Ambiente

La lectio magistralis del granchio blu

29
Agosto 2023
Di Paolo Bozzacchi

La storia del granchio blu o granchio reale in Italia è la parafrasi perfetta dell’estate italica 2023. È ideale per essere letta dai più disparati punti di vista: politico, istituzionale, economico e sociale. Noi ci atterremo ai fatti, a voi lasciamo l’interpretazione che preferite.

Il granchio blu è una specie aliena per l’Italia. Molto probabilmente è arrivato nei nostri mari dall’Oceano Atlantico, dove imbandisce da anni le tavole americane. Sarebbe stato trasportato per errore dalle grandi navi cargo che imbarcano acqua in stiva per equilibrare il proprio carico e liberato nel Mediterraneo. Il granchio regale (non è un errore di battitura) essendo onnivoro e molto prolifico – vive in media quattro anni e ogni esemplare femmina può deporre fino a 2 milioni di uova – si è innamorato delle coste italiane e ha invaso tutti i mari della Penisola: dal Veneto alla Liguria, dalle Marche al Lazio, dalla Sardegna alla Sicilia. 

Il granchio reale mostra nobiltà sia per dimensioni (può raggiungere un diametro chele escluse di 23 cm), sia per invidiabile cura dell’armocromia. Le sue chele sono di un tono di blu intenso, ma una volta cotte in padella diventano rossastre. Essendo regale è anche piuttosto arrogante, perché in Europa non ha predatori. E l’unico modo per limitarlo a livello faunistico sarebbe quello di importare il suo unico predatore, l’africano ibis sacro. Morale della favola: solo il sacro potrebbe distruggere il nobile. Il granchio blu, inoltre, si ciba voracemente di avannotti (i piccoli dei pesci nostrani), ed è assai ghiotto di vongole e cozze da allevamento. Non solo: ama distruggere le reti dei pescatori -giustamente disperati- e pinza volentieri i bagnanti che per errore lo disturbano, anche nei pressi della riva.

Il governo Meloni non ha perso tempo per arginare l’invasione italica del granchio blu: prima per decreto ministeriale ne ha tempestivamente autorizzato la pesca, poi ha stanziato col Decreto Omnibus 2,9 milioni di euro per “alleviare le criticità indotte dalla proliferazione del granchio blu, giunto da altri mari nell’Adriatico e in parte nel Tirreno, prevedendo lo smaltimento dell’animale”. Intanto Fedagri Pesca-Confcooperative ha stimato in 100 milioni di euro i danni già provocati dal crostaceo reale solamente agli allevamenti di vongole.

L’invasione del granchio blu ha alimentato un dibattito molto acceso sulle possibili soluzioni ai danni alla fauna marina italiana. I primi risultati del coinvolgimento massivo dell’opinione pubblica sono stati commerciali. Vista la super abbondante pesca del crostaceo quantificata in centinaia di tonnellate in un tempo molto breve, alcuni Italiani intraprendenti hanno già trasformato la crisi in ghiotta opportunità. È il caso della startup Mariscadoras di Rimini, che ha fatto partire i primi carichi di granchio blu direzione Stati Uniti (Miami), dove il crostaceo è molto apprezzato dalla locale comunità gourmet. Anche le catene dei nostri supermercati hanno mostrato reattività: prima Conad e ora anche Despar vendono granchio blu sui banchi pescheria. E il prezzo non è eccessivo: si parte dagli 8 euro al chilo. Addirittura lo chef della Mostra del Cinema di Venezia, Tino Vettorello, proporrà il piatto dell’anno a base di granchio blu. Restituendo al crostaceo un’aura di nobiltà.

Una cosa è certa: o gli Italiani giureranno presto e bene fedeltà al granchio reale creando dal nulla una domanda di massa e invogliando le aziende del settore a investire nella pesca del crostaceo (magari resa redditizia dal governo), oppure dovremo presto rinunciare ai tradizionali spaghetti alle vongole. Saranno sempre più introvabili e carissime, e trasformeranno il piatto in un’esclusiva dei ristoranti stellati.

Gli importatori di ibis sacri sono avvertiti. Se vuoi condividere la lezione che hai ricavato dalla storia italiana del granchio blu scrivi a: [email protected]