Politica

Trump e la guerra dei dazi: tra calcolo politico e tensioni globali

02
Agosto 2025
Di Beatrice Telesio di Toritto

Donald Trump ha riaperto il fronte commerciale mondiale con la consueta determinazione. Due ordini esecutivi, firmati nel cuore della notte, hanno imposto nuovi dazi su circa settanta Paesi: una mossa che si inserisce pienamente nella logica del suo secondo mandato e che conferma l’idea di usare il commercio come leva politica oltre che economica. Le nuove tariffe entreranno in vigore il 7 agosto, salvo intese dell’ultimo minuto. Unica eccezione: il Canada, partner storico, già colpito da un aumento immediato dal 25 al 35 per cento.

Questa decisione rientra in un metodo ormai consolidato: aumentare la pressione, generare urgenza e costringere gli interlocutori a trattare rapidamente alle condizioni di Washington. È un approccio che negli ultimi mesi ha già portato diversi Paesi a firmare accordi bilaterali più o meno favorevoli agli Stati Uniti, spesso pur di evitare scenari peggiori. L’Europa, ancora una volta, si è trovata a negoziare in posizione di debolezza: Bruxelles ha contenuto i dazi al 15 per cento, ma ha dovuto accettare impegni su acquisti e investimenti americani che segnano un compromesso tutt’altro che indolore.

Trump rivendica queste intese come successi, presentandoli come prova della sua capacità di “costringere il mondo a trattare”. Ma dietro le dichiarazioni trionfali emergono anche interrogativi crescenti: fino a che punto questo gioco di pressioni continue è sostenibile, sia per gli equilibri internazionali che per la stessa economia statunitense? Negli Stati Uniti, le imprese esportatrici e il settore agricolo iniziano a risentire delle tensioni commerciali, mentre l’inflazione resta una preoccupazione concreta per molti cittadini.

La Cina, principale obiettivo di questa politica, continua a resistere senza concessioni sostanziali, trasformando la disputa tariffaria in un braccio di ferro di lungo periodo che rischia di ridisegnare gli assetti globali. L’Europa, dal canto suo, appare ancora divisa e in affanno, costretta ad accettare compromessi che le consentano solo di limitare i danni.

Il rinvio di una settimana per l’entrata in vigore delle nuove tariffe mostra che la Casa Bianca mantiene aperto un canale negoziale, ma conferma anche come la politica commerciale americana viva ormai di scadenze ravvicinate e annunci improvvisi. È una strategia che tiene alta l’attenzione, ma che alimenta al tempo stesso un clima di incertezza permanente, difficile da gestire per governi, imprese e mercati.

In questo contesto, Trump si muove con sicurezza, alternando pressioni e aperture, convinto che questo schema, pur teso e controverso, alla lunga premi gli Stati Uniti. Resta però da vedere se questa diplomazia dei dazi riuscirà davvero a produrre risultati concreti e duraturi o se finirà per lasciare un sistema internazionale più fragile, frammentato e complesso da governare.