Politica

Meloni, tre anni dopo: dalla centralità internazionale ai nodi irrisolti

22
Ottobre 2025
Di Beatrice Telesio di Toritto

Il 22 ottobre 2025 Giorgia Meloni ha spento la terza candelina a Palazzo Chigi. Un traguardo storico: primo esecutivo a guida femminile nella storia repubblicana e terzo per longevità dall’inizio della Seconda Repubblica. Un risultato che da solo segna una discontinuità, in un’Italia abituata a governi brevi e instabili. Il bilancio triennale diffuso da Palazzo Chigi mette in fila numeri record e provvedimenti bandiera, nel tentativo di restituire l’immagine di un Paese più solido e di un premier in grado di imprimere un’impronta personale al destino nazionale. Ma, come spesso accade, dietro i dati trionfali restano questioni irrisolte che definiscono la partita politica dei prossimi anni.

Sul fronte del lavoro i numeri parlano di 1,2 milioni di contratti stabili in più, un tasso di occupazione mai così alto (62,6%) e disoccupazione al 6%, il livello più basso dal 2007. Risultati ottenuti grazie a sgravi contributivi, super deduzioni per chi assume e alla trasformazione del Reddito di cittadinanza in Assegno di inclusione. La narrazione è quella di un mercato più solido, ma le criticità non mancano: precarietà diffusa tra i giovani, differenze territoriali e produttività stagnante.

Capitolo finanza pubblica: l’Italia, sottolinea il governo, è stata la prima del G7 a tornare in avanzo primario già nel 2024. Lo spread si è ridotto drasticamente fino ad azzerarsi rispetto alla Francia, la Borsa di Milano ha raddoppiato il proprio valore rispetto all’autunno 2022 e le agenzie di rating hanno rivisto al rialzo il giudizio sul debito italiano. Anche qui, tuttavia, c’è l’altra faccia della medaglia: pressione fiscale ancora elevata e un debito che resta sopra il 140% del PIL.

Il PNRR rimane la sfida simbolo. Oltre 447mila progetti avviati, un tasso di avanzamento vicino al 98%, nuovi fondi REPower EU per 11 miliardi. Roma rivendica puntualità e capacità di spesa, ma la realtà sui territori racconta di iter complessi e amministrazioni locali spesso in affanno.

Sul piano internazionale, Meloni ha costruito la sua immagine di leader affidabile e coerente. Sostegno a Kiev, rilancio del Mediterraneo come baricentro strategico, Piano Mattei per l’Africa, equilibrio con la Cina. In parallelo, più stretta la relazione con gli Stati Uniti e la NATO, fino al raggiungimento dell’impegno del 2% del PIL in spese militari. Una postura che ha accresciuto la visibilità italiana, ma non senza tensioni interne alla coalizione, dove le sensibilità sulla politica estera non sempre coincidono.

Immigrazione e sicurezza hanno continuato a dominare l’agenda interna. Nei primi nove mesi del 2025 gli sbarchi sarebbero calati del 29% rispetto al 2022, merito – secondo il governo – degli accordi con Tunisia, Libia ed Egitto e del protocollo con l’Albania. Più sgomberi di stabili occupati, norme più dure contro scafisti e rivoltosi in carcere, pene più severe per truffatori e aggressori delle forze dell’ordine. Misure che rafforzano l’immagine di fermezza, ma che alimentano anche dibattiti accesi sui diritti e sull’efficacia di lungo periodo.

Grande spazio anche alle politiche per famiglie e natalità: rafforzato il bonus nido, più risorse per l’Assegno unico, congedi parentali potenziati e incentivi per le madri lavoratrici. Il governo sottolinea un aumento dell’occupazione femminile, ma la crisi demografica italiana rimane lontana dall’essere invertita.

Infine, le riforme istituzionali: premierato, autonomia differenziata, giustizia. Progetti ambiziosi, avviati ma ancora in itinere, che potrebbero ridisegnare gli equilibri della Repubblica.

Dopo tre anni, il governo Meloni può rivendicare stabilità e risultati tangibili, soprattutto su occupazione e conti pubblici. Ma alcune delle grandi fragilità del Paese – crescita lenta, divari territoriali, natalità in caduta – restano irrisolte. È su questi terreni che si giocherà la seconda metà della legislatura e, forse, la possibilità per Giorgia Meloni di consegnare alla storia non solo un record di durata, ma un cambiamento strutturale per l’Italia.