Ambiente

Fotovoltaico e interesse archeologico. Il parere sulla deroga all’iter

20
Febbraio 2023
Di Giampiero Cinelli

L’ultimo Cdm ha approvato il superamento della valutazione preventiva di interesse archeologico per i progetti di impianto fotovoltaico. La scelta è stata fatta nell’ottica di rafforzare la transizione ecologica. Ora si aspetta che la misura venga confermata nell’iter parlamentare. La deroga non si applica dove già sussiste un vincolo ambientale o paesaggistico

Gli investimenti sono totalmente a carico delle aziende e non generano alcun onere per le finanze pubbliche. Secondo l’Alleanza per il Fotovoltaico, il fotovoltaico utility scale non confligge con le esigenze di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. «Nel complesso la novità approvata in Consiglio dei Ministri si configura come un importante volano per modernizzare il Paese grazie a due elementi fondamentali: la sburocratizzazione e la sostenibilità ambientale», afferma l’Alleanza.

Lo snellimento dei processi autorizzativi e l’abbattimento degli eccessi burocratici sono considerati ultimamente la base su cui imprimere maggiore spinta alla transizione verde, assicurando finalmente al settore adeguato spazio di manovra per crescere. Il passaggio che viene eliminato non dovrebbe precludere la verifica, che viene comunque effettuata in un adempimento successivo. Si alleggerisce quindi l’iter senza intaccare l’interesse archeologico. Si spera allora che attraverso questi interventi gli impianti fotovoltaici riescano davvero ad alleggerire su larga scala il costo delle bollette come è nella loro potenzialità.

Lo stato dell’arte

Attualmente, in virtù dell’attuazione del Pnrr, per quanto riguarda le altre fattispecie sono state introdotte procedure semplificate sulla verifica dell’impatto architettonico. A stabilirle il Dpcm pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 aprile 2022. Le linee guida individuano le procedure per la verifica preventiva ed i procedimenti semplificati, al fine di assicurare l’efficienza ed efficacia alla procedura. In particolare, vengono indicati i criteri di assoggettabilità, le modalità di redazione degli elaborati, i formati di consegna dei documenti necessari allo svolgimento delle singole fasi, nonché la pubblicazione dei dati raccolti.

I tempi e la conclusione della procedura di verifica preventiva dell’interesse archeologico sono fissati dal Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della cultura, che si esprime nel caso di esecuzione di carotaggi, prospezioni geofisiche, geochimiche e saggi archeologici: da un minimo di trenta a un massimo di sessanta giorni, elevabile a novanta giorni nei casi di particolare complessità; nel caso di opere o lavori a rete: da un minimo di sessanta a un massimo di novanta giorni; nel caso di esecuzione di sondaggi e scavi: da un minimo di trenta a un massimo di sessanta giorni, elevabile a novanta giorni; nel caso di opere o lavori a rete: da un minimo di sessanta a un massimo di novanta giorni, elevabile a centoventi giorni nei casi di particolare complessità. I termini decorrono dalla consegna del cantiere alla ditta incaricata dell’esecuzione degli interventi di archeologia preventiva.