In Parlamento

Il difficile equilibrio della legge di bilancio

25
Ottobre 2025
Di Beatrice Telesio di Toritto

La legge di bilancio è il principale strumento di politica economica dei governi italiani. Ogni anno, entro tempi strettissimi, deve tradurre in norme le priorità politiche, i vincoli di finanza pubblica e le richieste provenienti da una pluralità di attori: istituzioni europee, ministeri, categorie economiche, partiti. Per questo non sorprende che, anche nel 2026, la discussione attorno alla manovra si stia intrecciando con tensioni interne alla maggioranza e con una gestione tecnica che lascia margini di manovra limitati alla politica.

L’episodio della tassazione sugli affitti brevi è emblematico. La misura è stata approvata dal Consiglio dei ministri insieme al resto del testo, ma è stata contestata subito dopo da Forza Italia, Lega e, con toni più sfumati, da Fratelli d’Italia. È accaduto anche in passato con altri provvedimenti: dall’aumento del canone RAI alla digital tax, fino alle accise su carburanti e tabacchi. Ogni volta si assiste allo stesso copione: approvazione compatta in Consiglio dei ministri, seguita da un rapido disconoscimento di alcune norme non appena diventano oggetto di critiche pubbliche.

Il meccanismo non va letto soltanto come opportunismo politico. In realtà i ministri approvano spesso un testo che conoscono in maniera parziale. La complessità della legge di bilancio, che quest’anno conta 137 articoli e oltre cento pagine di riferimenti tecnici e giuridici, rende inevitabile che solo le misure principali vengano discusse in dettaglio. Il resto è frutto del lavoro del ministero dell’Economia, che centralizza la redazione della manovra e si confronta con la presidenza del Consiglio, le autorità di controllo nazionali ed europee, e i dati macroeconomici aggiornati dall’ISTAT.

Il ruolo del ministro dell’Economia è quindi determinante. Giancarlo Giorgetti ha scelto un approccio fortemente accentrato, riducendo i margini di influenza dei partiti e mantenendo per sé la responsabilità di inserire misure anche controverse. Secondo diverse interpretazioni, alcune norme “scomode” vengono introdotte proprio con l’intento di diventare oggetto di trattativa parlamentare, da sacrificare per ottenere consenso su altri capitoli più strategici. In questo modo la manovra diventa un cantiere aperto, in cui il testo approvato in Consiglio dei ministri rappresenta più un punto di partenza che un esito conclusivo.

Questo metodo non è privo di conseguenze. Da un lato garantisce il rispetto delle scadenze europee, evitando che il dibattito interno rallenti l’invio del Documento programmatico di bilancio a Bruxelles. Dall’altro, però, produce l’impressione di un governo che approva provvedimenti senza piena consapevolezza, alimentando il sospetto di improvvisazione e rendendo più fragile la comunicazione politica. I cittadini assistono così a una sequenza ricorrente: annunci trionfali alla presentazione della manovra, seguiti da correzioni, distinguo e polemiche nelle settimane successive.

Il parlamento, in questo quadro, assume un ruolo di “secondo tempo” della manovra. È lì che le norme più controverse vengono ridiscusse, corrette o cancellate, spesso in seguito a negoziati interni alla maggioranza o a pressioni delle categorie interessate. Ciò rende la legge di bilancio un processo in continua trasformazione, meno lineare rispetto ad altri ordinamenti europei, ma funzionale a un sistema politico in cui le coalizioni di governo sono composite e le esigenze da bilanciare molto diverse tra loro.