Economia

Larry Fink: la guerra stravolgerà l’economia globale

27
Marzo 2022
Di Jacopo Bernardini

«L’invasione russa dell’Ucraina ha messo fine alla globalizzazione come l’abbiamo conosciuta negli ultimi tre decenni». Il giudizio di Larry Fink, AD di Blackrock, la più grande società di investimento al mondo che gestisce un patrimonio di oltre 10.000 miliardi di dollari, non lascia spazio a dubbi: ciò che sta avvenendo in Ucraina stravolgerà l’economia a livello globale. 

In particolare, Fink prevede un aumento dell’inflazione dovuto al reshoring – la decisione, da parte delle aziende, di avvicinare o riportare la produzione nel Paese di origine – con le imprese che cominciano a ripensare la loro dipendenza economica rispetto agli altri Paesi. «Un riorientamento su larga scala delle catene di approvvigionamento sarà intrinsecamente inflazionistico» ha osservato Larry Fink.

Una tendenza, quella al reshoring, di cui già si parla dallo scoppio della pandemia. Un fantasma spesso evocato che, però, non si era poi davvero concretizzato. A inizio marzo, era la stessa Banca Mondiale a osservare che non c’erano segnali che stesse avvenendo su larga scala. Il processo sembrava aver preso piede solo in settori strategici come quello dei microchip, più per motivi politici che economici. 

Sempre la Banca Mondiale metteva in guardia, evidenziando come il reshoring impatterebbe in maniera negativa sia sulle nazioni sviluppate che su quelle in via di sviluppo, provocando un vistoso aumento della povertà globale. 

Secondo il report, grazie all’espansione globale delle catene di approvvigionamento, tra il 1990 e il 2017 i paesi con redditi medio-bassi hanno raddoppiato la loro quota di export, dal 16 al 30%. Durante lo stesso periodo di riferimento, l’accesso a nuovi mercati e opportunità di investimento ha ridotto fortemente la percentuale di persone che vivono in povertà estrema, passate dal 36 al 9%.

Secondo le stime della World Bank, il reshoring potrebbe colpire soprattutto i Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, facendo sprofondare oltre 50 milioni di persone in una condizione di povertà estrema. Al contrario, misure per facilitare il movimento di beni per rafforzare le supply chain potrebbero portare fuori da una condizione di povertà oltre 20 milioni di persone entro il 2030.

Non se la profezia di Fink si rivelerà azzeccata. Il trentennio che secondo l’AD di Blackrock si starebbe chiudendo è iniziato nel 1991, con la definitiva caduta dell’URSS e la teorizzazione, da parte dello storico americano Francis Fukuyama, della Fine della Storia, saggio in cui descriveva la democrazia e il capitalismo come il “capolinea dell’evoluzione dell’umanità”. 

Le cose non sono andate come profetizzato da Fukuyama che, qualche giorno fa, in un’intervista al Corriere ha affermato che il mondo non è più diviso tra destra e sinistra, ma tra democrazie e regimi autoritari.

Anche lo storico israeliano Yuval Noah Harari, amato e citato tra gli altri da Barack Obama e Mark Zuckerberg, concorda sulla capitale importanza del conflitto in corso, un evento che, secondo molti analisti, segnerà il nostro futuro molto più del Covid. “Il declino della Guerra è evidente. Negli ultimi due decenni la violenza umana ha ucciso meno persone dei suicidi, degli incidenti stradali o delle malattie legate all’obesità. La polvere da sparo è diventata meno letale dello zucchero”, ha scritto in un recente editoriale sull’Economist. 

Ma se l’invasione della Russia prenderà la direzione voluta da Putin, se le sue azioni non verranno contrastate e se, in fin dei conti, la missione russa non fallirà, Harari ritiene che le cose potrebbero prendere una piega diversa, portando altri Paesi a emulare l’atteggiamento di Mosca.

“Ciò che è in gioco è la direzione della storia dell’umanità”, ha concluso.  Parole che, da un versante storico e filosofico, riecheggiano il discorso di Larry Fink sul futuro economico e finanziario del pianeta, a cui si aggiunge la minaccia di un disaccoppiamento a livello di infrastruttura tecnologica tra USA/UE e Cina. 

Proprio la Cina non può essere esclusa dal ragionamento. Con la Russia condivide un rivale comune: gli Stati Uniti. Ma la Cina ha scelto fin qui una strategia diversa, ha puntato sul successo economico, con buone carte per arrivare in breve ad essere il Paese più forte come dimensione del PIL, oltre a diventare un valido competitor per quanto riguarda le tecnologie avanzate. 

Ora si trova in un limbo, tra la volontà di assestare un colpo alla reputazione internazionale del blocco USA/UE e la necessità di non essere, a sua volta, colpita da sanzioni economiche che ne frenerebbero lo sviluppo.  

L’improvvisa mossa di Putin, decisa ormai più di un mese fa, ha scoperchiato il vaso di Pandora che, anche a causa della pandemia, da due anni aveva congelato alcune tra le principali questioni a livello globale. 

Numerosi tavoli aperti, il cui esito determinerà la direzione del futuro dell’umanità.