Cultura

Gogna social e fact checking: il caso di Giovanna Pedretti

15
Gennaio 2024
Di Ilaria Donatio

Da eroina social a vittima della gogna degli hater, nel giro di 48 ore. Per questo, ipotizzano gli inquirenti, Giovanna Pedretti – la titolare della pizzeria Le Vignole di Sant’Angelo Lodigiano  – potrebbe essersi suicidata. La piccola imprenditrice era finita, nei giorni scorsi, al centro di un caso mediatico per una recensione omofoba e contro i disabili, lasciata da un cliente su Google a cui la donna ha risposto per le rime, condividendo lo screenshot del botta e risposta sui canali social. La notizia è ripresa dalle prime pagine dei quotidiani online e, subito, un’ondata di benevolenza investe la ristoratrice e il suo locale nel lodigiano, spesso impegnato in iniziative benefiche a favore delle persone con disabilità. Ma qualcuno fa un fact checking neanche troppo approfondito e solleva il dubbio che si  sia trattato di una falsa recensione: scritta ad arte per sollevare il caso e godere della pubblicità che avrebbe creato.

Questo qualcuno è lo chef Lorenzo Biagiarelli – compagno di Selvaggia Lucarelli – che, in un post social, chiede retoricamente alla propria bolla: “Insomma, siamo sicuri che questo screenshot sia autentico?”. Lo stile è dubitativo, i toni ancora pacati, i verbi prudenti, rigorosamente al condizionale, anche se la tesi accusatoria è bell’è servita dallo chef, ospite fisso del programma di Antonella Clerici “É sempre mezzogiorno“, in onda ogni giorno su Rai1. Ma Selvaggia Lucarelli rilancia i dubbi del partner sulla propria pagina, nel solito stile refrattario alle mediazioni, convertendoli in una certezza: si tratta, scrive, di “un’operazione di marketing spacciata per eroica difesa di gay e disabili”. E questo fa scoppiare il caso. 

La stampa si allerta e fa dietrofront: un inviato del Tg3 suona alla porta di Giovanna Pedretti per chiedere conto della veridicità della recensione. Fa il proprio lavoro. O meglio, quello che andava fatto prima di pubblicare in homepage una notizia per verificare che fosse vera o falsa.

Biagiarelli fa invece il detective: chiama la donna per telefono, sentendosi investito, da quella che definisce “la ricerca della verità”. E per giustificarsi contro quelli che – dopo il ritrovamento del corpo della donna – si scagliano contro di lui, sostiene: “Se ogni persona che tenta di ristabilire la verità in una storia, grande o piccola che sia, dovesse temere questo epilogo, a quel punto dovremmo chiudere tutto, giornali e social”. 

Se non altro, la verità è scritta dal food writer con la v minuscola ma non si comprende bene la ragione per cui un personaggio mediamente popolare come Biagiarelli che di lavoro fa il cuoco e che sui social descrive se stesso come “Not a chef. Cucino, scrivo, viaggio. Ma soprattutto mangio”, si senta investito di un tale compito: ristabilire la verità. Fino a fare quello che i giornalisti che scrivono dai desk di tutta Italia sarebbero pagati per fare: un onesto e, in questo caso, assai semplice, fact-checking.

Una (presunta) recensione fake non è difficile da smascherare: sulla Rete, le false recensioni abbondano, spesso, scritte e pubblicate dagli stessi ristoratori per creare traffico e attrarre nuovi clienti. 

Non è nuovo neanche l’utilizzo di abilismo e omofobia come leva di marketing: ce ne sono diversi in circolazione sul Web, tutti stranamente simili gli uni agli altri. Potrebbe essersi trattato di un banale tentativo di autopromozione  – un po’ ingenuo e mal realizzato – che, smascherato, ha poi provocato una smodata quantità di odio, malanimo e rabbia riversate nelle parole, in Rete, sui social. La donna potrebbe non aver retto a una simile valanga da cui si è sentita investita: gli inquirenti diranno cosa è accaduto a Giovanna Pedretti. Ma il tritacarne a cui si assiste all’indomani di una vicenda controversa, le parole urlate e violente sono le stesse che il social listening – il processo di ascolto delle conversazioni online – ha puntualmente registrato. 

Preoccupano i toni inquisitori, i detective improvvisati che – per pochi like in più – rischiano di commettere errori di valutazione, preoccupa l’aggressività di chi non rinuncia a fare da costante contrappunto a quello che succede, compreso chi, oggi, si scaglia contro Biagiarelli; l’assenza, pressoché totale di empatia nei confronti degli altri, anche (e soprattutto) quando questi sbagliano. 

Ma fa riflettere anche l’inesistente controllo della veridicità del materiale digitale da parte della stampa. Probabilmente, un fact-checking di qualità farebbe sì che molti guai non si trasformino in tragedie.

In questa direzione andrebbe l’impegno di Meta nel potenziare i propri algoritmi a proposito del fact checking: Mark Zuckerberg ha annunciato che sarà incrementato il numero di controlli in modo da tenere il più alla larga possibile dai propri social network contenuti non veritieri o parziali.