Ambiente

Il ruolo chiave di Marina Silva

11
Gennaio 2023
Di Daniele Bernardi

Nelle scorse ore il Brasile è stato scosso dalle proteste dei sostenitori di Bolsonaro che, reduci dalla sconfitta elettorale del 30 ottobre, hanno emulato i loro vicini nordamericani invadendo il Palacio do Planalto, in pieno stile Capitol Hill (tra l’altro a quasi due anni esatti da quell’evento).

Si contesta la vittoria di Lula, l’occasione che ha portato alla rivolta è stato il giuramento del neopresidente brasiliano lo scorso 1° gennaio. Il governo, il terzo del leader del Partito dei Lavoratori, si appresta sicuramente ad essere molto diverso da quello che l’ha preceduto: un governo più proiettato verso i diritti delle comunità indigene e verso la tutela del dell’Amazzonia, ripetutamente messa in pericolo dall’operato di Bolsonaro. A contribuire in questa missione ci sarà soprattutto la nuova Ministra dell’Ambiente: Maria Osmarina da Silva Vaz de Lima (o più semplicemente Marina Silva). Ma chi è esattamente?

Nata a Rio Branco nel 1958, Silva ha già ricoperto questo incarico dal 2003 al 2008 in quello che era il primo mandato di Lula. Nonostante le sue umilissime origini (nacque in una palafitta di una piantagione), è riuscita a frequentare l’Università di Acre dove ha conseguito la Laurea in Storia. Ha lavorato per molto tempo come insegnante manifestando tuttavia fin da subito un forte interesse per la cosa pubblica, partecipando attivamente al movimento sindacale. La lotta ben presto si trasformò in comizio ed entrò a far parte del Partito dos Trabalhadores (il Partito dei Lavoratori). Consigliera comunale nel 1988, Consigliera di Stato nel 1990, nel 1994 riesce ad essere eletta Senatrice ricoprendo dal ’95 al ’97 il ruolo di Segretaria nazionale dell’Ambiente.

I rapporti con Lula e con il partito non sono però sempre stati dei migliori: da Ministra si spese molto per la protezione dell’Amazzonia ma gran parte dei suoi progetti fu bloccata e le opposizioni dei governatori costituirono più spesso un ostacolo che un supporto per la sua azione politica. Mai però quanto la linea assunta dal secondo governo Lula che, rispetto al primo mandato, sembrò aver messo in secondo piano la questione ambientale. La delusione fu tale che nel 2008 Marina Silva si dimise.

Delusa per come era stata trattata dal partito di Lula, Silva passò al Partito Verde Brasiliano che la candidò alle presidenziali del 2010. Purtroppo per lei, la sua scalata al potere si arenò e alle urne non prese che sotto il 20%. Nonostante l’insuccesso con i verdi, Marina fu invitata a candidarsi con i socialisti. Non andò meglio e perse anche quella corsa.

Ora che è tornata a ricoprire il ruolo che aveva nel 2008, la Neoministra ha affermato che il Brasile non sarà più un “pária” (reietto) ambientale, in riferimento a quanto è stato fatto da Bolsonaro negli ultimi anni. «È stato lo stesso presidente – ha spiegato Silva – a chiarire che il clima sarà una delle priorità del suo governo e che l’obiettivo è la deforestazione zero. È stato lui a dire che la politica ambientale sarà trasversale».

Stando alle dichiarazioni della nuova Ministra, nei prossimi mesi dovremmo aspettarci un ripristino dell’apparato amministrativo che lotta contro la deforestazione (più volte vittima di tagli al personale da parte del governo Bolsonaro), nonché un aumento dei budget cui queste amministrazioni dispongono. Essenziale pare sarà anche la cooperazione in campo internazionale, le cui risorse saranno impiegate, tra le altre cose, per supportare le comunità rurali brasiliane e per finanziare un modello di agricoltura più sostenibile e trasparente che ridia alle popolazioni indigene le terre illegalmente sfruttate in questi anni. Politiche in linea con la nomina al Ministero per le Popolazioni indigene di Sonia Guajajara, indigena e da sempre attivista per i diritti delle comunità che abitano le riserve. 

L’impegno di Marina Silva nell’agenda politica brasiliana era già stato anticipato dal suo intervento alla COP27 che si è tenuta lo scorso autunno al Cairo. In quell’occasione Silva aveva chiamato in causa il ruolo degli Stati Uniti nella tutela dell’Amazzonia e la promessa portata avanti dall’Inviato USA per il Clima John Kerry di far entrare la potenza americana nel Fondo Amazzonia, un fondo gestito da Germania e Norvegia che finanzia progetti di sviluppo sostenibile in favore del polmone verde sudamericano. «Il presidente Joe Biden accoglie con favore la possibilità di approfondire l’agenda con il presidente eletto Lula» ha affermato la nuova Ministra dell’Ambiente.

Insomma, iniziano a intravedersi i primi cambiamenti, speriamo non si tratti di un’illusione e che il Brasile possa effettivamente riaccreditarsi in ambito internazionale, che non venga più visto come un “pária”, per intenderci.