Ambiente

Per l’Ue gas e nucleare sono green. Cosa c’è dietro il voto del Parlamento europeo

07
Luglio 2022
Di Giampiero Cinelli

Un voto realista o irresponsabile. Ad ogni modo un voto che ha fatto parlare molto. Si tratta dell’ultimo del Parlamento Europeo, che dà il via libera all’atto delegato della Commissione con il quale si inseriscono gas e nucleare all’interno delle energie rinnovabili – nella cosiddetta tassonomia – rigettando la mozione contraria a tale atto. Il provvedimento è stato avallato sostanzialmente dalle formazioni di destra, tra cui il Ppe, con una trentina di defezioni (anche quelle degli italiani Fulvio Martusciello e Herbert Dorfmann), le opposizioni conservatrici ed euroscettiche e i liberali. Si sono opposti i verdi e i Socialisti e Democratici. Tra gli italiani M5S e Pd. Italia Viva invece ha votato a favore del rigetto. In totale 328 deputati contro la mozione, 278 a favore, 33 astenuti. Per accogliere la mozione sarebbe stata necessaria una maggioranza di 353 voti. Da segnalare come a giugno anche le Commissioni Ambiente e Affari Economici avevano votato contro la tassonomia. Insomma la strada tracciata dalla Von der Leyen non è stata facile e, come spesso è accaduto negli ultimi tempi, quella che chiamano “maggioranza Ursula” appare sempre più instabile, forse neppure più esistente. Di sicuro non ci si può fare affidamento quando si tratta di provvedimenti molto delicati inerenti alle politiche energetiche, su cui ogni Paese tende a decidere in base a valutazioni più particolari.

Ora l’atto delegato entrerà in vigore il 1 gennaio 2023, ma la battaglia non è finita. Austria e Lussemburgo hanno annunciato il ricorso alla Corte Europea di Giustizia. Stessa cosa farà Greenpeace. Il Consiglio Europeo ha tempo fino all’11 luglio per fornire un parere inverso, ossia contro Ursula sostanzialmente, con un voto qualificato di 20 Stati membri. Ma i timori sono pochi. La presidente della Commissione Europea ha comunque voluto specificare che l’Europa è pronta a muoversi ancora per far fronte alla questione energetica, con due riunioni il 20 e il 26 luglio, quando si riuniranno i ministri dell’energia dei vari Paesi, i quali non andranno in vacanza fin quando non avranno approntato una strategia per l’approvvigionamento delle fonti in vista dell’inverno. Purtroppo però all’ordine del giorno non ci sono i dispositivi su cui l’Italia puntava di più, ovvero dei prestiti contro il caro prezzi sul modello del Fondo Sure e il Price Cap (un tetto) su gas e petrolio. D Bruxelles hanno fatto sapere però che sul calmiere ai prezzi si può discutere in futuro. Probabilmente in sede G7.

La tassonomia che include gas e atomica tra fonti sostenibili, infatti, arriva in un contesto di affanno in cui le paure di un futuro blocco del gas russo non sono assurde. Le forniture da Mosca sono state ridotte e gli stoccaggi al momento si aggirano intorno al 55%. Per le nazioni europee non è più tempo di grandi disegni a lungo termine ma al momento bisogna concentrarsi su esigenze immediate e da soddisfare in modo pragmatico. Ecco perché Francia e Germania vedono di buon occhio il semaforo “verde” a gas e atomo. Non certo ecologici ma di sicuro meno inquinanti di carbone e petrolio. Il nucleare, per meglio dire, se non è inquinante è però più pericoloso dal punto di vista della sicurezza. L’idea, non a caso, è quella di considerare più fungibili queste fonti almeno in una prima fase. Mentre l’Italia continua a valutare l’ipotesi di sbloccare le trivellazioni nell’Adriatico e Parigi avvia la nazionalizzazione del colosso dell’elettricità Edf. Una manovra che desta stupore alla luce delle norme sulla concorrenza nel mercato unico. Tuttavia le nazionalizzazioni sarebbero consentite a patto che vengano fatte a prezzi di mercato.