Ambiente

Sostenibilità, le imprese hanno diciotto mesi per adeguarsi ai nuovi criteri

17
Marzo 2023
Di Giampiero Cinelli

L’Italia ha ancora 18 mesi per adeguarsi alla nuova direttiva europea sui criteri Esg, ovvero gli standard che riguardano la sostenibilità ambientale, sociale e di amministrazione (governance). Ora ne saranno coinvolte 4.000 imprese: quelle grandi, anche estere, quotate o non, che fatturano in Ue più di 150 milioni di euro e anche le Pmi quotate, che però avranno più tempo per prepararsi. Viene ampliato e perfezionato il report che attesta il raggiungimento degli obiettivi, con l’obbligo di renderlo disponibile al pubblico. Se ne è parlato ieri a Roma allo Stadio Domiziano alla conferenza straordinaria di Oibr, Organismo Italiano Business Reporting. E se ne parlerà di nuovo al congresso Future Respect di maggio. Dodici mesi fa è stato inserito anche nella nostra Costituzione il principio della giustizia intergenerazionale connessa alla tutela dell’ambiente.

Ma i cittadini consumatori sono poco informati, e la nuova direttiva europea riguarda anche tutte le filiere aziendali. Francesco Tamburella, Coordinatore ConsumerLab, e componente del Forum per lo Sviluppo Sostenibile, ricorda che la prima direttiva europea risale a sei anni fa, ma neanche un terzo delle 2.500 principali società italiane pubblica il suo Bilancio di Sostenibilità. Adesso saranno quattromila a dover rispettare la nuova direttiva.

Alberto Gusmeroli, Presidente della Commissione Attivita Produttive, Commercio e Turismo alla Camera dei Deputati ha preso parte all’evento di ieri. Questo il suo commento: «Abbiamo 18 mesi per le nuove regole. Il governo che ha un profilo temporale di almeno 5 anni, sicuramente accompagnerà le imprese nel controllo di questo strumento. Mi auguro che possa ragionare non più per contingenze ma per progetti a medio e lungo termine, con l’Europa magari un po’ più attenta alle specificità delle nostre attività economiche».

Il primo gennaio 2023 è entrata in vigore la Corporate Sustainability Reporting Standard Directive (CSRD UE 2022/2464). Oltre alla rendicontazione, le imprese a cui è rivolta la normativa hanno anche obblighi di trasparenza. L’obiettivo è far alzare gli standard sul rispetto dell’ambiente, dei diritti, aumentando il benessere dei lavoratori, in un modello di gestione ottimizzato. Forse si tratta di un metodo un po’ calato dall’alto e non a tutti funzionale, tuttavia è pensato per far muovere i capitali degli investitori più su realtà produttive all’avanguardia. Con un periodo di transizione per chi non è ancora pronto a sostenere gli adeguamenti.

Con il reporting di sostenibilità l’azienda è invitata a fornire tutte le informazioni sul modo in cui gli sviluppi nel campo della sostenibilità influenzano ed hanno effetto sulla realtà produttiva. Ad esempio come si sta tramutando sul modello di business l’effetto del cambiamento climatico. Poi tutte le informazioni sugli effetti che l’impresa stessa ha sull’ambiente circostante, come l’effetto delle emissioni dei processi produttivi sulla qualità dell’aria dei residenti locali.

Le tempistiche

Gli standard dettagliati su cui rendicontare verranno emanati dalla Commissione europea entro il 30 giugno 2023. Le tempistiche per redigere e pubblicare il bilancio di sostenibilità sono spalmate sui prossimi anni nella modalità sotto elencata:

2025 – comunicazione sull’esercizio finanziario 2024 per le imprese già soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario.

2026 – comunicazione sull’esercizio finanziario 2025 per le grandi imprese attualmente non soggette alla direttiva sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario.

2027 – comunicazione sull’esercizio finanziario 2026 per le PMI quotate (ad eccezione delle microimprese), gli enti creditizi piccoli e non complessi e le imprese di assicurazione captive. È invece facoltativa la rendicontazione in questione per le Pmi non quotate.

2029 – comunicazione sull’esercizio finanziario 2028 per le imprese di paesi terzi che realizzano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di euro nell’UE, se hanno almeno un’impresa figlia o una succursale nell’UE che supera determinate soglie.