Salute

La professione infermieristica in Italia: una fotografia tra carenze, potenzialità e sfide future

13
Maggio 2025
Di Tonino Aceti

Il primo Rapporto Professioni Infermieristiche 2025, a cura della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e della FNOPI, Federazione nazionale ordini delle professioni infermieristiche, rappresenta il primo studio strutturato e sistemico dedicato alla condizione degli infermieri nel Servizio Sanitario Nazionale. I dati restituiscono una fotografia precisa ma anche preoccupante: in Italia la dotazione infermieristica è ancora al di sotto degli standard europei, e le disparità territoriali continuano a pesare in modo marcato sulla qualità dell’assistenza.

Secondo le stime più consolidate, in Italia si contano 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media OCSE di 8,4. Ma il dato varia sensibilmente a seconda delle fonti: se si considera il numero di infermieri pubblici nel 2022, la media scende a 4,79, con regioni come la Lombardia ferme a 3,53 e la Liguria che si colloca in cima con 6,3. Se invece si considera il totale degli infermieri iscritti alla FNOPI nel 2024 — pari a 458.112 — il rapporto sale a 7,83 per 1.000 abitanti, con una forbice ampia che va da 6,41 in Sicilia a 10,45 in Molise.

Anche il rapporto tra infermieri e medici è un indicatore chiave, ed è qui che l’Italia mostra una delle distanze più evidenti rispetto al contesto internazionale: 1,5 infermieri per ogni medico, contro i 2,2 della media OCSE. A livello regionale, la situazione è altrettanto disomogenea: se in Molise si arriva a 3,19, in regioni come la Sicilia ci si ferma a 1,9. Al Nord il quadro è tendenzialmente migliore, con valori elevati in Veneto (2,96), Emilia-Romagna (2,95) e Liguria (2,84). Al contrario, il Sud e le isole mostrano un netto svantaggio: Campania (2,19), Abruzzo (2,18), Calabria (2,10), Sardegna (2,05) e Valle d’Aosta (2,03).

La professione infermieristica continua a godere di una buona considerazione da parte dei cittadini. Secondo il rapporto, l’84% dei pazienti valuta positivamente l’assistenza ricevuta dagli infermieri, segno che il riconoscimento sociale è spesso superiore alle condizioni contrattuali o organizzative. Tuttavia, anche sul fronte economico, l’Italia presenta ritardi: la retribuzione media è di 32.400 euro annui, nettamente inferiore alla media OCSE, che si attesta a 39.800 euro.

Sul piano organizzativo, una delle innovazioni più rilevanti degli ultimi anni è rappresentata dall’Infermiere di Famiglia e di Comunità (IFeC), figura destinata a rivestire un ruolo sempre più centrale nella sanità territoriale. Lo standard fissato è di un infermiere ogni 3.000 abitanti, ma anche in questo caso la diffusione sul territorio nazionale è disomogenea. Alcune regioni hanno adottato con maggiore convinzione il modello, mentre altre restano indietro, compromettendo l’equità nell’accesso ai servizi di prossimità.

Infine, il rapporto evidenzia una crescita lenta, ma presente, della ricerca e della formazione infermieristica. Il numero di posizioni accademiche è salito a 83 nel 2024, un dato in lieve miglioramento ma ancora insufficiente.

A questo si aggiunge un fenomeno demografico preoccupante: mentre diminuiscono gli iscritti ai corsi di laurea triennale, aumentano quelli ai corsi magistrali.

Il Rapporto Professioni Infermieristiche 2025 lancia un messaggio chiaro: se vogliamo garantire sostenibilità, equità e qualità al Servizio Sanitario Nazionale, dobbiamo investire seriamente nella professione infermieristica. Non solo in termini numerici, ma anche culturali, economici e organizzativi. L’Infermiere di Famiglia e di Comunità, la ricerca, la formazione e il benessere dei professionisti non sono capitoli a sé, ma tasselli di un’unica strategia per il futuro della sanità italiana.

La presidente della FNOPI, Barbara Mangiacavalli, ha sottolineato che la questione infermieristica non riguarda solo una categoria professionale, ma l’intero sistema Paese, chiamato ad affrontare un cambiamento profondo dovuto all’invecchiamento della popolazione e all’aumento delle patologie croniche. La sfida, sempre più assistenziale oltre che clinica, richiede un ripensamento radicale del territorio come fulcro della sanità, dove prevenzione, educazione alla salute e reti di comunità diventano centrali. Per far fronte alla carenza di infermieri, non bastano incentivi economici: bisogna rendere la professione attrattiva, con reali opportunità di carriera, crescita e riconoscimento. Solo così si potrà valorizzare appieno il capitale umano, vero motore del futuro del Servizio Sanitario Nazionale.