraverso una risoluzione finale.

Intanto i negoziati tra le delegazioni russa e ucraina, sono ancora in corso, Zelensky chiede un processo accelerato di adesione all’Unione Europea, e quest’ultima frena; ma la comunità internazionale continua ad ampliare le sanzioni contro Mosca. Diversi Paesi, tra i quali l’Italia, hanno chiuso lo spazio aereo ai voli russi e  Vladimir Putin, secondo quanto riportato dall’agenzia l’agenzia Ria Novosti, ha definito l’Occidente un “impero delle bugie”. Uno scenario in continua evoluzione, ma che ha alle spalle un solo dato certo 352 morti registrati a Kiev, tra i quali 14 bambini e secondo l’Onu almeno 104 civili uccisi.